CAPITOLO DICIASSETTESIMO - parte 1

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Toby si mise a sedere a terra, sopra alle coperte. Il suo sguardo era pensieroso e vagava sui muri ammuffiti e della vecchia casa, senza soffermarsi in nessun punto preciso. Sembrava avere la testa da un'altra parte.
Natya, in piedi davanti a lui, lo osservava con aria preoccupata. Adesso che sapeva tutta la verità riguardo a quello che era successo tre anni prima, capiva che quasi certamente il ragazzo tendesse a colpevolizzare sé stesso.
Ed infatti, proprio a questo adesso stava pensando, seduto in silenzio su quel materasso. Non era affatto pentito di ciò che aveva fatto a quel bastardo di suo padre, ma non avrebbe mai potuto perdonarsi il fatto di aver ucciso anche sua madre, in preda alla follia omicida di quel momento. Lei non meritava questo, non lo meritava affatto.
E inoltre... Una cosa lo tormentava in modo particolare in quel momento. Il fatto che dopo aver sterminato i suoi genitori si fosse diretto a casa di Natya, completamente fuori di sé, rappresentava un campanello d'allarme che non avrebbe potuto sottovalutare.
Per questo si sentiva così a disagio con lei: era terrorizzato dalla possibilità di perdere ancora il lume della ragione e finire per farle del male, così come era accaduto con sua madre. .
Toby sapeva di non essere pazzo come sostenevano quei medici, allo stesso tempo però ammetteva che qualcosa in lui non andava. La sua impulsività era talvolta esagerata, ed aver compiuto quell'atto così estremo non era giustificabile semplicemente dal fatto di aver ricevuto dei maltrattamenti.
-Toby? Tutto bene?- disse Natya mentre su metteva a sedere sulla coperta accanto a lui.
Toby annuì con la testa, senza staccare lo sguardo dal muro.
Non poteva rischiare così tanto. Se c'era anche solo la minima possibilità che Natya non fosse al sicuro con lui, doveva fare in modo di evitare il peggio.
Realizzò in quel preciso momento che non poteva fidarsi di sé stesso.
-Natya, non so se ce la faccio- farfugliò, dopo essere stato diversi secondi in silenzio.
Lei lo guardò con aria confusa. Che intendeva dire?
-L'hai visto anche tu, no?- continuò.
-Visto.. Cosa?- domandò lei, inarcando le sopracciglia - Di che parli? -.
-Di me...-. Abbassò lo sguardo a terra, e fu colto da un tic alla testa. -Penso di non potermi fidare di me stesso. Non sono sicuro di avere davvero il controllo sulle mie azioni... -.
La ragazza strabuzzò gli occhi. - Toby ma che stai dicendo?- disse.
-Nessuno mi può garantire che il prossimo attacco di panico non sfoci in qualcos'altro, e non posso assolutamente rischiare di farti del male- spiegò lui, adesso con un tono più cupo e deciso.
Natya continuò a guardarlo, incapace di parlare. Stava forse dicendo che doveva andarsene? Tornare a casa e lasciarlo lì?
-Non ti lascio da solo- rispose secca.
-Natya..- farfugliò lui.
-No!- lo interruppe bruscamente, alza di la voce. -Non è giusto, questo non puoi chiedermelo!-.
Toby a quel punto rimase immobile, avrebbe voluto insistere ma le parole gli morirono in gola. Non si aspettava quel tipo di reazione, seppur fosse così scontata.
Calò il silenzio per diverse manciate di secondi, finché sul volto della ragazza non comparve un'espressione profondamente triste -Io mi fido di te, Toby- disse, tutto d'un fiato.
Udire quelle parole fu per lui come applicare un cerotto su una ferita profonda e sanguinante. Sentì il suo animo scaldarsi, ed iniziare a sciogliere il ghiaccio che vi si era formato tutt'intorno.
Io mi fido di te, Toby.
Natya sorrise dolcemente, e gli fece una carezza sulla guancia.
Non l'aveva detto solo per farlo sentire meglio, ma perché lo pensava davvero. Aveva piena fiducia in lui, e non aveva alcuna cura di ciò che gli altri potessero dire o pensare; Toby era stato il suo migliore amico da sempre, ed era certa che mai avrebbe potuto farle intenzionalmente del male.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora