Capitolo 32 - Anton

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«Sapete di non poter essere più veloce di me!» grido con la voce sovrastata dall'ululare del vento che rendeva i Campi Elisi un concerto di foglie stridere tra i rami e le acque dei diversi canali sbattere tra le rocce. Le mie orecchie sembrano non riuscire più ad udire altro. Sento appena i passi miei con quelli pesanti di Anton e Nancy alle mie spalle. Una violenta tempesta stava per abbattersi nel cielo alle nostre teste e già riuscivo a percepire le prime gocce bagnarmi le braccia scoperte.

«Fino alla Quercia!» ricorda Anton con la voce leggermente stanca. Nancy andava lentamente a perdersi. Era la più lenta dei tre e poteva vincere solamente con un infortunio degli altri concorrenti alla corsa o per un'incredibile dose di fortuna. Le gocce che punteggiavano appena l'aria umida del momento, si trasformano ben presto in una pioggia, fino a diventare un vero e proprio diluvio. La leggera nebbia e l'acqua che bagnava il mio viso, rendevano complicata la mia ricerca, nella corsa, dei miei sfidanti. Solo appena sento dei passi cadere in qualche pozzanghera capisco che ci siamo tutti.

«Non c'è la posso fare» afferma con il fiatone Nancy.

«Che novità!» esclama, ridendo, Anton che, nel contempo, è al mio fianco. Eravamo entrambi molto veloci ma io riuscivo sempre a vincere, anche se per poco. Rido, quasi saltello tra le pozzanghere ai miei piedi e mi godo il momento. Ero certa che stavamo distruggendo metà delle piante coltivate. La pioggia stava facendo in modo che fosse lei la causa in modo che io, Anton e Nancy potessimo scampare alle continue ramanzine degli altri Pacifici.

D'un tratto, Anton compie un'accelerazione che lo porta in prima posizione. Non capisco come abbia fatto; sembrava del tutto illogico. Non faccio in tempo a pensarci che non rivedo più Anton sotto il mio sguardo. Inoltre, non ho che preoccuparmi che mi ritrovo infangata in una pozzanghera, sulla schiena di Anton. Percepisco i suoi affannosi respiri e un leggero lamentio proveniente dalle sue labbra. Nulla da fare se non esplodere entrambi in una fragorosa risata. Sarebbe stato bello vederci entrambi in questa situazione; sdraiati in una pozzanghera, infangati completamente e a ridere come matti. La pioggia non fa altro che ad aumentare e con esso i pizzichi che mi provocano le sue gocce. Mi allontano dalle spalle di Anton che, nonostante forti, erano abbastanza stanche dalla corsa che avevamo appena realizzato. Poi, lo guardo negli occhi, quei suoi stupendi occhi verdi paragonabili allo smeraldo; i suoi capelli biondi, divenuti oramai castani. Porto una mano sulla sua, stringendola. Sospiro, cercando di riprendere fiato.

«Ti voglio bene, Anton!»

***

Il corpo è lì, al centro della strada. Ha braccia e gambe distese e non posso che non notare il fatto che sia immobile.

Non ci penso. Non penso a nulla, oltre che a raggiungerlo. Preferivo essere colpita da qualsiasi cosa che restare nascosta dietro quella vettura, osservando il corpo del mio amico.

Mi alzo, correndo laddove giaceva. Non so se Ron mi abbia detto di non andare verso di lui, o sia stato in silenzio. Ciò che sapevo era solo il modo di raggiungere Anton.

Mentre corro, non penso. Non so se mi sia mai capitato di non pensare a nulla. Eppure, era illogico non farlo; potevo pensare al mio migliore amico, alla sua condizione, al fatto che sarei andata da lui e l'avrei trovato morto oppure sorridente per essere sopravvissuto. Invece no, non ci pensavo. Non tenevo neanche più conto al fatto che ci trovassimo nel bel mezzo della seconda prova e che qualcuno potrebbe uccidermi nello stesso momento in cui io avrei raggiunto Anton.

E poi, eccolo lì.

Il sangue ricopre il suo petto, la sua giacca e anche una porzione dell'asfalto. Ho gli occhi sbarrati, ma resto ferma. Mi ci vuole un po' perché io mi abbassi per controllare come stia. Istintivamente gli prendo la mano, stringendola come l'ultima volta, prima di entrare in questa ridicola guerra che i nostri istruttori avevano organizzato. Con l'altra mano gli accarezzo i capelli per poi dare uno sguardo alla ferita. Perdeva molto sangue ma in me c'era ancora una luce che mi faceva capire che poteva ancora sopravvivere. Porto il capo sulla parte sinistra del suo petto e, con l'orecchio posato sui suoi indumenti, provo a sentire il suo battito cardiaco.

The Divergent Series: By Tess - DivergentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora