Riflettevo.
Potevo davvero valutare l'ipotesi che Mindy e Veronica fossero sorelle? Ricordo il salto nella voragine dal tetto della residenza degli Intrepidi. Ricordo quegli occhi blu che mi avevano accompagnata al di sotto della rete che mi aveva sostenuta dopo quei metri di caduta libera. Quel blu profondo, intenso, che diventava più scuro avvicinandosi alla pupilla. Li avevo immediatamente paragonati a quelli della ragazza che aveva presenziato al mio test attitudinale. Ed ora, Arin afferma che Mindy, la mia istruttrice, non era figlia di Intrepidi, bensì trasfazione Abnegante. Non la ricordavo neanche e di certo non poteva trovarsi tra gli Intrepidi da molti anni. Raccontavano che gli Abneganti non andavano mai in altre Fazioni durante le diverse Cerimonie della Scelta. Eppure, in questo caso sarà stato quando ancora ce n'erano di persone altruiste trasfazione.
Mordo il labbro, provando a ricordarmi quel giorno. «Quanti anni ha?» domando, osservando una parte imprecisa della tavola, ricoperta di briciole di pane un po' ovunque.
Arin risponde esitando: «Chi?», mangiando qualcosa di croccante che si rompe sotto i suoi colpi con i denti. Alzo lo sguardo su di lei e lei fa lo stesso con me. Scrollo le spalle, come se fosse ovvio: «Come chi. Mindy.»
Arin porta il volto al cielo come per essersi resa conto che era stata stupida a chiederlo. Dopodiché, scrolla anche lei le spalle, mangiando una fetta di pane: «E io che ne so!» afferma, facendo spegnere la mia speranza che lo sapesse. Volevo chiederle di ipotizzare un'età, ma lo fa senza che glie lo dica: «Più o meno verso ventiquattro, venticinque...» dice.
Io annuisco, anche se non credo che mi abbia visto, perché il suo sguardo era posato su Anton che ci stava raggiungendo alla tavola. Non portava nulla da mangiare, quindi o era venuto qui per farsi un giro, o per vedere dove fossimo io ed Arin.
«Come va?» domanda il ragazzo biondo. Riesco a visualizzare l'eccitazione di Arin espresso con un intenso rossore sulle sue guance, altrimenti candide.
«Bene!» afferma quest'ultima; «Che fai qui?».
Anton sposta rapidamente lo sguardo su di me, sorridendomi, mentre io ricambio.
«Stasera usciamo!» afferma eccitata Arin, mentre la mia curiosità sale, per il luogo in cui saremo andate; «Ho convinto mio padre a farci uscire fuori dalla residenza.» continua.
Sgrano gli occhi. Saremo uscite dalla residenza. L'ultima volta è stata quando abbiamo giocato a Sfide. Adesso saremo potuti andare non dove si sarebbe tenuto un gioco, bensì dove volevamo. Potevamo raggiungere la residenza degli Eruditi e, magari, incontrare Nancy. E anche mia sorella!
Ero eccitata, non sapevo come ringraziare Arin e suo padre con lei. Anche Anton era contento e percepivo che anche lui aveva la mia stessa idea. Mi alzai, andai contro il tavolo per buttarmi su Arin, stringendola in un abbraccio di ringrazio. Anche Anton si aggiunge a noi. Restiamo così per un po', finché non compare Ron che, prendendoci alla sprovvista, comincia a stringerci così forte che mi sento quasi soffocare. Quando lo convinciamo a farci liberare, sono - o almeno, riesco a sentirmi - tutta rossa e accaldata.
«Quando usciamo?» dico con così tanto entusiasmo che Anton è costretto a bloccarmi le spalle tremanti per la gioia.
«Subito dopo l'allenamento» risponde Arin, sorridendo. Sia lei che Ron hanno capito l'intento mio e di Anton. Forse è per questo che l'hanno fatto. Ricordo quel giorno in cui Ron doveva andare a parlare con Kayla ma non c'era andato per fare una sorpresa. Si trattava di questo?
***
Una mia guancia è scura e dolorante. Il colpo inflittomi da Mindy durante gli allenamenti, mi ha fatto girare di colpo la testa, facendomi, poi, cadere rovinosamente sul tappeto dello scontro. Dopotutto m'è l'aspettavo. Raggiungo lo specchio del dormitorio, sperando di trovare una guancia abbastanza intatta, per non far preoccupare Nancy e Josette, quando le vedremo. Un violaceo misto a quello che sembra un verde che mi ricorda il vomito, colora la mia guancia destra provocandomi un senso di nausea che scompare non appena sposto lo sguardo dallo specchio verso i miei amici.
Siamo tutti pronti. Pronti per uscire dalla residenza e pronti per visitarne di altre. Il padre di Arin, che era stato capofazione diversi anni fa, come raccontatomi da quest'ultima, ci aveva permesso di uscire assieme a lui, dato il fatto che doveva incontrare una persona. Noi iniziati possiamo uscire solo con un membro effettivo degli Intrepidi e lui lo è. Amar o Mindy non potranno sgridarci.
Varchiamo la soglia del dormitorio, per raggiungere uno dei noti cunicoli della residenza Intrepida, dove ci aspetta Ian, il padre di Arin. É un uomo alto e molto muscoloso. Queste dimensioni non sono state date alla figlia, ma quest'ultima ha preso dal padre lo stesso candido colore della pelle. I suoi occhi sono celesti, un po' più chiari di Arin. Possiede diversi tatuaggi sulle braccia e un piercing sul labbro. Quest'ultimo poteva risparmiarselo, penso. Tutto sommato, però, è un bell'uomo con quelle ciocche bionde che incorniciano il suo volto.
«Bene ragazzi, andiamo.» dice frettoloso. Non c'è lo facciamo ripetere che raggiungiamo, a passo svelto, i binari del prossimo treno che è già intento ad arrivare. Ian si aggrappa agilmente alla portiera, aiutando la figlia che, appena salita, rimprovera il padre per il fatto, secondo lei, di sapersela cavare da sola e che non doveva farlo proprio davanti a noi, come se fosse debole. Io ed Anton ci aggrappiamo alla maniglia in ferro, raggiungendo il vagone.
Ron non lo si vede. Ci alziamo preoccupati, guardando al di sotto dei binari. Ma non c'è. Arin cade a terra, portando il broncio.
«E Ron?» chiede Ian alla figlia. Quest'ultima non è preoccupata e risponde alzando le spalle. Dopo un po', sentiamo qualcosa sbattere contro il vagone. Mi affaccio e vedo Ron, aggrappato contro una lunga lastra d'acciaio che circonda il tetto del vagone, che viene verso di me.
Mi sposto per dargli spazio, mentre lui raggiunge il pavimento della carrozza.
«Scusate, ho sbagliato vagone.» dice con tono di scuse, mentre accenna un sorriso. Alza le spalle, mentre la sua espressione si trasforma in una imbarazzata. Io vorrei ridere, ma mi limito ad un semplice sorriso.
Restiamo seduti, sul vagone, in silenzio, per diversi minuti mentre il treno continua a percorrere il suo infinito tragitto.
«Dove volete andare, ragazzi?» chiede Ian, mentre osserva la città. Io facevo lo stesso, finché non sento la domanda. Non vorrei rispondere io: non ho mai conosciuto il padre della mia amica e penso che dovrebbe essere lei a rispondere.
«Dagli Eruditi» risponde secco Anton, per niente preoccupato come me.
Ian sorride, come se fosse una destinazione sciocca. «Perché andate dai Lassi?» chiede. Ero quasi stanca di tutti questi nuovi vocaboli da Intrepidi. Pensavo di trovare parole nuove solo in caso mi fossi trasferita dagli Eruditi.
«Sarebbero gli Eruditi. Viene da 'La' e 'So'. È un modo per prenderli in giro» risponde alla mia domanda immaginaria immediatamente Arin. Sospiro, accennando di aver capito.
«Ci sono delle persone che vogliamo incontrare.» continua Anton. Ian annuisce per poi restare in silenzio. Arin si alza per venire verso di me: «Allora, com'è questa Nancy?» chiede curiosa.
Scrollo le spalle: «Lo vedrai!» rispondo.
Lei sorride: «Nah, io e Ron abbiamo fatto questo per te ed Anton.» ribadisce.
Io però, volevo che Nancy vedesse i miei nuovi amici. Vedesse che anche gli Intrepidi che lei pensava fossero semplici pazzi potessero essere amici miei e di Anton. «Scordatevelo, voi venite!» completo.
Lei abbozza un sorriso e io ricambio, come da solito.
Ian scatta in piedi avvisandoci che la nostra fermata era vicina. Ci mettiamo in piedi, pronti per saltare e, al via del padre di Arin, balziamo giù dal vagone, arrivando abbastanza in equilibrio sull'asfalto.
Alzo lo sguardo verso la nostra, cosiddetta, fermata. La residenza degli Eruditi è proprio davanti a noi.
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The Divergent Series: By Tess - Divergent
Fanfiction*** NOTA: Quest'opera è uno dei miei primi tentativi di scrittura. Di conseguenza ho fatto un sacco di errori (grammaticali e nella storia in se), che spero mi perdonerete anche perché ero più piccolina. Ho deciso, però, di lasciarla perché è la pri...