CAPITOLO DICIOTTESIMO - parte 1

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Quando Natya aprì lentamente gli occhi, il buio stava già calando. Aveva dormito ininterrottamente tutto il pomeriggio.
Si stiracchiò la schiena ancora mezza addormentata, e notò che Toby era disteso proprio accanto a lei.
Lo guardò con una faccia piuttosto sorpresa; stava dormendo profondamente, disteso su un fianco con il volto rilassato e le labbra socchiuse.
Lei rimase immobile a guardarlo per un tempo indefinito. Ripensò a quello che le aveva detto il giorno precedente, al fatto che avesse paura di perdere la testa e farle del male. Il suo volto si incupì.
Il passato aveva lasciato su quel ragazzo un segno indelebile che neanche il tempo avrebbe mai totuto cancellare; ma lei voleva che lui soffrisse, in nessun modo. Se avesse potuto con una magia togliere tutto il peso di quel dolore che si portava addosso e caricarlo su di sé, l'avrebbe fatto.
Distolse rapidamente lo sguardo quando si accorse che Toby stava per aprire gli occhi; non voleva che la sorprenesse a guardarlo.
Il ragazzo sollevò la schiena e le accennò un sorriso, posizionandosi contro al muro, un pò più distante di prima forse trovandosi in lieve imbarazzo.
-Scusa se ho invaso il tuo spazio ma..-.
-Non mi da affatto noia- lo interruppe lei, sorridendo. Si alzò con la schiena a sua volta, uscendo da sotto alla coperta.
Si stirò le braccia, allungandole, e sbadigliò coprendosi la bocca.
Toby aveva un'aria cupa. Lei lo guardava con la coda dell'occhio, facendo finta di niente, ma si chiedeva cosa avesse che non andava. Era tranquillo fino a pochi attimi prima, a che cosa stava pensando adesso?
-Tutto bene?- gli chiese. Si sentiva noiosa e assillante a fargli sempre quella stessa domanda, ma ormai era terrorizzata dall'idea che potesse avere un altro attacco di panico improvviso. L'ultima volta era stato un inferno.
-Stavo pensando...- rispose lui, vago.
-A cosa?-.
Toby scosse la test come non volesse rispondere alla domanda, ma poi lo fece. - Perché... Perché dopo tre anni sei tornata a cercarmi?-.
Natya sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene. Sapeva che prima o poi le avrebbe posto quella domanda, ma non si aspettava di certo che lo avrebbe fatto in quelle circostanze.
-Dopo quello che successe, ho perso la memoria... - farfugliò.
Gli raccontò tutto, passo per passo. Gli disse quello che le raccontavano i medici per infangare la verità, gli disse come i suoi genitori le avevano mentito per tutto quel tempo, gli disse ogni cosa. E lui semplicemente ascoltava in silenzio.
Non c'era stata alcuna accusa nella sua domanda. Ascoltava e annuiva, come se per lui non importasse di essere stato abbandonato per tre anni in un luogo di tortura; si mostrò estremamente comprensivo, e questo abbatté in pochi attimi i timori di Natya. Era convinta che lui si sarebbe terribilmente arrabbiato quando avesse saputo la verità, e fu per lei un sollievo enorme accorgersi del contrario.
Nonostante ciò, parlava a fatica. Si sentiva maledettamente in colpa per tutta quella storia.
-Non sai quanto mi faccia soffrire il pensiero di averti lasciato solo in quel posto per tutto questo tempo... - gli disse infine, con le lacrime agli occhi.
-Non è colpa tua, ma mia- rispose lui, mostrando una tranquillità disarmante -E comunque non ho mai pensato una sola volta, in questi tre anni, che tu ti fossi comportata in modo scorretto nei miei confronti- aggiunse - E poi non ti avrei biasimata, se l'avessi fatto-. Sorrise, notando la tristezza che si era ormai fatta strada negli occhi della ragazza.
-Però... Quei medici ti hanno maltrattato, vero?- continuò lei tenendo lo sguardo basso, fisso sul pavimento di legno marcio, come se avesse timore d'incrociare quello di lui.
Toby pensò un paio di secondi prima di rispondere, poi disse: - È stato un inferno, non lo nego. Quei bastardi mi hanno fatto sputare sangue, mi hanno legato, sedato, preso a calci...-. Mentre finì la frase, puntò i suoi occhi castani in quelli di Natya. - Ma poi sei arrivata tu-.
Lei arrossì lievemente, ed allargò un sorriso nervoso.
-Hey- richiamò ancoraa sua attenzione Toby. La fece voltare ancora verso di lui, e guardandola dritta in faccia disse:
-Grazie per avermi salvato-.
Il suo viso era adesso sincero e rilassato; ciocche dei suoi capelli, sempre fuori posto, pendevano su quegli occhi sul fondo dei quali adesso brillava una luce nuova.
Forse c'era davvero speranza di rinascere anche per lui.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora