CAPITOLO QUINTO - parte 1

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Quando gli occhi di Natya si riaprirono, impiegò diversi secondi prima di realizzare di trovarsi distesa sul suo letto. Sua madre e suo padre, in piedi alla sua destra, la fissavano con volti preoccupati.
-Tesoro, stai bene?- chiese Marlene, accarezzandole con delicatezza la guancia.
La ragazza annuì con la testa, anche se non era del tutto vero; aveva probabilmente sbattuto la testa, perché avvertiva un fastoso dolore alla parte destra del volto.
-Sei sicura?-.
Annuì ancora, questa volta con più convinzione. Mentre recuperava lucidità, i ricordi che le erano piombati nella mente non molti minuti prima tornarono tutti quanti a galla.
Adesso, nella sua mente poteva vedere un immagine nitida del volto di Toby, ricordava ogni minimo dettaglio del suo aspetto. Allo stesso modo però, ricordava anche il momento in cui suo padre lo aveva colpito più volte con una spranga, per difenderla.
Un brivido le percorse la spina dorsale da cima a fondo, nel visionare quel ricordo.
Adesso che ogni singolo tassello nella sua mente era tornato finalmente al proprio posto, alla ragazza sembrava quasi di essere in possesso di troppe informazioni; era sicura che sarebbe stata più felice di recuperare la sua memoria, eppure adesso si trovava improvvisamente sovraccaricata da una miriade di nuove emozioni che poco avevano di positivo.
La ragazza intrecciò le gambe ed abbassò lo sguardo. Toby era stato il suo migliore amico, l'unico amico che avesse mai avuto; come aveva potuto dimenticarsi completamente di lui per quegli ultimi tre anni?
Scavando nella sua memoria vedeva solo un ragazzo estremamente dolce, nonostante la sua evidente stranezza; sapeva per certo di avergli voluto un bene dell'anima, era stato probabilmente la persona più importante per lei.
Per un attimo le parve di rivedere il suo sguardo, il suo sorriso... Vide loro due che giocavano insieme ai videogames, guardare film horror dal divano del salotto..
Ma poi, d'un tratto, tutte le immagini calde e piacevoli che dominavano la sua mente vennero sostituite dal ricordo di ciò che era accaduto quel maledetto giorno in cui perse la memoria; vide Toby con il corpo pieno di sangue entrare nella sua stanza, con due accette intinte di rosso saldamente strette tra le mani. Aveva guardato negli occhi del suo migliore amico, in quel preciso momento, e li aveva trovati così diversi.
Erano vuoti.
Due occhi privi di emozioni.
Cattivi.
Folli.
Vide suo padre piombargli addosso e aggredirlo con la spranga; lo aveva colpito un sacco di volte, ma lui essendo incapace di sentire dolore non aveva nemmeno cambiato espressione sul volto.
Le lacrime uscirono dagli occhi di Natya proprio come allora, come se quel ricordo si fosse per un attimo fuso con il presente, fosse tornato a bussare alla porta del suo cuore con una forza devastante.. Vide la polizia raggiungere l'appartamento, e portare via Toby.
Il dolore più insopportabile che avesse mai provato le attanagliò il cuore con una violenza inaudita. Scoppiò a piangere mente le lacrime che scendevano copiose sulle guance sembravano lavare via ogni cosa bella nel mondo.
Singhiozzò rumorosamente, e si lasciò cadere di nuovo sul cuscino.
Come aveva potuto abbandonare Toby in quel modo?
Era chiuso nel reparto psichiatrico, solo come un cane, da tre anni.
-Fatti coraggio, Natya- le disse il padre, accarezzandole la spalla nel tentativo di consolarla.
-So che è dura, ma vedrai che presto tutto ti sembrerà meno tragico-.
La ragazza tirò su con il naso e passò una mano sulle guance bagnate, dicendo con voce tremula: -Siete mai andati a trovarlo?-.
L'uomo la guardò con aria confusa, e rispose: -No, e non ci andremo. È impazzito, Natya. Non possiamo fare niente per lui-. Accennò un lieve sorriso, quasi come volesse rendere meno tragica la frase appena pronunciata.
-Ma non possiamo abbandonarlo così!- esclamò lei, alzandosi di scatto. - Se fosse cambiato? Se fosse tornato com'era prima? -.
-Natya, sono già passati tre anni, non so nemmeno se è ancora in grado di riconoscerti... E comunque credo che quel ragazzo abbia rovinato la tua vita già abbastanza-.
Lei annuì, nascondendo la sua disapprovazione. Abbassò lo sguardo ed iniziò a giocherellare con le dita. Capiva perfettamente il motivo per cui Piero parlava in quel modo; dopotutto, essendo suo padre, era normale che tentasse di proteggerla.
Tuttavia, si promise che un giorno o l'altro sarebbe andata a trovare Toby in quell'ospedale psichiatrico, a qualunque costo. Sarebbe scappata di casa per farlo, se si fosse ritenuto necessario.
-Posso stare un pò sola?- disse, accennando un falso sorriso.
-Ma certo- risposero entrambi i suoi genitori, quasi in sincronia. Marlene le accarezzò la testa e prima di uscire disse: -Chiamami se hai bisogno di qualcosa, okay? -.
Natya sprofondò la testa nel cuscino, ed attese di sentirli chiudere la porta. Sospirò pesantemente e chiuse gli occhi, portandosi entrambe le mani alla testa; in quel momento si sentiva una persona orribile.
"Verrò a trovarti, Toby. Lo prometto".

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora