REFRAIN 4/4: We were (almost) friends back then (I)

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So bring on the rebelsThe ripples from pebblesThe painters, and poets, and plays

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So bring on the rebels
The ripples from pebbles
The painters, and poets, and plays.
And here's to the fools who dream
Crazy as they may seem.
Here's to the hearts that break,
Here's to the mess we make.
I trace it all back to then:
Her, and the snow, and the Seine,
Smiling through it
She said she'd do it
Again.

(La La Land)


Il nucleo luminoso della Galassia era incrinato. La crepa proseguiva fino all'atmosfera terrestre, sottile quanto una ferita da foglio di carta attraverso la quale filtrava l'icore nero della sofferenza.

Per una curiosa coincidenza, quello squarcio nel tessuto del cosmo andava a finire sul soffitto polveroso di Lloyd, proprio dove lui aveva diretto gli occhi gonfi di stanchezza.

Il dolore sordo che da tempo era in pianta stabile lungo tutta la sua spina dorsale gli si era insinuato tra le costole e forse presto si sarebbe trasformato in un edema. Lloyd chiuse gli occhi e appoggiò la guancia sul divano, annullando così la vista ossessionante della crepa. Non vide stampata sulle retine la testata F.L.E.I.J.A. che rivolgeva il saluto militare alla gravità. Ci pensò, ma non la vide, segno che i farmaci che gli stavano atrofizzando il cervello cominciavano anche a fare il loro lavoro. Non si trovò addosso l'odore bianco della Morte, né le sue pupille si restrinsero perché la notte era diventata giorno.

Era solamente disteso, scomposto, sul divano, con una gamba alzata e piegata in modo da toccare lo schienale, come un ultimo appiglio alla realtà. Aveva le dita paralizzate e una gran voglia di fumare.

Non seppe comprendere, nel suo debole delirio sedato, se passarono secondi o minuti prima di udire una voce:

«Ho sentito di Nina, che è stata messa a capo dello Sviluppo Tecnologico». Gli ci volle un po' per capire che quella voce era la propria. «È vero che si è laureata in un anno e mezzo?»

Lloyd sollevò le palpebre e i suoi occhi vennero tagliati dalla luce. Li immaginò come la polpa viscida di un litchi, attraversata senza fatica da un coltello che gli arrivava alle tempie.

Quando quell'immagine svanì, comparve la figura di Cécile intenta a fare qualcosa dalle parti del tavolo del soggiorno. Il mondo aveva la fastidiosa interferenza sfrigolante di una lampada al neon; lui, invece, aveva la sensazione costante della sabbia sotto ai denti.

«Sì».

«In tal caso, dovrò congratularmi con lei».

Cécile si bloccò. Rimase in piedi con lo spolverino in mano a mo' di pugnale, immobile. La formosa imitazione di uno dei robot da combattimento dell'esercito.

«Lloyd,» commentò, «non è obbligato a far finta che lei le piaccia».

Cécile lo fissò con uno sguardo che stava diventando vuoto quasi quanto il suo. La malattia avvelenava tutto ciò che gli stava attorno, penetrava nella terra rendendola una palude radioattiva.

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