Io sono Zero, colui che tiene il mondo nelle proprie mani.
Una mano coperta da un guanto viola si avvicinò alla scacchiera. Sfiorò appena con l'indice, quasi volesse lasciargli una carezza paterna sul capo, la corona del re nero. Poi esitò. Si mosse e di nuovo si fermò.
Poi si decise, attraversò il campo di battaglia in orizzontale e aleggiò sopra la torre.
Cambiò idea.
Se il re non si muove, i suoi sudditi non lo seguono; ma la più forte è la regina.
Il ricordo di C.C., quasi evocato da quella parola, si fece strada nella sua mente. Regina nera. Nuda, con i seni coperti da due ciocche verdi e un marchio tra le sopracciglia. Languida eppure decisa nel suo stabilire che cosa doveva succedere e cosa no.
Regina bianca poco più avanti, coi capelli rosa e il mitra in mano.
Zero appoggiò la regina nera sulla scacchiera, tra diagonali che minacciavano due pezzi. Poi, nel silenzio, girò attorno al tavolo di gioco, a passi ben ponderati. Si sedette sulla sedia del nemico.
Il bianco, decretò, appoggiando il mento su una mano e prendendo tra le dita una torre, decide di sacrificare il cavallo.
Del resto, a nessuno era mai importato dei cavalieri.
E, per quanto fosse buia quella stanza in St. Darwin Street, per quanto fosse diversa dai campi aperti in cui si erano svolte le battaglie del Giappone, anche senza di loro il combattimento andava avanti.
Fu quasi con foga che Zero passò di nuovo dall'altra parte del tavolo – la parte del Cavalieri Neri – e davanti ai suoi occhi prese forma il Gawain, il Frame nero guidato da C.C.
Un colpo di cannone al plasma investì il mecha del Margravio Jeremiah, sciogliendo le lame che erano la sua unica arma. Quello che era ormai un ammasso di ferro sfrigolante cadde in mare, urlando le sue ultime maledizioni alla strega.
Zero chiuse il palmo attorno al cavallo bianco, poi lo allineò agli altri pezzi che erano stati mangiati. Si fermò ancora, angosciato da un'altra domanda: chi rappresentavano, allora, i pedoni? C'erano troppe persone da associare a solo sedici pedine. Dalla parte bianca, il Consiglio Studentesco con le sue feste dementi. Il signor Lloyd, che viveva nell'illusione di essere libero. La signorina Cécile, che viveva nell'illusione del suo amore.
La povera Nunnally, che nella vita non era mai stata altro che un pedone.
Fila di Giapponesi senza nome e volto dalla parte nera. Non erano tanto diversi dai Britanni, loro che sbriciolavano tra le dita vite innocenti e inneggiavano a un salvatore che non avevano nemmeno mai visto in faccia.
I Cavalieri Neri... stava ringhiando una voce nella sua testa. La partita continuava, le mosse del bianco e del nero si susseguivano con un ritmo serrato nella sua immaginazione e sulla scacchiera. Per mantenere l'equilibrio, pezzo dopo pezzo entrambe le fazioni si disgregavano, cadendo nelle mani del nemico.
Si fottano i Cavalieri Neri!
Per un caso del destino, circondati dai pochi sudditi superstiti, i due re si trovarono l'uno di fronte all'altro sul campo di battaglia.
La mano di Zero aleggiò di nuovo, come quella di un dio incerto, sulle teste dei pezzi.
Avevi ragione tu. Se desidero muovere il mondo, dovrei muovere il re.
Sfiorò la croce sulla corona del re bianco.
Sono Suzaku Kururugi e da oggi frequenterò l'accademia Ashford.
«La Morte Bianca di Britannia, a scuola con noi?»
Poi cambiò idea. Lasciò il re e alzò lo sguardo.
Lo immaginò davanti a sé come lo ricordava. Giovane, magrissimo, con il volto coperto da quella maschera nera ormai tanto comune da trovarsi tra i giocattoli in busta al supermercato. Con l'odore d'incenso che gli rimaneva tra i vestiti anche fuori casa, anche quando erano a scuola, anche...
Suzaku mosse il cavallo e diede scacco al re. Il nero era stato costretto a un bivio cruento: poteva solo arrendersi, oppure sacrificare la regina.
E tu cosa faresti, Lelouch?, pensò, passandosi una mano sul capo. Rimase disgustato quando la ritrasse e vide che qualche capello gli era rimasto tra le dita. Girò attorno al tavolo per l'ennesima volta.
Quando avevano combattuto nei cieli sopra al Pacifico, Suzaku sapeva già chi c'era sotto la maschera. Avrebbe voluto, a volte, urlarlo a tutto il mondo. Chiamare le televisioni e annunciare pubblicamente che Zero era il principe Lelouch vi Britannia.
Ma poi tornava alla realtà, e capiva che sarebbe sempre stato – anche se avesse scalato i ranghi dell'esercito – uno straniero con la pelle gialla. Uno che non avrebbero mai ascoltato. Oppure se ne convinceva, non volendo ammettere che quello stronzo di Lelouch era stato il suo primo amico.
Era stato tutto il suo mondo, prima che arrivasse lei.
Allora, che farai?, domandò di nuovo al suo interlocutore immaginario. Lascerai che la strega si sacrifichi per te... non ti importa davvero di lei, giusto?
Suzaku, il pilota del Lancelot, il Knight of Zero, aveva sul serio paura di una ragazzina, congelata nel suo corpo da sedicenne?
Per sempre bella.
Suzaku strinse le dita attorno al collo della regina.
Per sempre amata.
Con un urlo muto, la scagliò contro la parete. Ricordò di quando le sue dita, invece di dipingere ossessivamente il passato su una scacchiera, tiravano il grilletto del Cannone a Particelle. Quando il bianco scintillante della sua armatura risplendeva sotto i cieli del Giappone: il colore che avrebbe cambiato il mondo.
Lui era la purezza e la morte, il paladino e lo zero.
Si avvicinò al muro e sfiorò la scheggiatura che la regina aveva lasciato sull'intonaco. Il guanto gli si sporcò di bianco.
Che cosa era rimasto di loro, di tutti loro, ora che la guerra era finita? Avevano vissuto per il conflitto. Finto di essere dei normali adolescenti che frequentavano una qualsiasi Accademia britanna, mentre nel ventre delle loro camerette covavano la rivoluzione.
Che ne era stato della loro generazione di rivoltosi? Quando avevano cominciato a regnare sul cadavere di una nazione?
Ora tutte le colonie si stavano alzando, chiedevano la loro indipendenza seguendo il luminoso esempio del Giappone.
Mosso da una strana pietà, Suzaku si chinò per raccogliere la regina che giaceva a terra, decapitata da una spaccatura diagonale che le aveva staccato la corona. Raccolse anche quel frammento, nella speranza che in qualche modo, nonostante fosse rotto, il pezzo mantenesse la sua esoterica proprietà di rievocare il passato.
Si rialzò e vide il suo viso appena riflesso dal vetro della finestra, oltre la quale ormai il giorno volgeva al suo termine. Fece fatica a riconoscere i propri lineamenti, gli occhi ancora grandi come se non avesse finito di crescere, le labbra dritte e la forma decisa del naso.
Era meglio indossare di nuovo la maschera.
Il telefono nella tasca di Suzaku squillò. Lui lo afferrò subito e lo aprì per rispondere. Era un miracolo che un oggetto prebellico come quello fosse riuscito a resistere per così tanto tempo. Come se volesse, per l'ennesima volta, ricordargli ciò che era stato.
La finestra rifletté l'immagine dei suoi occhi che si sgranavano.
«Sì, ti avevo chiamato,» disse, dopo aver indossato la maschera che camuffava la sua voce. Da quel momento, Suzaku era tornato a non esistere. «Volevo parlare un po' con te. Dei tempi in cui eri uno dei Knights of Round, ti ricordi?»
Io sono Zero, colui che tiene il mondo nelle proprie mani.
Oppure è il mondo che tiene nelle sue mani me?
STAI LEGGENDO
Čerenkov my love
FanfictionUna fanfiction su Code Geass, ma soprattutto una storia di scienza e di arance. ✴ Sono passati cinque anni dallo Zero Requiem, atto di liberazione di una nazione intera, e ora Britannia trascina le sue vecchie ossa attraverso quello che è stato dich...