Capitolo 10

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La mattina seguente era arrivata presto. Una gioielleria. Un colpo ben studiato o così a noi sembrava. Dovevamo entrate e uscire. Una cosa rapida e pulita. Zero rischi. Zero pericoli. Non so bene cosa era andato storto, se la chiave che faceva fatica ad aprire la cassaforte o la commessa più testarda del previsto, se il direttore scaltro o la nostra disattenzione ma velocemente tutto era andato a puttane.

Siamo sotto una pioggia di proiettili, protette solo da un mobile bucherellato dalle pallottole. Teniamo salde le nostre armi con l'adrenalina negli occhi e i borsoni pieni di gioielli nelle mani. Abbiamo tutto quello che vogliamo, si tratta solo di uscire indenni da questo inferno. Rispondiamo al fuoco, tese come corde di violino e ogni tanto ci scappa una risata isterica. Si volta verso di me. Mi guarda e capisco perfettamente quello che sta per accadere. Un diversivo. Sfruttiamo i riflessi negli specchi davanti a noi e con un trucco che potrei definire magico riusciamo a scappare dalla porta sotto la raffica di proiettili che ci scagliano contro.
Ma proprio quando sto per varcare la soglia. Un colpo. Un dolore lieve. Una bruciatura. Mi inciampo e ruzzolo fuori. Lei corre davanti a me, si blocca sentendo che non le sono più accanto.

"Cazzo!" Dico dolorante un po'per la caduta, un po' per quel dolore improvviso che al momento non riesco a definire.

Mi corre incontro, agitata e preoccupata allo stesso tempo "Ti ha colpita?"

Mi alzo in piedi "Non ti preoccupare, usciamo da questo casino" le dico e iniziamo di nuovo a correre fino alla macchina. Carichiamo la refurtiva e Zulema da gas finché non siamo al sicuro.

Questa volta c'è mancato proprio un soffio, non ridiamo, non balliamo, non c'è un cazzo da festeggiare. La guardo e la vedo incazzata molto più del solito "Forza su dillo.. me l'avevi detto"

"Questo è il risultato quando hai a che fare con degli incompetenti" mi ringhia contro a tono basso.

"Scusami?" Chiedo alterata.

"È come dare una pistola carica ad una bambina" commenta tra sé e sé riferendosi a me.

Mi volto di scatto "Che cazzo stai dicendo?! Ma come ti permetti?!"

Si volta e incontro il suo sguardo furioso "Vuoi assomigliarmi ma non sarai mai come me!" Io non voglio assolutamente assomigliarle.

"Io non voglio assolutamente assomigliare a te! Neanche morta! Tu mi hai chiesto di fare parte di tutto questo, sei stata tu a cercarmi e quello che è successo.. è stato un maledetto incidente! Non puoi darmi la colpa!" Esclamo sempre più offesa e incazzata. Non è possibile che ci riduciamo sempre a lei che si comporta come se fosse il mio capo.
Non mi risponde ma so perfettamente che vorrebbe insultarmi e probabilmente anche uccidermi "Abbiamo la refurtiva e non ci hanno prese, non lo definirei un fallimento.. Ah!" Il dolore. Lo stesso identico dolore, come una scossa fortissima e so da dove viene. Abbasso lo sguardo e vedo una chiazza rossa all'altezza della coscia. Cazzo.

L'espressione di dolore l'ha allarmata "Che hai?" Si sporge per guardare ma io sono ancora molto incazzata con lei.

"Niente!" Esclamo mentre imbocchiamo la strada di casa.

Si ferma di colpo "Fammi vedere!" Esclama e mi leva le mani così da poter vedere la coscia sempre più sanguinante "Ti ho detto di farmi vedere!" Strappa via il tessuto leggero dei leggins e scopre una ferita davvero brutta. La vedo sbiancare.

"Non pensavo fosse così grave" sussurro scendendo dall'auto reggendomi sulla gamba buona.

"È l'adrenalina.. appena scenderà il livello, sentirai il vero dolore" fa il giro e mi aiuta a trascinarmi fino a dentro la caravana "Va medicata e in fretta" dice con un velo di preoccupazione nella voce.

Mi siedo sul letto e inizio a controllarmi bene la gamba. Una ferita di striscio. Nulla di grave ma che male! Lei afferra il kit di pronto soccorso ancora del tutto intatto perché non abbiamo mai avuto occasione di usarlo.. fino ad ora "Lascia stare, ci penso io" le dico cercando di prenderle la cassetta dalle mani ma lei mi respinge.

"Faccio io. Tu hai fatto abbastanza per oggi" sibila aprendolo, con una maestria incredibile inizia ad esaminarne il contenuto e a tirare fuori l'occorrente.

"Perché mi tratti così? Sono io quella ferita.." le chiedo, il livello di adrenalina scende lasciando spazio alla stanchezza e al dolore fisico ".. mi rispondi?" Le chiedo cercando di prendere posizione.

Si volta di scatto e mi fulmina "Ci stai zitta?!" Mi zittisce all'istante. Mi passa lo strofinaccio e si mette in ginocchio davanti a me "Farà male perciò mordi questo.." mi avvisa prima di versare il disinfettante sulla ferita. Metto lo strofinaccio in bocca e gemo di dolore appena il liquido tocca la ferita "..adesso passa, dammi un secondo" mi rassicura con un tono più dolce. Riversa un altro disinfettante e gemo più forte. Non si sa quanto fa male finché non lo provi. Le afferro istintivamente la mano e lei me la stringe appena "Lo so, lo so.. ma può infettarsi sarebbe stato molto peggio" appena il dolore si placa, mi levo lo strofinaccio dalla bocca e lascio andare la presa dalla sua mano "Ora te la fascio.. ma per farlo devi levarti i pantaloni" mi avvisa guardandomi negli occhi. Viviamo insieme ma non mi ha mai vista in mutande, anche se i vestiti che porto sono leggermente più coprenti. Cerco di alzarmi in piedi reggendomi al mobile e alla gamba buona ma ogni tentativo sembra inutile. La stanchezza, lo scarso equilibrio, il dolore e le poche energie me lo rendono impossibile.

Mi risiedo sul materasso e la guardo imbarazzata e supplichevole ".. puoi?"

Annuisce titubante e fa scorrere le sue dita fusolate sul mio corpo, mi sfila i pantaloni facendo attenzione a non farmi male "Aspetta.. ecco" prende la benda e inizia a fasciarmi la gamba.

Io le guardo il viso mentre assume un'espressione concentrata e seria, i suoi occhi non si staccano dal lavoro "Mi dispiace" le dico. Riferendomi alla discussione, alla rapina, al casino dal quale siamo fuggite. Mi sto scusando in generale.

Non mi guarda negli occhi ma la sento sussurrare "Lo so" finisce di fasciarmi. Prende tutto e rimette a posto senza guardarmi nemmeno una volta.

"Ehi..." la chiamo dolcemente e lei si volta finalmente incontrando il mio sguardo "..grazie"

Mi sorride appena "Dovresti riposare" Annuisco e mi sistemo nel nostro letto, lei afferra la coperta e mi copre "Sei davvero irritante, Bionda. Ma.. solo io posso ucciderti" me lo sussurra e non so perché ma istintivamente sorrido prima di chiudere gli occhi e cadere in un sonno profondo.

Due cuori e una caravana Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora