CAPITOLO XIX

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I-10, Arizona

Il pick-up di Steiner continua a sfrecciare sull'autostrada vuota. Il paesaggio che lo circonda è la stessa monotona ripetizione di collinette semiaride, arbusti sparuti e enormi montagne brune e nude se non per alcuni arboscelli spogli. Steiner e Ines sembrano bloccati in un purgatorio desertificato. La noia è onnipresente nell'abitacolo, anche se i due sono calmi, ora che la minaccia è stata placata, dato che nelle ultime due ore non ci sono stati incidenti.

«Visto, alla fine non c'era nessun'altro.» Dice Steiner alla ragazzina, addormentata. «Certo che dormi sempre, tu.» Commenta, bonario, a bassa voce, senza che lei possa sentirlo.

Solo e stufo di scrutare le montagnole fatte allo stampino sulle quali aleggiano maestosi nuvoloni, decide di accendere la radio, regolando al minimo il volume con la manopola. In risposta riceve solo rumori statici a ogni giro della manopola della frequenza, fin quando non incappa dopo un po' in una funzionante.

«Crrr...» Gracchia per qualche secondo, prima che parli lo speaker. «Ultim'ora da San Francisco: il bilancio della sparatoria a Chinatown tra le forze dell'ordine e i membri della Triade, la più potente della Costa Ovest, è gravissimo: più di cinque agenti e tre membri della Guardia Nazionale hanno perso la vita e decine di criminali sono morti. Lo scontro sembra essere esploso dopo che, a detta dei testimoni, un gruppo ignoto ha assaltato il Pearl Hotel, ora in fiamme. Si at-»

L'annuncio si è interrotto di scatto. Steiner ha spostato di nuovo la manopola. Il bollettino di guerra è rimpiazzato da una melodia tranquilla e serena che non riesce lo stesso a cancellare via la sua espressione stupefatta.

«Chissà se erano gli stessi che ci inseguivano...» dice, lasciandosi fuggire un suo pensiero. Non appena realizza che la valigetta potrebbe essere legata all'ennesimo fatto di sangue va in crisi. Com'è possibile che quell'involucro di cuoio e acciaio possa essere il motivo di tanta morte e distruzione? Non può nemmeno ipotizzarne il perché, dato che non ne conosce il contenuto. E non potrà mai...

Non si tratta di denaro o droga, troppo leggera per questo. Nemmeno scuotendola ci ha capito molto, dato che produce un suono sempre nuovo: ora sembra la coda di un serpente a sonagli, ora un tintinnio metallico, ora invece non c'è alcun rumore. Non si può quindi provare in alcun modo cosa contiene e questo non gli va proprio giù.

Il desiderio di sapere per cosa lui e Ines stanno rischiando si fa sempre più intenso: continua a lanciare occhiate intense allo specchio retrovisore, piuttosto che alla strada, nella speranza che lei, seccata dal suo costante spiare, quella maledetta ventiquattrore gli riveli i propri contenuti.

Più la fissa, più agogna una risposta diretta da essa, come se desiderasse che inizi a parlare. Dopo poco, arriva l'impulso di frenare, girarsi e aprirla. Ma comunque non potrebbe così facilmente: la combinazione è un ostacolo invalicabile per la sua cupidigia. Però, immagina di aprirla, in barba all'unica avvertenza ricevuta dai ricattatori. Immagina di far scattare quella serratura, di essere inondato dal contenuto. Un desiderio tanto forte che deve stringere il volante, come se gli servisse un supporto per tenere le mani impegnate in altro.

Impossibile per lui distogliere lo sguardo: la valigetta è stata in grado di catturarlo e non ci pensa nemmeno a restituirglielo. Adesso lui non è che un banale automa che altro non fa se non premere l'acceleratore.

La fissa tanto avidamente, come se volesse torchiarla e spremere fuori da quelle pareti in pelle morta almeno un sussurro.

Pensa che la situazione sia sotto il suo controllo, ma non è affatto così: è la valigetta a tenerlo in pugno, al contrario di quanto gli aveva fatto credere lei.

Riesce a sentirne le parole. Ecco cosa desiderava. Ma presto realizza che il silenzio sarebbe stato meglio.

Da ogni spiraglio della ventiquattrore fuoriesce un vento gelido, il cui sibilo viene trasformato in parola dalle orecchie di Steiner.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora