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Maggio 2012

Matt

Mi faccio schifo, sono diventato una persona meschina, un fratello e un amico indegno.

So di essere stato io, di aver involontariamente e, in un momento di frustrazione, rivelato qualcosa che non spettava a me fare. Ho violato il privato di mio fratello Evan, sputando fuori a Sasha che non gli interessano le ragazze.

Sono responsabile del suo outing.

A mia discolpa, posso solo dire di essere stufo che, per l'ennesima volta, di essere stato usato da una ragazza che voleva solamente conquistare mio fratello maggiore e, in questo caso, si tratta proprio di Sasha, la ragazza della quale ho una cotta da anni.

Però ho sbagliato e mi tocca rimediare in qualche modo. Voglio bene al mio fratellone, devo farmi perdonare.

A scuola i compagni continuano a parlarne, le ragazze sono curiose e i ragazzi lo evitano, per fortuna la squadra non ha iniziato a trattarlo in maniera diversa, anche se negli spogliatoi l'aria si è fatta più imbarazzante.

Evan è ancora più introverso del solito, rivolge la parola solamente a Peter, il quale è diventato inevitabilmente la sua ombra, la sua guardia del corpo.

Dovevo essere io a prendermi cura di lui, se solo fossi stato un fratello migliore.

Anche le ultime due partite sono state un disastro, stiamo perdendo punti in classifica e accumulando batoste e delusioni. Evan non è comprensibilmente concentrato, mentre Peter, colui che chiama gli schemi e costruisce il gioco d'attacco della squadra, non è in forma come al solito. Il Coach è furioso con lui e minaccia di metterlo in panchina, questa domenica è la sua ultima chance, soprattutto se sta considerando la possibilità di aggiudicarsi una borsa di studio in qualche college prestigioso.

Non capisco cosa gli stia prendendo. Certamente l'arrivo di suo padre devo averlo scombussolato non poco.

Anche le cose con Kate non stanno andando a gonfie vele, ultimamente litigano spesso e si vedono sempre meno, lei si è confidata poco con me, ma conosco mia sorella e so per certo che qualcosa la turba.

Qualche giorno fa si è rinchiusa tutto il tempo in camera consumando il vinile dei Placebo, vuol dire che stava soffrendo e non sa come uscirne.

Ho troppi pensieri che vagano confusi nella mente, causando apprensioni verso i miei fratelli, che da un lato mi permettono di distrarmi dalla mia tragica situazione amorosa, se non addirittura inesistente, dopo la batosta ricevuta da Sasha. Sono così deconcentrato che rimango solo negli spogliatoi ed esco per ultimo.

Ma in corridoio avverto delle voci in lontananza, c'è qualcuno che sta litigando vicino all'uscita verso il campo. Il mio istinto mi suggerisce di avvicinarmi perché vorrei capire se è il caso di intervenire ed essere di aiuto.

Oh, cavoli! È Peter.

Sta urlando contro un uomo davvero inquietante. Sembra sia appena uscito da uno di quei film di gangsters; porta una catena al collo e dei denti d'oro, ha i capelli rasati e la barba incolta, indossa anche una canotta dai gusti discutibili.

«Ti ho detto che ci penso io, non mi sembra possiate lamentarvi più di tanto del mio operato. Cosa volete ancora di più?» sbraita Peter.

«Il Capo non la vede così. Ti avverto Handerson, dettiamo noi le condizioni, quindi ti suggerisco di darti da fare domenica!» e con fare minaccioso gli punta un dito contro, lanciandogli un'occhiata d'avvertimento, poi si gira e se la dà a gambe.

Per fortuna non mi hanno notato, mi sono rapidamente nascosto al buio, dentro l'ufficio aperto del Coach.

Peter appoggia le mani lungo i fianchi, scuote la testa e sospira forte.

Me in Your AbsenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora