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"Dovevamo lottare incessantemente per la sopravvivenza. E non avevamo il tempo per godere del vivere."

Orias Wyld

Angelina era mezza dolorante, stesa sul pavimento

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Angelina era mezza dolorante, stesa sul pavimento.
Era piena di tagli, e lividi violacei, tendenti a un colore bluastro.
Stremata, supplicò ancora quell'uomo.
Aviram...

«Non farle del male... ti prego, Aviram», implorò ancora.

Aviram scoppiò in una sonora risata sinistra. Era qualcosa di agghiacciante.

«Sta' zitta», le ordinò, mentre si avvicinò nuovamente a lei e la ferì ancora.
Sferò un calcio. Un calcio dalla potenza mostruosa.
Le colpì la milza.
Angelina si contorse e imprecò qualcosa di incomprensibile.
Ero terrorizzata.

«Credi davvero che se mi preghi di smetterla di fare del male la smetterei davvero?», domandò, scrutando la figura di Angelina tremare spossata.

«Specialmente a una come te... una fottuta traditrice!». Sferrò un altro calcio, stavolta con ancora più impeto.

«Fermati!», proruppi. Dirottai la sua attenzione verso di me.
Mi guardò in maniera indecifrabile.

«Non intrommetterti», rispose, gelido. E sembrava dannatamente infastidito.

«Resta lì, ferma e non tentare di fare qualcosa di cui potresti pentirti», mi avvisò.

«Io non sono corruttibile, al contrario di questa qui». Spostò lo sguardo verso Angelina.
Era spossata e respirava a malapena.

Aveva scoperto che lei non voleva collaborare al piano per il Risveglio della Dea Luna.
E le aveva fatto del male per fargliela pagare.
Erano entrambi membri dell'organizzazione di Khaos Wyld.
Aviram aveva qualcosa di peggiore.

«Sei anche tu un membro dell'organizzazione di Khaos Wyld?», domandai. Tenni lo sguardo in direzione di Angelina.
Dovevo trovare un modo per aiutarla.

«Non parlare», mi ammonì, severo e seccato.

«Ho fame... restate qui, torno subito», cambiò tono di voce e dirottò la sua attenzione sul brontolare del suo stomaco.

Uscì fuori dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
Mi affrettai e mi accovacciai accanto ad Angelina.

«Angelina?», la chiamai allarmata.

«Arm... allontanati», mi disse, la voce un flebile sibilo spezzato e non riuscì neppure a pronunciare il mio nome per intero.

«Se ti vedesse accanto a me... allontanati», continuò, la voce tremolante.

«Mi dispiace...», mormorò con voce spenta, mentre mi allontanai, e continuavo a fissarla, con preoccupazione.

«Mi dispiace di non essere abbastanza forte. Mi dispiace di non essere riuscita a risultare convincente ad Aviram...», si scusò, mortificata.

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