REFRAIN 4/4: We were (almost) friends back then (II)

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Lloyd, quasi spaventato, guardò verso il basso. Spostò gli occhi sulle proprie ginocchia, li fece scorrere sulle pieghe dei pantaloni. Strinse le dita sulla tazza, nella speranza che il calore gli facesse male e lo distraesse da quello che stava accadendo. Ma non successe: Rakshata era lì, immobile a un palmo di distanza da lui, e non sembrava avere intenzione di scusarlo. Senza nemmeno accorgersene, lui cominciò a sostenere il suo sguardo. Come avrebbe fatto una volta.

Quel duello muto fu vinto da Rakshata, ma bastò a Lloyd per elaborare un pensiero. Quando, finalmente, non sentì più sulla guancia il suo fiato che profumava di tè, riprese a parlare:

«A volte mi rendo conto che quello che penso non ha senso, ma la mia mente non fa altro che dirmi che lei se ne andrà».

Sentiva che le sue costole si stavano incrinando: qualcosa, nel suo petto, spingeva per uscire, ed era qualcosa di bruciante, come una stella.

«Tu questo glielo hai detto?» domandò Rakshata. Dopo aver finito con un sorso il suo tè, si pulì le labbra con il dorso di una mano e appoggiò vigorosamente la tazza vuota sul tavolino, come avrebbe fatto con un boccale di birra.

«Che cosa?»

«Che a volte non intendi davvero quello che dici, e che sai che sono solo paure».

Lloyd pensò a Cécile, cercò di concentrarsi sul suo viso. Lo vide corrucciato, preoccupato, sorridente.

«Credo che l'abbia capito da sola,» concluse. Quell'ultima immagine non voleva andarsene.

«Oh, non ne ho dubbi, però secondo me... tu diglielo. Anche se lo sa già». Rakshata si bloccò e, di fronte all'espressione confusa di Lloyd, non fece che accarezzarsi il mento e aggiungere un criptico: «È diverso».

Lui scrollò le spalle e fece ciondolare la testa, rassegnandosi a capire che non capiva.

«Va bene, lo farò,» le promise, lanciando un'occhiata al ventilatore. Tendeva a essere piuttosto scettico, ma era un miracolo – della scienza, beninteso – che quell'affare funzionasse ancora. E non era nemmeno la cosa più miracolosa in quella stanza. «Ogni tanto credo di star migliorando nel comprendere le persone, eppure scopro sempre qualcosa di nuovo».

E mentre Lloyd si sorprendeva di come quella frase avesse per lui molto più significato di quanto sembrasse, Rakshata si scosse i capelli leonini con una mano, accavallò le gambe e poi appoggiò i gomiti sullo schienale della poltrona.

«E tu non sei uno a cui piace scoprire cose nuove?» domandò con tono complice.

Lo scienziato si fece sfuggire una breve risata, che non aveva in sé nulla delle nevrosi che in genere le accompagnavano.

«Beh, sì, certamente». Si rabbuiò all'improvviso e, assumendo una posizione compita, cercò per qualche istante le parole giuste. «Mi devi scusare,» disse infine, «da quando sei arrivata ho parlato solo di me. Di che cosa ti occupi in questo periodo?»

«Non preoccuparti,» rispose con sincerità la donna. Porse la tazza vuota a Lloyd che si era alzato e lo ringraziò con un cenno del capo prima di proseguire: «In realtà, sono venuta qui anche per mostrarti la mia ricerca, se hai voglia. Mi hanno preso in un gruppo che sta facendo esperimenti sull'effetto del campo elettrico sulle righe di emissione».

«Oh, molto interessante!» ribatté la voce dello scienziato, di nuovo fuori campo. «Sì, mostrami pure. Tanto, come vedi, non ho niente di meglio da fare».

Nel tempo che lui impiegò a tornare in salotto, Rakshata riuscì a dichiarare l'inizio della Rivoluzione all'interno della sua larga borsa di pelle, e anche la sua conseguente fine quando trovò ciò che cercava.

Čerenkov my loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora