CAPITOLO VENTIDUESIMO- parte 2

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Toby dormì fino al mattino, e venne svegliato dal lieve rumore generato dalla porta che veniva aperta.
Spuntò la figura di Marlene, che gli fece un lieve sorriso.
Il ragazzo tirò su la testa, e notò che Natya lo stava guardando.
Si stiracchiò ed appoggiò la schiena al muro, puntando lo sguardo in basso.
-Oh, Toby! Potevi anche metterti sulla poltrona! Hai dormito lì per terra?- esclamò Marlene.
-Non importa- rispose vago lui, abbassando lo sguardo.
-Importa a me!- ribattè lei -Non credo sia molto comodo state lì per terra!-. Gli avvicinò una la poltrona di stoffa grigia che era riposta in un angolo e lo invitò a mettersi seduto sopra.
Intorno alle dieci del mattino tornò la dottoressa per controllare Natya, e per fortuna poté confermare che non aveva niente di rotto, dal momento che non aveva strani gonfiori o difficoltà di movimento. Disse che il dolore era normale, dato che aveva preso un brutto colpo, e che aveva avuto un calo di ferro a causa della perdita di sangue; ma rincuorò Marlene, dicendole che sua figlia sarebbe guarita velocemente.
-Sono proprio contenta- esclamò la donna dopo aver accompagnato la dottoressa all'uscita -Per fortuna alla fine ti basterà solo un bel pò di riposo-.
Natya annuì. Nonostante avesse avuto fortuna, non riusciva ad esserne felice. Aveva combinato un casino, ed ora Toby si trovava in quella brutta situazione a causa sua.
Come se non bastasse, lo vedeva strano, assente, confuso. D'altro canto non poteva certo biasimarlo dopo quello che era successo con suo padre, però vederlo così la faceva soffrire, non sopportava di vedere tutto quel vuoto nel suo sguardo che le veniva automatico paragonare allo stesso sguardo vuoto che il ragazzo aveva quando era chiuso, contro la sua volontà, in psichiatria.
Natya si riaddormentò poco dopo che la dottoressa fu andata via, e Toby rimase al suo fianco tutto il tempo, senza allontanarsi da lei un solo secondo.
Nella camera regnava un piacevole silenzio, scandito dal respiro regolare della ragazza. Dalla finestra entrava una debole luce che si rifletteva sul pavimento.
Ad un tratto, il silenzio venne bruscamente interrotto: qualcuno suonò il campanello all'ingresso.
-Oh, ciao- disse Marlene aprendo la porta.
-Lui è ancora qui?- chiese a sua volta Pietro, entrando.
-Sì, e non ti azzardare a toccarlo- ribattè secca lei.
L'uomo non rispose nulla, e percorse il corridoio fino alla stanza di Natya. Era come al solito vestito con il completo elegante, perché era appena uscito dal lavoro, e si muoveva con un visibile nervosismo.
Aprì la porta e guardò la figlia, distesa sul letto con gli occhi chiusi. Toby invece era seduto al suo fianco, e non alzò neppure lo sguardo quando lui entrò. Il suo voolto pareva assente, ed era ancora puntato verso il basso.
Pietro si avvicinò al lato opposto del letto ed afferrò la mano di Natya, accarezzandola. La ragazza si svegliò, e gli sorrise.
-Papà- farfugliò sropicciandosi gli occhi.
-Come ti senti?-.
-Va già meglio-.
-Sono felice-. L'uomo sorrise calorosamente. Si vedeva che le voleva molto bene, nonostante tutto.
Poi voltò lo sguardo verso Toby, e disse con voce seria ed autoritaria: -Posso parlarti un attimo?-.
Il ragazzo alzò la testa ed annuì.
-Vieni, andiamo in cucina- disse ancora Pietro facendo cenno con la testa di seguirlo.
Natya afferrò il polso del padre prima che si allontanasse dal letto, e piantando gli occhi nei suoi disse: -Papà, ti prego. Lascialo stare-.
L'uomo annuì accennando un sorriso forzato. -Voglio solo parlargli- disse camminandosi lungo il corridoio.
Toby lo seguì in silenzio, ma prima di uscire dalla stanza volse lo sguardo verso la ragazza, e le fece cenno di stare tranquilla.
Non voleva che si preoccupasse per lui, non c'è n'era bisogno. In quel momento non gli importava niente di sé stesso, quindi poco importava quali intenzioni avesse l'uomo.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora