CAPITOLO XIV

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«Ines, svegliati. Siamo arrivati.» sussurra Steiner, mentre la scuote con ferma delicatezza.

Sono in un parcheggio desolato, illuminati da una luce verde a intermittenza, emanata dai neon della grande insegna, che recita: "Wingman Motel".

Ines, infastidita dal getto verde, non lascia più di una piccola fessura tra le palpebre. Mormora confusa, senza farsi capire.

«Ho trovato un posto in cui dormire. Su, scendi.»

Lei annuisce, ma poi richiude gli occhi e rimane comoda sul sedile.

«Ines, dobbiamo entrare. Il proprietario potrebbe andarsene da un momento all'altro.» Insiste, questa volta più risoluto. Lei non se lo fa passare per l'anticamera del cervello e Steiner riprende a scuoterla finché non si arrende.

«Ok, ok, andiamo.» Borbotta lei, che si trascina ancora la stanchezza dovuta all'interruzione del sonno nelle sue frasi pastose.

«Era ora...» Mormora Steiner, fra sé e sé, mentre, borse alla mano, si dirige verso la porta.

Si scorge l'interno della "hall", i suoi muri azzurrino tenue, il bancone bianco al quale è seduto un omino, dal volto celato dal giornale che sta leggendo.

«No, questo posto non mi piace.»

«Ma cosa ha di strano, Ines?»

«Non lo so... Non mi sembra un bel posto. Non mi fido.»

«Pff...» sbuffa Steiner, per screditare il suo timore. Ma, dopo quel che è successo, un sano dubbio si annida nella sua mente. Prima di entrare, bussa sul vetro.

L'uomo dietro la scrivania abbassa di poco il giornale, non abbastanza da rivelarne il viso, ma lui lo prende come un invito a entrare.

«Buonasera, ha delle stanze disponibili?»

«Quante ne vuole. Siete i primi clienti della settimana.» Replica una voce flebile e delicata, il cui proprietario è ancora restio a spostare il giornale.

I due, straniti, entrano a piccoli passi. Il resto della hall non è più entusiasmante del lato visibile dall'esterno: ci sono due poltrone vecchie e un tavolino da caffè così sobbarcato di vecchie riviste che sembra prossimo a spezzarsi in due. Ciò che colpisce è il grande quadro appeso dietro alle poltrone.

Raffigura due aeroplani a elica che si inseguono. Sullo sfondo, l'oceano color blu di Prussia, infestato da navi da guerra, molte delle quali fumanti. Quello in primo piano è stato colpito dalle mitragliate dell'altro. Una densa nube di fumo nero lo avviluppa, nata dalle lingue fiammanti che gli divorano l'ala destra. Dietro ai due duellanti volteggiano altri aerei, che illuminano la tavola plumbea sopra il mare con gli spari brillanti. L'opera è di un realismo incredibile: l'aereo colpito sembra quasi sfondare il sottile confine della tela e schiantarsi sulle poltrone, ricoprendole di detriti incandescenti.

Non è di certo l'unica decorazione a tema "aeroplani". Al lampadario sono appesi dei biplani, un'antica giostra dai movimenti ormai arrugginiti che fanno sembrare quei modellini immobili, data la lentezza dei loro minuscoli passi. L'uomo, infatti, sta leggendo un periodico sugli aeroplani e, sul bancone, c'è un modellino di un P-51 Mustang di dimensioni considerevoli. La fusoliera in alluminio, ben lucidata, del caccia statunitense riflette come un prisma i raggi della lampada.

Il portiere abbassa il magazine. Il volto è segnato dal tempo, i capelli fini, grigio scuri, sono raccolti da una linea al lato. Sul naso importante sono conficcati degli occhiali spessi a montatura quadrata.

«Bello questo quadro, vero?» chiede. Ma indica quello che si trova dietro la sua postazione, non quello che stavano prima osservando sorpresi gli altri due.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora