Piccole gocce di pioggia colpivano la visiera del casco di Cécile. In quel periodo in Giappone pioveva spesso, e se n'era sorpresa la prima volta in cui l'aveva pensato, tanto quanto ora le sembrava una considerazione stupida. Del tutto irrilevante.
Non era stata la prima volta in cui qualcuno l'aveva rifiutata. Gli occhi e la gola, verso cui il vento spingeva la pioggia, cominciarono a pizzicarle come se avesse un pezzo di zenzero sotto la lingua. Deglutì, ma quella sensazione non se ne andò.
Non era stata la prima volta in cui qualcuno l'aveva rifiutata, e Lloyd l'aveva fatto con cortesia. Forse aveva interpretato le sue parole come un'avance, forse in fondo non dovevano per forza essere amici se lavoravano assieme.
Le relazioni sono ciò che ci rende deboli. Lui gliel'aveva detto più di una volta, e tutto faceva pensare che ci credesse davvero.
Magari era proprio quel suo oscillare continuamente come un pendolo, tra l'estrema eccitazione e l'apatia, che la confondeva e la faceva stare così male. E non le faceva capire cosa provava per lui. Lo voleva, un amico così? Perché non riusciva a lasciar perdere?
«Ciao, Kaya,» disse Cécile con voce tremolante, varcando la porta del suo appartamento.
La sua coinquilina rispose al saluto da oltre la porta del salotto, ma quando la aprì per parlarle Cécile si era già chiusa in camera.
La ragazza si lasciò cadere sul letto, con le lacrime che le sfuggivano dalle ciglia. Prese un fazzoletto dal pacchetto che teneva sul comodino e si pulì in fretta, lasciando macchie di mascara sulla carta. Poi tirò su col naso.
Le relazioni sono ciò che ci rende deboli.
E Schneizel, e quel suo strano atteggiamento degli ultimi giorni. E il fatto che il laboratorio, assieme a tutto ciò a cui si era dedicata per anni, le sembravano sull'orlo di una faglia che sarebbe stata presto inghiottita dalla terra.
«Cecì».
Kaya bussò con delicatezza alla porta. Con un sospiro, la ragazza si alzò dal letto e la aprì. Doveva confrontarsi con qualcuno, e forse sarebbe riuscita a capire.
Doveva avere gli occhi lucidi e piuttosto rossi, a giudicare dall'espressione preoccupata della sua amica.
«Cecì, ne vuoi parlare?»
Lei si spostò dalla soglia per lasciar entrare Kaya.
«Sto... sto bene...» rispose. Si passò le dita sulle palpebre e tirò su col naso un'altra volta. «Non preoccuparti per me».
«Vuoi dirmi cosa è successo?»
«Eh...» Cécile si sedette di nuovo sul letto. Tentò di ridacchiare, ma le uscì dalla gola un suono spezzettato. Si interruppe e cominciò a tormentare il fazzoletto che aveva tra le dita. «Diciamo che ho... ho chiesto di uscire al mio capo. Non è andata tanto bene».
«Cosa?!» La mascella di Kaya calò. In fretta, la ragazza si sedette accanto a Cécile e la strinse in un abbraccio talmente vigoroso che la fece sentire piccola. Una ragazzina tra le braccia di una sorella maggiore. «Oddio, Cécile... non avevo idea che ti piacesse!»
Cécile socchiuse gli occhi e le appoggiò il capo sulla spalla. Fissando i suoi capelli corti, tinti di un arancione brillante, allungò le gambe affusolate e si sfilò le scarpe.
«No, non in quel senso...» le rispose con un sorriso. Si staccò da lei e si sedette a gambe incrociate sul materasso. «Ci sono dei problemi a lavoro e volevo parlargliene, però... non penso che il laboratorio sia un posto sicuro».
Nel silenzio si fece strada il rumore delle gocce che cadevano dal lavandino della cucina.
Kaya imitò la posizione a gambe incrociate dell'amica e appoggiò le mani sulle ginocchia.
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Čerenkov my love
FanfictionUna fanfiction su Code Geass, ma soprattutto una storia di scienza e di arance. ✴ Sono passati cinque anni dallo Zero Requiem, atto di liberazione di una nazione intera, e ora Britannia trascina le sue vecchie ossa attraverso quello che è stato dich...