CAPITOLO XI

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Steiner abbassa il finestrino.

«Non compro nulla, mettitelo bene in testa.» Afferma, ancor prima di dare ascolto a Ines, che ribatte infastidita: «È ok, nonno, non ti vendo un bel niente.»

«Perché mi hai fermato? Guarda che tra poco esce il verde!»

Solleva il cartello. «Sto cercando qualcuno che mi ci porti, ma nessuno di voi buzzurri si sognerebbe di uscirsene da questo deserto!»

Lui dubita un po' di una coincidenza tanto bizzarra, ma preferisce tenersi per sé tale osservazione.

«Ehi! Io ci sto andando, a Los Angeles. E con questo?» le domanda, sulle spine.

I suoi occhi luccicano, già speranzosi di aver trovato un aiuto. Purtroppo per lei, però, Steiner non sembra tanto un buon samaritano.

«Mi potrebbe dare un passaggio, signore? Perfavore, perfavore...» supplica, con degli occhioni da cerbiatto orfano e con un tono più melenso, ma con scarsi risultati: l'altro è proprio irremovibile.

«Un passaggio che dura un giorno, come minimo...» afferma, poco convinto. «E non hai sentito il telegiornale? In New Mexico c'è un assassino autostoppista. Non mi prendo questo rischio! Ora spostati, che è già giallo.»

«Casomai, un assassino di autostoppisti... E poi, non puoi davvero pensare che una ragazzina tanto innocente possa essere una serial killer!»

«Le apparenze ingannano. E se fossi io il serial killer? Magari lo è qualcun altro che vorresti fermare! Prendi un Greyhound, ragazzina.»

Ines, colta di sorpresa, perde la sua furbizia e lo inizia a pregare impacciata e sempre più insistente .

«Non ho i soldi! Ti scongiuro, fammi salire! Se proprio sono un peso, mi puoi anche lasciare a Tucson. Ma qui non posso restarci, davvero! È troppo pericoloso! Aiutami, voglio solo tornare dalla mia nonnina...» ora, però, le sue suppliche sembrano davvero sincere... E disperate. Sembra infatti che stia per piangere: è troppo anche per un inganno.

Ciò basta a sciogliergli i nervi. Infatti, accosta a lato della strada, per capirci qualcosa in più. Lei già crede di avere il permesso di salire in auto, ma Steiner la ferma. Vuole continuare a farle domande, poiché ha il timore che  sia una spia.

«Allora, vuoi farmi salire o no? Almeno non farmi perdere tempo, sarà buio, tra poco. È pericoloso, per me!» afferma, rattristata dalla perdita di un'occasione per fuggire.

«Se rispondi a qualche altra domanda, ti farò salire. Devo capire se posso fidarmi, prima.»

«E perché non dovresti, eh? Non capisco! Mi fai tutte queste domande e poi magari non mi aiuterai nemmeno.»

«Sono anche io in una situazione complicata, va bene?»

«Va bene, va bene, ma non mettermi false speranze. Dimmi chiaro e tondo se mi vuoi o no.» Brontola lei.

«Come ti chiami e quanti anni hai?»

«Ines. Ho diciannove anni.»

«Perché devi andartene da qui?»

«Devo dirti proprio tutto!?» sbotta, irritata da quella curiosità tentacolare di Steiner. «Non sei mica costretto ad aiutarmi, se non vuoi.»

«Non ti ho mica chiesto vita, morte e miracoli di Ines...» si ferma, di proposito, per esortarla in maniera implicita a dirgli anche il cognome.

«Buenaventura, contento?»

«Almeno so anche il tuo cognome.» Esclama, mentre le osserva il viso con attenzione. Scorge i segni delle percosse del suo boss e chiede subito lei come se li sia fatti, preoccupato.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora