Avevo davvero pensato questo? Odiavo così tanto Nancy, al punto di volerla quasi morta? Cominciavo a pentirmi di questo mio affrettato pensiero: ero terribilmente irritata con lei per il suo comportamento, che avevo perso la ragione probabilmente.
Anton aveva ragione, del resto: gli Eruditi trasformano le persone, rendendole irriconoscibili, perché, di fatto, stasera non riconoscevo la Nancy gentile di un tempo.
Il silenzioso ascensore ci riporta al piano terra, lentamente è molto silenziosamente. Percepisco appena il movimento verso il basso che sta affrontando. Le porte di ferro, dal quale riuscivo a specchiarmi, si aprono, dandoci la visuale completa dell'atrio. La donna che prima ci aveva accompagnato, è accanto ad un uomo, in difficoltà con qualcosa che sta digitando sulla tastiera.
Volevo vedere mia sorella, ma temevo che la sua sarebbe stata la stessa reazione di Nancy, e, sinceramente, non volevo sentirne di altre.
Ci avviamo verso la soglia d'uscita e usciamo senza avvisare nessuno. L'aria fresca comincia a sbattermi in viso, provocandomi un leggero dolore sulla guancia oramai multicolore. Volevo piangere. Piangere così tanto e forte. Volevo gridare, rompere, distruggere qualsiasi cosa mi si trovasse tra le mani, in questo momento. Se c'era una cosa che sapevo fare, però, era trattenermi. E dovevo farlo anche ora.
Lancio un'ultima occhiata verso l'alto edificio illuminato. Non lo definivo più un esempio di moderna architettura ed ingegneria, ma il simbolo della delusione, della rabbia e della tristezza. Con passi svelti, ci dirigiamo assieme verso i binari, visibili solo grazie alla piattezza del terreno vicino.
«Così era quella la vostra migliore amica?» domanda Arin. Ripensando a quel termine che le aveva dato, "migliore amica", cresceva in me la delusione e la rabbia. Non potevo più definire Nancy la mia migliore amica. Se si fosse fatta perdonare, l'avrei accolta, ma ne dubitavo.
«Era.» rispondo secca. Ron ed Arin avevano visto Nancy come la persona trasformata dalla sua nuova Fazione: una persona arrogante, petulante e insensibile. Non come la ragazza Pacifica di un tempo, quella che era sempre gentile e mostrava a chiunque un sorriso.
Il treno comincia a sentirsi con il ruotare svelto delle ruote che sbattono metallo contro metallo. Quasi non corro più con ansia, aggrappandomi agilmente alla maniglia della portiera. Anche gli altri fan lo stesso. Il vagone sembrava un ottimo luogo in cui raccogliere i miei pensieri e dissolvere la rabbia che covavo. Ron mi si accomoda accanto, posandomi timidamente un braccio sulle spalle. Non aveva detto una parola stasera, cosa che mi aveva fatto diverse volte dubitare della sua presenza. Di solito è lui quella persona che non smette di chiacchierare, ridere e fare battute: una cosa che adoravo di lui.
«Se non volevi tirarle un ceffone tu, lo facevo io per te. Bastava chiederlo.» dice con accento di ironia. E sul mio volto si accende un sorriso. Ogni cosa che diceva rendeva un qualsiasi momento più allegro di quanto non lo fosse. Adesso volevo piangere, ma lui riusciva a rendere leggermente migliore il momento.
«No, se lo avessi dato tu non aveva più la testa appoggiata al collo.» rispondo, accennando anch'io un po' d'ironia. Anche se, poteva essere facilmente vero il mio azzardo.
«Potevi dirmi di essere delicato» continua lui che, anche se non riuscivo a vederlo, sorrideva.
«Delicato con te equivale comunque ad un livido» rispondo. Ride debolmente ed io faccio lo stesso. Mi faceva bene ridere. Un'ottima medicina per curare la tristezza e l'irritazione che in quel momento circondavano il mio mondo.
«Non so come hai fatto a trattenerti. Fosse stata una mia vecchia amica, molto probabilmente adesso sarebbe stecchita» continua, non rinunciando alla risata.
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The Divergent Series: By Tess - Divergent
Fanfic*** NOTA: Quest'opera è uno dei miei primi tentativi di scrittura. Di conseguenza ho fatto un sacco di errori (grammaticali e nella storia in se), che spero mi perdonerete anche perché ero più piccolina. Ho deciso, però, di lasciarla perché è la pri...