CAPITOLO I

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Fort Worth, Texas, 1980

Un edificio piuttosto trascurato sorge solitario in un parcheggio desolato. È ancora visibile il segno dell'insegna rimossa sull'intonaco lacerato da ampie ferite che espongono i mattoni bruni. Non è abbandonato, però, a giudicare dalle pale del condizionatore che girano con un rumore fastidioso.

Tra le poche vetture, ad attirare l'attenzione ne è una in particolare: una Lincoln di lusso – e anche molto recente- color granata, un elegante pesce fuor d'acqua in un paesaggio tanto desolato. Gli ultimi raggi del sole morenti hanno deciso di usare le finiture lucenti come ultimo specchio.

Il guidatore è abbacinato dalla luce gialla dell'abitacolo. Le sue possenti mani scure soffocano il volante in pelle crema. Non hanno peli, né calli. Il suo polso destro è ornato da un orologio d'oro raffinato, con il quadrante viola. Ad accarezzarne la ghiera d'ottima fattura è il polsino di una camicia lilla in popeline, chiuso da un gemello in ametista.

Se si seguono le righe candide del completo grigio gessato, si arriva al suo volto liscio e ben curato, marrone ombroso. La barba è tenuta in ordine, compatta, i cui peli sembrano soldati stretti nei ranghi. Gli occhi sono celati dalle lenti scure dalla montatura tondeggiante. Sulla testa calva e lucida si riflette la luce dell'auto. Si toglie gli occhiali da sole. Lo sguardo che nascondevano è così impassibile e asettico che sembra che si sia allenato per produrre un risultato tanto inquietante quanto impressionante. Due perle scure senza vita.

Si gira verso il fabbricato che osserva con una punta di dubbio; poi, dà il via a una serie di rituali. Si aggiusta il nodo della cravatta vinaccia, tira giù i lembi della giacca di modo che non ci sia la benché minima piega, stringe bene il cinturino dell'orologio.

Il suo atteggiamento e il suo aspetto austero suggeriscono una natura professionale, ma anche arida e artificiosa. Così come la sua berlina, sembra essere stato scagliato in un ambiente con cui ha poco a cui vedere.

Dopo un respiro giusto un po' più profondo, fa per allungare il braccio verso il vano portaoggetti. Si ferma per lanciare un'occhiata titubante alla maniglia, che poi apre dopo poco.

Vi estrae con uno scatto guardingo due rivoltelle che nasconde sotto il gilet del tre pezzi.

Si tratta di armi compatte, a basso calibro. Forse ne ha prese due perché non può mancare un singolo bersaglio. Ma è più probabile che le abbia prese per precauzione: una spiegazione in linea con l'aria di meticolosità e prudenza che emana.

Si avvia verso la porta d'ingresso, coperta da più strati di giornali come le vetrate che la circondano, con un'andatura lenta, ma solenne. La sua sagoma disegnata dalle spalle ampie si staglia per un metro e novanta di altezza e interrompe le fasce di colori del crepuscolo, dal rosso vivo all'indaco flebile, che si sciolgono l'una nell'altra nel blu scuro della notte, dove già nascono le primogenite pallide e appuntite del firmamento.

La porta, al contrario di quanto si aspettasse, non è chiusa a chiave. Basta un colpo alla maniglia per far sì che si sposti dolcemente.

Alla fine di un corridoio angusto aperto tra muri di sedie e tavoli accatastati alla bell'e meglio, c'è un bancone massiccio in mogano dalla superficie costellata di graffi. Tutto all'interno suggerisce che il bar dismesso è stato vittima di un lungo periodo di trascuratezza: i muri ricordano la pelle di un'iguana, fatta di scaglie di verde smorto e gonfiata dall'umidità e dalla muffa, il cui odore penetra nelle narici e rende difficile il respiro; il pavimento è quasi friabile e poche sono le mattonelle ancora al loro posto; i quadri sulle pareti sono ormai invisibili dati gli strati di polvere che ne ricoprono i vetri protettivi.

Il "professionista" non è solo; sul bancone è accasciato un uomo addormentato, con ancora la coppola sulla nuca. Per qualche istante, continua a osservarlo, poi decide di bussare lo stipite di metallo con le nocche. Dopo qualche secondo, l'altro se ne accorge e scatta come una molla, pistola alla mano.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora