CAPITOLO DICIANNOVESIMO - parte 2

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L'attesa durò giusto qualche secondo, ma a Toby sembrò essere un'eternità. Ansimava oltre la porta, terrorizzato all'idea che Natya potesse morire tra le sue braccia.
Quando finalmente i passi si fermarono e la porta si aprì, spuntò la figura confusa e assonnata di Marlene, coperta da una vestaglia. Il suo volto era stanco, scavato dalla sofferenza per la scomparsa di sua figlia; gli occhi infossati, lo sguardo di chi si è dovuto sottomettere ad una vita spietata. Era sicura che fosse morta, che Toby l'avesse uccisa appena fuori dal manicomio; ed aveva convissuto con quell'idea opprimente ogni minuto degli ultimi giorni.
Ma adesso qualcuno aveva bussato alla sua porta in piena notte, e lei aprendo aveva trovato davanti a sè Toby, con la faccia bagnata dalle lacrime e contorta in un'espressione di desolazione; e distesa tra le sue braccia, con la testa pendente, c'era sua figlia.
I vestiti strappati, il sangue sul corpo.
-Oh mio Dio!- gridò la donna, portandosi le mani alla bocca.
-Ha bisogno di un medico!- disse Toby facendola spostare di lato, in modo da poter portare Natya in casa. Si diresse subito nella stanza della ragazza, e la distese con cura nel suo letto facendo molta attenzione a non muoverla troppo.
Marlene era lì accanto. Guardava la figlia ferita con occhi disperati, ed il ragazzo con orrore. Non aveva mai dimenticato quello che accadde quella notte; le sembrò di sentire ancora la lama fredda dell'accetta sulla sua pancia.
Era stato lui a farle questo?
Era stato lui?
-Datti una mossa!- le gridò Toby, riportandola bruscamente alla realtà.
La donna afferrò il telefono cordless che era riposto sul comodino di Natya, e compose il numero "911". Ma appena prima di premere il tasto verde, ebbe un'esitazione. Sua figlia era su tutti i telegiornali di zona. Tutti parlavano della ragazza che aveva aiutato un paziente a fuggire dall'ospedale psichiatrico. Se avesse chiamato l'ambulanza, dopo averla guarita l'avrebbero consegnata alle forze dell'ordine.
Non poteva permettere questo.
Cancellò e scrisse il numero del loro medico di famiglia.
-Pronto?- disse la voce assonnata della dottoressa, che era stata svegliata dal suono del suo cellulare.
-Dottoressa, è un emergenza! Venga subito a casa, la prego!-.
-Si calmi, cosa succede?-.
-Sono la signora Rods. Per l'amor del cielo venga subito!- gridò - Deve venire a casa mia ha capito? La pagherò, io la pagherò ma la prego venga subito! -. Si voltò tremante verso la figlia, e vide che Toby si era seduto sul letto accanto a lei e le stava accarezzando il volto. Una rabbia incontenibile si scontrava adesso con una sensazione diversa; vedere il modo in ci si stava prendendo cura di lei, la lasciava stranita.
Marlene riafferrò il cordless che aveva appena appoggiato e compose piangendo il numero di suo marito, attendendo con ansia che lui prendesse in mano la cornetta.
-Pronto, Marlene?- esclamò una voce assonnata.
-Piero vieni subito!- gridò come una pazza - Ti prego fa presto, Natya è qui e...-.
-Natya? Sta bene?- fece lui dall'altro campo, incredulo.
-Corri ti prego-.
Premette il tasto rosso e si avvicinò al letto su cui era distesa la figlia.
Lei girò gli occhi per guardarla, senza muovete il collo né la testa, e tentò invano di fare un sorriso per rassicurarla.
-Oddio Natya...- piagnucolò la donna poggiandole una mano sulla testa -Resisti, la dottoressa arriva presto-.
La ragazza riusciva a malapena a riconoscere le facce che aveva intorno. Stringeva con la poca forza che aveva in corpo la mano di Toby, respirando a fatica. La sua vista era offuscata, ed il dolore che percepiva in tutto il suo corpo le impediva di restare lucida.
Forse il forte colpo che la macchina le aveva dato, aveva parzialmente bloccato i suoi polmoni, e la testa le girava vertiginosamente. Aveva l'impressione di sprofondare nel materasso.
Nonostante tutto, raccolse tutta l'energia che le era rimasta per pronunciare una frase, l'unica che riteneva davvero importare dire in quel momento. -Mamma, non è stata colpa di Toby-.
La donna restò immobile a guardarla.
Era questo che la preoccupava..
Non che fosse ferita.
Non che forse sarebbe morta.
La sua unica preoccupazione era che i suoi genitori se la sarebbero presa con Toby.
-Stai tranquilla- le disse, lanciando un rapido sguardo al ragazzo che però non la degnò di attenzione. - Ora pensiamo a te, poi... Poi ne parleremo. Stai tranquilla -.

Ticci Toby - P. 116 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora