CAPITOLO XIII

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La strada che il pick-up sta percorrendo è appena visibile sotto i fanali giallognoli ed è l'unica creazione dell'uomo che è riuscita a sfidare quella che sembra la piatta superficie di un pianeta inospitale, appena inquinata dalle punte smussate delle colline e delle montagne che provano ad arrampicarsi verso il cielo, per fuggire da tanta aridità e rifugiarsi nello spettacolo stellato che le sopraffà.

Né Augusto, concentrato nella ricerca di un posto dove dormire in quel morto deserto, né Ines, che già dorme, nonostante i tentativi di vincere all'appesantimento delle sue palpebre, si godono quel tesoro tanto prezioso. Ora si arrende e dorme finalmente. Steiner si volta per un attimo e quel volto così delicato e dolce gli strappa un sorriso. Lei è impassibile ai sussulti delle gomme sulla strada malridotta, che invece a lui danno fastidio.

Quella serenità ricostruita però viene interrotta dall'esplosione di un suono demoniaco. Il cercapersone ha preso a squillare e non vuole smettere.

Ciò sveglia Ines all'improvviso.

«Perfavore, fallo smettere.» Mormora, ancora intorpidita dal sonno.

«Mi dispiace, non posso. Prova a ignorarlo, dovrebbe smettere tra poco.»

La tortura non avrà fine fin quando non chiamerà il ricattatore; ne è ben conscio. Il timore di sentire di nuovo quella voce piatta, capace di impregnarsi di brutalità e orrori inimmaginabili, però, costituisce un grande freno.

I minuti passano, ma quel trillo sinistro non si interrompe. La cosa urta Ines, che nemmeno ne conosce le cause e spaventa in maniera indescrivibile Steiner, che proprio non ne vuole sapere di sostenere l'ennesimo colloquio con quell'interlocutore tanto misterioso. Vorrebbe tanto sottrarsi da quel sofferto obbligo, nonostante sia ben conscio che ciò è impossibile. Non c'è nemmeno un luogo dove fermarsi. La sua tensione si tramuta ben presto in una sentita esasperazione. Preferisce sopportare le sevizie acustiche di quello strumento, piuttosto che distruggerlo o almeno disfarsene. Anzi, proprio non riesce a immaginarsi le suddette eventualità: è come se quell'aggeggio fosse protetto da un sigillo che lo rende intangibile persino nel reame delle idee.

Per fortuna di Ines, ma sfortuna di Steiner, una stazione di servizio si materializza come un miraggio lontano, tanto da essere quasi invisibile. Tutte le luci sono spente e ci si accorge della sua presenza solo perché la sua silhouette taglia un buco buio e squadrato nel firmamento vivace. Steiner continua a guidare verso di essa, sebbene sia con molta probabilità abbandonata. Quando sono vicini a sufficienza, si rende conto di una piccola luce, che illumina l'interno di una cabina telefonica vetrata. Riluttante, parcheggia e scende, con il cercapersone alla mano, senza nemmeno dare a Ines la possibilità di chiedere cosa stia succedendo.

La luce debole dei fanali rivela la verità – alquanto disturbante- sull'edificio vuoto. Le pareti sono annerite, le finestre non hanno vetri e le lamiere della tettoie sono fuse. Non c'è dubbi, è stato il protagonista di un incendio. Come se non bastasse, un'aura strana ne invade il parcheggio. Steiner percepisce un qualcosa di sinistro, una sensazione anomala suscitata da un elemento "fuori posto" che però non riesce a identificare. Non trovando una spiegazione, non può far altro che mormorare a denti stretti.

«Questo posto fa cagare.»

Riceve una risposta, inaspettata, il che lo fa sussultare. Non è solo come pensava...

«Non chiedere, non chiedere...» sente. Lo spiffero sembra più una folata di vento, leggermente acuta, che una voce umana. Ma ciò lo terrorizza lo stesso e impugna già la pistola.

«Chi cazzo è?» urla.

Anche Ines si spaventa e attiva la sicura.

Il sibilo di vento non si attarda e ripete quel che aveva già detto.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora