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"Chi ferisce gli altri inevitabilmente ferisce anche se stesso."

Ayane-Sensei

Ayane-Sensei

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"Un fardello. Sei solo un fardello".

Tentai di mettere a tacere quelle parole che continuavano a imperversare nella mia mente, invadendola fino allo stremo. Le sentivo trapassarmi il cranio, tentare di assumere il comando, di rubarmi le redini dalla stretta delle mie mani.

Tuttavia, ero davvero io a tenerle, le redini del gioco?

O meglio, della vita.

Il vivere poteva essere comparato al giocare?

No. Non poteva.

La vita non dava seconde possibilità. Non ti permetteva di resettare. Di cambiare gli eventi disastranti, le sconfitte, le carneficine.

La vita era brutale e senza possibilità di resettaggio. Non potevi riavviarla. Non potevi ripetere una partita, un livello.

Nella vita se muori, muori davvero.
In un gioco non muori, perdi soltanto.

«Orias! Orias, dannazione!», mi richiamò Dolion. Mi risvegliai dal trance nella quale ero caduto. Eravamo assediati da guerrieri del Nox. Erano creature di ogni tipologia che venivano addestrati da Khaos Wyld e sottoposti del sottoscritto. Venivano addestrati sulle sponde del Mar Nox, si vociferava che quelle acque fossero impregnate di sangue e resti di corpi fatiscenti. Sia di vittime innocenti, mostri, che di guerrieri del Nox.

Mi riappropriai della mia concentrazione giusto in tempo per schivare una lama affusolata composta di tenebre fitte che stava per recidermi la carotide. Non che avesse potuto ammazzarmi, essendo immortale e di una potenza oscura superiore con guerrieri del Nox come questi potevo stare abbastanza tranquillo sebbene preferissi restare con la guardia alta.

Era lapallisiano che questi individui fossero qui solo per intrattenerci e farci perdere tempo. Dione li avvolse nella stretta del suo sguardo, circa tre guerrieri insieme, e li prosciugò di ogni misera energia vitale. Dolion rubò la loro magia oscura come era solito fare, con noncuranza e un'espressione imperscrutabile dipinta sui suoi tratti spigolosi mentre il suo sguardo eterocromo trasudava irrequietezza. Io mi tesi e creai una freccia fatta di oscurità velenosa e la scagliai su tre guerrieri insieme. Una di questi, una ragazza dallo sguardo omicida, tentò di schivarla e di trapassarmi il petto con una Sradica Vita, un pugnale dalla forma triangolare, lucido come gli occhi imperlati di lacrime dei guerrieri fin troppo giovani, dai tratti ancora fanciulleschi che stavano supplicando di morire in fretta, senza sofferenze aggiuntive. Io di certo non mi sarei messo a torturare delle creature come loro, anzi, mi dispiaceva di dover porre fine alla loro vita ma oramai erano condannati. Se fossero sopravvissuti ci avrebbero pensato i sottoposti di Khaos Wyld, quelli a cui lui affidava le redini che poteva delegare e presumibilmente questi giovani guerrieri non avrebbero affatto avuto una vita allegra.

Wicked or GodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora