CAPITOLO OTTAVO - parte 1

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Il giorno seguente, il padre di Natya andò a trovarla a casa della ex moglie come d'abitudine. Quella settimana in realtà si erano già visti, in occasione della discussione, ma proprio a causa di questo voleva vedere assicurarsi che la figlia stesse bene. Era quasi certo che fosse molto scossa dagli ultimi avvenimenti, pur non essendo a conoscenza del fatto che Marlene l'avesse accompagnata fino al centro psichiatrico, dove aveva avuto un'esperienza ancor più traumatizzante.
Parcheggiò l'auto davanti al vialetto bagnato dalla pioggia scesa quella notte, e salì le scale del palazzo.
Bussò alla porta, esclamando: -Sono io!-. Marlene aprì la porta senza dire nulla, lo salutò con un semplice cenno del capo; c'era della preoccupazione nei suoi occhi, e quel dettaglio non sfuggì allo sguardo dell'uomo.
-Ciao, come sta Natya?-.
-Non lo so di preciso- rispose lei mentre si apprestava a richiudere la porta -È chiusa nella sua stanza da due giorni-.
-Le hai parlato?-.
-Ascolta... Ti devo dire una cosa- balbettò lei, appoggiando la schiena contro al muro.
-Aveva smesso di mangiare e non mi parlava più... Ero preoccupata così le ho chiesto che cosa avrei potuto fare per tirarla su- disse, abbassando il tono della voce per assicurarsi di non essere sentita.
-E lei cosa ti ha risposto?- chiese Piero, aggrottando la fronte.
-Che voleva... Andare da Toby-.
Un pesante silenzio calò per una lunga manciata di secondi finché l'uomo non assunse un'espressione seria e rigida. -Non l'avrai mica portata la!-.
Marlene annuì, portandosi le mani alla testa. -Credevo che così avrei risolto qualcosa... Credevo che l'avrebbe aiutata a capire... -.
-Ma sei stupida? Era ovvio che questo avrebbe peggiorato la situazione!- sbottò lui - Che diamine, Marlene! -.
-Beh io almeno le sono stata vicina ed ho cercato di aiutarla, visto che la decisione di dirle tutto la abbiamo presa insieme! - tentò di difendersi la donna, alzando la voce a sua volta.
-Io non c'ero perché ero a lavoro, Marlene! Ti lamenti perché non ci sono mai , ma poi non mi sembra che lo rifiuti l'assegno che ti faccio tutti i mesi!-.
-Basta, smettetela!-. La voce di Natya provenne dal fondo del corridoio, e mise in un attimo a tacere entrambi.
Piero e Marlene voltarono con stupore verso di lei, nessuno dei due ne aveva notificato la presenza.
-Io tornerò da Toby- concluse la ragazza, prima che potessero dire qualunque cosa.
Il padre di Natya restò a guardarla in silenzio per qualche attimo, prima di avvicinarsi a lei. -Natya, posso venire cinque minuti nella tua stanza? Vorrei parlare con te di questa cosa-.
La ragazza annuì, anche se con una palpabile freddezza, ed attese l'ingresso del padre per richiuedere la porta a chiave dietro di sé. Indicò a Piero il letto per invitarlo a sedersi, e lei fece altrettanto sistemandosi al suo fianco.
-E così la mamma ti ha portata a vedere Toby?- domandò lui, andando dritto al punto. Era inutile girarci intorno con conversazioni inutili, ormai.
Natya annuì.
-E vi hanno fatte entrare?- le chiese ancora.
-Soltanto io-.
-Come l'hai trovato?-.
Natya impiegò molto più tempo a rispondere a questa domanda; strinse i pugni e si fece molto cupa. - Male-.
-Male?- ripeté il padre.
-Sì. Ho avuto la sensazione che non lo stessero curando- spiegò lei.
L'uomo emise un sospiro. -Tesoro, è una clinica specializzata, credo che sappiano quello che fanno-. L guardò con comprensione, e le sorrise. - Credi forse che lo maltrattino?-.
La ragazza annuì con un paio di rapidi movimenti della testa; i capelli biondi dondolavano sulle sue spalle magre.
-Tesoro io non sono un medico, ma posso garantirti che non è facile capire che cosa prova davvero un malato di mente, e sono sicuro che quello che tu hai interpretato come maltrattamento è in realtà l'unico modo che i medici hanno per tenerlo a bada e garantire la sua sicurezza... -.
Natya degrutí saliva nel tentativo di bagnare la gola secca, e chinò il capo. Doveva aspettarselo, neanche papà intendeva prendere anche solo in considerazione la sua teoria. Nessuno pareva volerla ascoltare.
-Ho capito. Non importa- disse con un filo di voce.
-Anche a me dispiace per lui, Natya- si giustificò l'uomo - Ma purtroppo non possiamo far altro che lasciarlo nelle mani dei medici... Solo loro possono aiutarlo-.
Natya annuì con la testa. -Puoi lasciarmi un pò sola, adesso?-.
-Certo, certo. Se hai bisogno di qualcosa chiamami, ok? Anche se sono a lavoro, tu chiamami-.
L'uomo si alzò in piedi e pareva stesse per uscire, ma si voltò di nuovo indietro. - E devi mangiare, capito? Devi sforzarti di reagire-. Le sorrise caldamente, poi uscì dalla stanza. Marlene attendeva in cucina il suo ritorno, appoggiata al frigorifero con le braccia incrociate.
-Allora? Come è andata?-.
-Sono piuttosto preoccupato- disse lui.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora