CAPITOLO DICIANNOVESIMO - parte 1

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Toby sentì il cuore rallentare i battiti, per poi iniziare a battere fortissimo, come volesse balzare fuori dal petto. Il mondo intorno si spense di colpo, non poteva più vedere nient'altro che il corpo di Natya steso a terra sul freddo asfalto.
Scattò verso di lei con le mandibole strette in un ghigno di rabbia e disperazione, e sbattè forte le ginocchia sull'asfalto lasciandosi cadere accanto a lei.
Portò subito le mani al suo volto, e vide che era viva.
Gli occhi erano aperti, e vagavano nell'ambiente circostante alla ricerca probabilmente del suo viso. Il petto si espandeva e conteneva velocemente, ed era macchiato di sangue caldo; la maglietta era strappata sulla spalla, e lasciava scoperta una ferita sanguinante.
-Natya- sussurrò Toby con le lacrime agli occhi. Teneva alta la sua testa con le mani tremanti, e passava gli occhi su tutto il suo corpo alla ricerca di qualche segno di un osso rotto.
Il conducente dell'auto scese. Era una donna sui quarant'anni, magra e bionda; teneva le mani sulla bocca, in un'espressione di paura e confusione. Si avvicinò traballante ai due ragazzi, ma Toby si voltò subito verso di lei con aria minacciosa.
-Non ti avvicinare- disse.
In quel mentre, nel buio apparse ancora la luce lampeggiante di quell'auto della polizia, che ancora ignara dell'accaduto si avvicinava lentamente.
Toby avvolse le mani tremanti attorno al corpo di Natya, e la sollevò con la massima accortezza.
-Chiamo un ambulanza! Aspetta!- gridò la donna guardando il ragazzo correre via.
La volante passò lì vicino pochi secondi dopo, ma probabilmente grazie al buio non notò nulla di quanto era appena successo e se ne andò via, proseguendo la sua ronda notturna.
La donna tornò a bordo e si attaccò con le mani al volante, piangendo, mentre cercava di riordinare i pensieri. Cercò il cellulare nella borsa, riuscendo a malapena a tenerlo in mano, e chiamò suo marito riuscendo a malapena a spiegare che cosa era accaduto.

...

Toby corse fino a nascondersi in uno stetto vicolo cieco, che si stringeva tra due palazzoni per metà disabitati. Attorno a lui era buio pesto, e riusciva a malapena a scorgere l'andamento dei muri.
Si inoltrò più che poté, poi appoggiò con delicatezza Natya a terra. Emetteva dei lievi lamenti soffocati, e respirava con una fatica allarmante.
Mise la mano destra sotto alla sua testa, mentre con la sinistra le accarezzò la guancia umida di sangue.
-Va tutto bene, ci sono io- disse senza riuscire a calmare il tremito della sua mandibola. Si chinò su di lei e la abbracciò delicatamente. Aveva l'impressione di rischiare di spezzarla solo toccandola.
-T..Toby- ballettò lei cercando di alzarsi.
-No, no. Devi stare ferma- disse lui, spingendola delicatamente verso il basso.
Non poteva vedere lo stato del suo corpo a causa del buio, e sapeva che se avesse avuto la schiena rotta, o il collo, o qualche organo lesionato, sarebbe morta entro mezz'ora. Doveva fare qualcosa adesso.
Sapeva che i medici la avrebbero aiutata, e che doveva chiamare subito un ambulanza.
Così facendo sarebbero stati arrestati di certo arrestati entrambi, ma almeno lei non sarebbe morta.
-Tranquilla. Ci penso io- disse, sollevandola di nuovo.
La volante della polizia era ormai lontana, e le strade erano vuote. Non c'era nessuno che avesse potuto chiamare un'ambulanza, e le vecchie cabine telefoniche erano ormai state tutte quante smantellate.
Corse in direzione del centro, facendo attenzione a non dare troppi strattoni alla ragazza che reggeva saldamente tra le braccia, e si ritrovò presto sulla strada statale che correva proprio davanti a quella che era stata casa sua, ed anche alla casa dei genitori Natya.
Senza pensarci troppo, Toby si fiondò dentro alla porta del palazzo di Natya, trovandola aperta, e salì le scale più velocemente che poté. Non ebbe alcuna esitazione a farlo; al momento quella era l'unica possibilità che aveva di salvarla, e poco gli importava della reazione che avrebbero potuto avere i suoi genitori, o di quello che sarebbe potuto accadere dopo.
Ricordava perfettamente quale fosse la sua porta, e così non appena la raggiunse bussò energicamente.
Sentì dei passi avvicinarsi dall'interno.
Forse per la paura, forse per la disperazione, non riuscì a frenare le lacrime che iniziarono a scendere sul suo viso.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora