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Dicembre 2011

Evan

Durante il ballo avevo seguito con lo sguardo Peter, ma la folla lo aveva inghiottito come un buco nero. Poco più tardi era riapparso alle mie spalle appoggiato alla balconata della sala grande con lo sguardo confuso e assorto. Sembrava avesse il cuore grondante, come un cucciolo ferito.

Si teneva il mento con le mani, i capelli scuri davanti agli occhi e con la testa inclinata verso il basso. Sembrava davvero sconvolto. Non ho indagato oltre, forse perché avevo paura di andare a fondo alla questione e probabilmente non mi avrebbe fatto piacere.

Conosco ogni suo movimento, ogni suo gesto, so scavare dentro la sua anima tormentata e stanca. Lui non mostra davvero a nessuno i suoi mostri, i fantasmi del passato che lo tormentano e l'ansia per un futuro incerto.

Con me non ha bisogno di esprimersi o di girarci attorno, il nostro legame va oltre tutto e tutti, ed è così da molti anni, ormai.

I più lunghi e intensi anni della mia esistenza.

Mi lascio andare a peso morto sul letto, stanco dell'intera serata.

Mentre Peter si sta togliendo l'abito per infilarsi qualcosa di comodo per dormire, lo osservo di nascosto. Il petto muscoloso, liscio e teso di chi ha un peso sul cuore, un sentimento che conosco fin troppo bene. I suoi occhi chiari sembrano persi nel vuoto, fissi su un punto indefinito, lentamente si disfa della camicia ancora seduto al bordo del letto.

Decido di interrompere i suoi pensieri provando a tirare fuori il suo tormento.

«Sei stato con Kate quando sei sparito, vero?» gli rivolgo un lieve sorriso rassicurante, per fargli comprendere la mia rassegnazione a riguardo.

«Sì.»

«Quindi?» Vorrei sapere di più, perché mi piacerebbe alleggerirlo di questo macigno che si porta dietro. Farei qualsiasi cosa per lui. Qualsiasi.

«Le ho aperto il mio cuore e lei mi ha respinto... per andare da Steven» enuncia con un sorriso amaro.

«Mi dispiace, davvero sono sincero. Penso tu abbia fatto bene però a provarci, almeno non avrai più rimorsi.» Mi avvicino e lo avvolgo con un braccio sulla spalla.

«Grazie amico. So che ti fa strano parlare di tua sorella.»

«Non ti preoccupare per me.» mento, vorrei davvero con tutto me stesso che Peter si accorgesse delle mie paure e di ciò che mi preoccupa, desidero che scavi a fondo ai miei silenzi. Ma, forse, non è pronto e maturo per questo. Per il momento a me va bene così, l'importante è che lui non scappi via.

Ormai è passato un mese da quando Peter si è trasferito da noi, per la precisione nella mia camera. Non sopporto il suo disordine, i suoi vestiti buttati alla rinfusa sul pavimento e sulla sedia della scrivania, la sua abitudine a lasciare lo spazzolino sul lavandino e non nell'apposito contenitore o il vizio di rubarmi senza permesso il docciaschiuma.

Ma anche questo è il prezzo che devo pagare per averlo molto vicino.

Dorme nel letto a fianco al mio, i miei genitori lo hanno fatto portare appositamente per lui, così possiamo stare più comodi. Nell'ultimo periodo però ho il sonno agitato. Mi sveglio molte volte nel cuore della notte, mi rigiro nel letto più volte finché i miei occhi si posano su Peter, sul suo viso rilassato e dormiente.

Solo in quei momenti sembra finalmente in pace con sé stesso e con il mondo, provo un senso di serenità quando affido i miei occhi e i miei pensieri a lui, cullandomi fino a riaddormentarmi.

Me in Your AbsenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora