CAPITOLO VENTITREESIMO - parte 2

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Non appena rischiuse la porta dietro alle proprie spalle, Toby prese a correre giù dalle scale, santando i gradini due a due. Ogni singolo nervo, muscolo, cellula del suo corpo gli chiedeva di tornare indietro, e fu per lui uno sforzo immane continuare a correre.
Non appena fu fuori dal portone del palazzo e si trovò davanti alla strada, non riuscì più a trattenere le lacrime che adesso scendevano molto più copiose lungo le sue guance. La disperazione premeva forte sul suo torace, come vi fosse poggiato sopra un enorme masso invisibile, ed iniziò a singhiozzare stringendo i pugni e chiudendo gli occhi.
Riprese subito a correre, senza nemmeno guardare in quale direzione stesse andando. Le sue gambe sembravano muoversi da sole, spinte dai muscoli tesi, lungo i marciapiedi affollati.
Non alzò mai lo sguardo per scrutare l'espressione stupita della gente, e più volte finì per sbattere gomiti e spalle contro a qualche passante; ma non smise mai di correre, né si voltò indietro.
Si fermò solo diversi minuti dopo, quando inciampò in un tombino, ed appoggiò i palmi contro ad un muro per non cadere.
Prese fiato; i suoi occhi si riempirono ancora una volta di altre lacrime. Iniziò a singhiozzare, poggiando la fronte contro al muro e sbattendovi con violenza i pugni fino a spaccare la pelle causando una fuoriuscita di sangue scarlatto. Non avrebbe mai, mai, mai voluto andare via da Natya. Lei era ed era sempre stata l'unica persona al mondo in grado di farlo sentire bene. Ciò che provava per quella ragazza era un sentimento così profondo da essere quasi indescrivibile, ma proprio per questo aveva deciso di lasciarla. Quello era l'unico modo per non causarle altro inutile dolore.
Si lasciò scivolare con la schiena lungo il muro, e si sedette a terra sul marciapiede con le mani avvolte dietro alla nuca e le guance strette tra i gomiti.
Non sarebbe mai più dovuto tornare, era giusto così.

...

Natya fissava la porta della sua stanza in attesa di vederla aprirsi, e di vedere Toby sorriderle e sedersi accanto al suo letto.
Dopo diversi minuti, tuttavia, vide entrare suo padre, e con stupore e spavento notò che il ragazzo non era con lui.
-Papà, dov'è Toby?- chiese preoccupata, temendo dal profondo la risposta.
-Tesoro, lui...-.
-L'hai picchiato?- gridò interrompendolo, con i pugni stretti sotto alle lenzuola.
-No, no. Però..-.
-L'hai mandato via, vero?- lo interruppe ancora, stringendo le mandibole.
-No, non l'ho mandato via. Se n'è andato da solo- rispose lui con la voce più calma che riuscì ad improvvisare.
-Toby non se ne sarebbe andato via così... Che cosa gli hai detto?-. La voce di Natya lasciava trapelare rabbia e paura, ed il suo sguardo era pungente. Era arrabbiata, triste e confusa.
-Non gli ho detto nulla, solo quello che era giusto gli dicessi-.
A quel punto la ragazza gridò:
-Ovvero cosa!-.
-Calmati Natya, ti prego- disse Pietro avvicinandosi -Gli ho solo detto che non voglio che ti faccia soffrire. Tutto quì-.
-No, non è tutto quì!- gridò ancora lei -Mi stai mentendo dicendo quello che ti conviene di più, come tu e mamma avete sempre fatto!-. La ragazza era letteralmente terrorizzata dal pensiero di aver perso Toby. Non poteva concepire una cosa del genere, dopo tutte le follie che aveva fatto per stare insieme a lui. -Voglio sapere che cosa gli hai detto!- continuò.
-Va bene, va bene, calmati ti prego- disse l'uomo -Gli ho fatto notare che è stato lui, fino ad ora, la causa scatenante di tutte le cose spiacevoli che ti sono capitate. Tutto quì, se n'è andato da solo, non gli ho chiesto io di farlo-.
La ragazza tacque, portando le mani alla fronte.
-Natya, so che può essere dura per te, ma come vedi alla fine anche lui si è reso conto che per il tuo bene è meglio che stiate distanti. Ti stava facendo soffrire, non lo vedi? E ti ha anche allontanata da noi-.
-Perché parli di lui come fosse un mostro! Possibile che tu non capisca mai niente!- gridò Natya con le lacrime agli occhi.
-Puoi non credere a quello che dico, Natya, ma lo stai vedendo anche adesso l'effetto disastroso che ha avuto su di noi. Non vedi come stiamo litigando, per niente?-.
-Papà!- gridò piangendo -Esci dalla mia camera. Non ti voglio più vedere-.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora