1

1.3K 56 69
                                    


"Le persone che mentono sanno riconoscere le bugie... È come se avessero un radar che le individui."

Angeline

«Mi sei mancato

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«Mi sei mancato. Sai?», mormorò Angeline, il tono flebile. Era troppo vicina a me. Mi sentii quasi soffocare dalla sua vicinanza.
Avevo un magone gigantesco che mi stava torturando lo stomaco.
Era il passato che voleva riemergere.
La scostai lontana da me.

«Io ti odio, Angeline. Ogni giorno di più». La mia voce era un miscuglio di ribrezzo e disgusto.
La donna che avevo davanti era di una bellezza eterea quanto ingannevole.
Lei di risposta sorrise maliarda e compiaciuta.

«Tu mi odi per quello che ti ho fatto, ma la verità è che mi ami ancora», affermò, con sicurezza.
Mi venne voglia di scoppiarle a ridere in faccia.

«Oppure mi sbaglio, Orias?», sussurrò al mio orecchio, con movimenti calcolati e sensuali. Il tono beffardo mi fece irritare.

Angeline sapeva come farmi cedere, tuttavia, il mio odio per lei era più veemente dell'attrazione che c'era tra noi.

«Devo seriamente risponderti, oppure ci arrivi da sola?», sbeffeggiai, irritato.

Si allontanò da me, consentendomi di respirare.
Inconsciamente avevo trattenuto il respiro come se stessi sott'acqua.

«So bene che... l'odio che provi per me è una forma di amore».

Camminò avanti e indietro per l'atrio, guardandosi attorno, con fare curioso e dilettato. Poi guardò nuovamente me.

Ma si sentiva?
Sentiva quello che aveva appena detto?

«Ti ho ferito», constatò, «e ti sei convinto di aver smesso di amarmi nascondendo quei sentimenti dietro una maschera d'odio...», continuò, con voce melliflua.

Era pazza, dannatamente pazza.

«Ti senti quando parli?», domandai, il tono glaciale.

Dovevo essere razionale e controllarmi.
Dovevo controllarmi.

Abbassò gli occhi e mi squadrò come se non mi avesse mai visto prima d'ora.
Sorrise diabolica come se avesse deciso a che gioco giocare e a come giocarci.
Rapida e scaltra, con la sua grazia eterea, si avvicinò a me.
Questa volta fu lei a incastrarmi contro il muro, privandomi di vie di fuga.

I suoi occhi fiordaliso erano magnetici e mi scrutavano dentro, erano alla ricerca di qualcosa. Di quel qualcosa che si sarebbe servita per annientarmi definitivamente.
E io non potevo assolutamente permetterle di agire indisturbata.

«Dimmi perché sei qui», ordinai, il tono austero e perentorio.
«Non lo ripeterò un'altra volta, Angeline», avvisai e misi in chiaro, il tono autoritario e suadente.
«Non sfidarmi», le dissi, minaccioso.
«Non sono più il ragazzino paziente e pacato che conoscevi secoli fa...», mi interruppi, guardandola truce.
«Non costringermi a usare le cattive maniere».

Wicked or GodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora