Capitolo 12 - La Nuova Vita

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Amar continuò a guidarci in quelli che sembravano uguali cunicoli sotterranei. Tutti camminano in silenzio, benché nessuno abbia chiesto loro di farlo. Anton è al mio fianco e non smette di guardare dritto davanti a sé. Sembra curioso, più che impaurito. Giungiamo in quella che sembra un'area spaziosa e, visibilmente, più luminosa del resto della residenza. Finestre in vetro, dall'alto, arieggiano e illuminano quello che sembra un pozzo di proporzioni enormi. Intrepidi, sbucano da ogni angolo, come topi, mentre un gruppo più consistente è radunato al centro, facendo qualcosa che sembra un gioco.

«Questo è il Pozzo» ci spiega Amar, con voce orgogliosa. È un capofazione, ma non può esserlo da molto data la sua giovanissima età. Gli altri iniziati guardano sbalorditi il luogo, qualcuno con un sorriso, qualcun'altro con espressione neutra. Amar riprende, senza smuovere gli occhi dal Pozzo, la camminata, mentre ci conduce al margine di ciò che sembra un burrone.

«Questo, invece, è lo Strapiombo» dice, indicando l'apertura verso il basso accanto a lui. Una ringhiera ci protegge dalla caduta, ma ho notato che non in tutta la residenza c'erano queste protezioni; al contrario, ne erano prive. Le rocce sono umide, e ne comprendo anche il motivo; al di sotto, si sente l'infrangersi dell'acqua sulle affilate rocce del fondo. Mi vengono i brividi, nonostante la temperatura mite. Mi rendo conto che non è stata solo la paura a provocarmeli, ma uno schizzo d'acqua congelata, che mi è giunta sulla clavicola destra mezza scoperta. Mi asciugo con la manica, mentre ascolto Amar che ha ripreso a parlare: «Vi consiglio di non avvicinarvi troppo. Molti sono caduti giù, alcuni per gioco, altri no, e, vi assicuro, che non hanno fatto una bella fine. È successo e succederà ancora». Dopodiché, ci mostra un malizioso sorrisetto che mi fa venir voglia di prenderlo per il colletto della camicia e gettarlo giù di per me.

Sospiro. Con quell'affermazione voleva avvisarci di quanto sarebbe stata difficile la vita qui, a tal punto che ci saremo potuti suicidare in pratica. Inoltre, ha anche affermato che i giochi fatti tra gli Intrepidi, sono estremamente pericolosi. Elimino la paura. Se sono Intrepida, dovrò essere coraggiosa, ma anche intelligente e sveglia su ogni azione che compirò.

Amar risale le scale di ferro bagnate dagli schizzi d'acqua dello Strapiombo e ci conduce al nostro dormitorio. Gli interni sono già lì. È un'ampia stanza rettangolare, composta da almeno una ventina di letti, tutti identici. Su alcuni sono poggiati diversi abiti neri da Intrepidi. Amar raggiunge Mindy che, intanto, era accanto alla soglia giocherellando con uno dei suoi numerosi piercing. Si dicono qualcosa.

Deglutisco e raggiungo un letto a caso. Al letto alla mia destra c'è l'iniziato interno che ha saltato per primo dal tetto - quello che Amar ha chiamato Ronny; dietro mi ritrovo Anton che, incuriosito, ispeziona gli abiti che indosserà; davanti a me c'è infine un'altra iniziata interna, magra, con corti capelli biondi, tanto biondi da sembrare bianchi. La pelle è candida e visibilmente morbida. Le sue iridi sono azzurre, incorniciate da folte ciglia chiare, messe in risalto da uno scurissimo mascara. Le guance sono rosee. La destra, però, è tagliata verticalmente da una cicatrice. Nel complesso, è una bella ragazza, nonostante la cicatrice, che sembra renderla più forte rispetto alla ragazzina aggraziata che osserverei abbassando la palpebra sinistra, oscurando la metà ferita del viso.

Osservo gli abiti da Intrepida che dovrò indossare. Sono entusiasta nell'idea di cambiare completamente guardaroba: passerò dal vivace giallo, al triste nero. Mi cambio, in contemporanea con il resto degli iniziati - esclusi gli interni. Vado a darmi un'occhiata allo specchio poggiato sulla parete sinistra del dormitorio. Entro perfettamente nel riflesso mentre penso alle difficoltà che avranno gli altri; più della metà di noi sono alti almeno dieci centimetri più di me. Non importa, penso, finalmente non sarò io a combattere ogni giorno con uno specchio. Mi osservo. La maglietta rossa, con somiglianza non lontana da quella dei Pacifici, mi si trova bene sul mio magro petto; i pantaloni neri calzano abbastanza bene; le scarpe da ginnastica anche. L'unica pecca è la giacca, un pò troppo grande secondo le mie misure, rendendomi ancora più piccola di quanto non sia. In complesso, però, posso dire di non stare affatto male.

***

Insieme, raggiungiamo la Mensa, guidati dagli iniziati interni: è un'enorme sala illuminata da dozzine di lampadine ordinate parallelamente lungo il soffitto. Ci sono numerosi tavoli, tutti stracolmi di Intrepidi che sembrano più giocare che mangiare con il cibo.

Un sorriso si accende sulle labbra di Anton. In coppia, raggiungiamo una tavola, apparentemente presa a caso e vi ci accomodiamo. Di fronte, ci ritroviamo, il cosiddetto Ronny, la ragazza con la cicatrice, con il letto del dormitorio avanti al mio, e Mindy. Accanto a me, inoltre, si siede la ragazza Erudita che sul treno avevo visto con il corpulento. Da vicina è ancora più cadaverica di quanto abbia potuto notare. Non sono convinta che uscirebbe viva da un duello corpo a corpo.

Anton, si alza sussurrandomi che mi avrebbe portato qualcosa da mangiare. Io annuisco. Incrocio le braccia sulla tavola e aspetto, guardando gli altri; «E così, una Pacifica negli Intrepidi, eh?» inizia Ronny. Sembra dirlo con voce gentile, nonostante il tocco di sarcasmo che ha aggiunto alla domanda.

«Già» rispondo. Mi osserva accennando un sorriso.

«Ricordati che non puoi scusarti dicendo di partire svantaggiata da noi!» afferma, combattendo, con la forchetta, contro un pezzo di patate che continua a distruggersi nei suoi tentativi di prenderlo.

«Perché?» dico, alzando le sopracciglia.

Lui sorride. «Saltellando nei campi, siete più riscaldati di noi. Avete più muscoli nelle gambe!» dice, riuscendo ad afferrare il pezzo di patate. Comincio a ridere mentre Mindy balbetta: «Furbo!»

«Si, ma non siamo nati scalando grattacieli o stando in bilico tra vita e morte accanto allo Strapiombo» faccio notare, provocando una folle risata dalle labbra di Mindy, che fa tintinnare alcuni dei suoi piercing. Inutile dire che, se non la conoscessi, mi spaventerebbe.

Il ragazzo interno, Ronny mi guarda sorridendo, allungando poi il braccio verso me, con la mano aperta. «Lieto di conoscerti, Pacifica. Ron» si presenta. Stringo la mano, sorridendogli «Tess».

Allontaniamo le mani e, mentre ci raggiunge Anton, mi presenta l'altra interna al suo fianco: «Lei è Arin» dice, masticando un altro pezzo di patate. Allungo la mano mentre lei mi sorride, stringendola. A questo punto, decido di presentare Anton: «Lui è Anton» dico, indicandolo con lo sguardo. Ron gli sorride, mentre Arin sembra scrutarlo incuriosita.

«Voi siete i due Pacifici amici per la pelle, o sbaglio?» ci scruta Mindy. Annuisco mentre Anton lo afferma con la voce «Non ti sbagli» dice, posando immediatamente dopo lo sguardo sul mio.

Sorrido mentre affetto la carne sul mio piatto. «E tu sei?» chiede Anton alla ex Erudita. Non ha detto una parola da quando mi sono seduta a questo tavolo e quasi mi ero dimenticata della sua presenza. Continuava ad scrutare la sua fetta di carne, ignorando completamente le patate. Si volta verso il mio amico e, come se non avesse dormito da giorni, con voce rauca e stanca, gli risponde: «Judith». Lui le accenna un sorriso mentre anche il resto dei presenti accanto alla tavola la guarda scrutandola. Non sembrano convinti della nuova arrivata.

«Stasera, o meglio, stanotte, abbiamo organizzato la Sfida» ci avvisa Mindy. Arin accenna un sorriso, anche se si nota molto di più di quanto vorrebbe, il suo entusiasmo. Ron posa le posate a batte le mani, visibilmente eccitato. Io, Anton e Judith ci guardiamo con espressione interrogativa. Mindy batte le mani sul tavolo, facendole arrivare dopo al viso; «Accidenti, mi dimentico sempre che ci sono dei trasfazione in giorni come questi!» si rimprovera la ragazza.

Ron la guarda, cominciando a ridere mentre Arin rotea gli occhi. Mindy deglutisce e si avvicina verso noi tre trasfazione, poggiando i gomiti sul tavola: «Praticamente, uno di noi sfida un altro a fare qualcosa, normalmente, di folle, lanciandogli appresso una bottiglia dal quale deve berne un sorso. Questo, deve accettare la sfida, altrimenti..» si ferma un attimo; «Lasciamo stare gli altrimenti. Si accetta e basta. Questo compie ciò che il primo gli ha detto, sfidandolo, dopodiché chiede qualcosa a qualcun'altro, che deve, a sua volta, sfidarlo. Questo ciclo si continua fin quando tutti sono ubriachi e la bottiglia, che generalmente diventano le, è vuota. Mi seguite?». Sembra folle, ma l'idea mi fa ribollire nelle vene pura adrenalina. Anton e Judith continuano a fissarla, mentre io le rispondo, eccitata: «Accetto!»


The Divergent Series: By Tess - DivergentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora