Il cercapersone non smette di squillare; la cosa tormenta Steiner, che ha ripreso ad accelerare.
Il breve momento di umanità che si era riconquistato è stato decapitato dal suono diabolico e Ines è rimasta turbata dal modo brusco in cui è stata respinta.
«Ma che ti prende?» domanda, delusa. È una frase che ormai ha pronunciato fin troppe volte. Perché l'ha rigettata così, senza nemmeno guardarla, dopo pochi minuti che l'aveva stretta a sé? Ines sta iniziando a pensare che, in fondo, lui è come tutti gli altri. Non la comprende e sarebbe pronto ad abbandonarla. Non è cambiato molto dai giorni del Condor.
«Scusa.» Mormora più volte, mentre cerca di tenere sotto controllo il motore che nitrisce come un cavallo impazzito. Lei stringe le labbra e seppellisce gli incisivi nel labbro inferiore.
«Basta, cazzo, basta!» urla poi Steiner, che non sopporta più la tortura.
I goccioloni di pioggia, sempre più grandi e pesanti, mitragliano il tettuccio. Il cercapersone non intende smettere di suonare e il suo ritmo maledetto diventa sempre più sincopato e intenso. Steiner grida dolorante mentre massaggia la tempia, nella vana speranza di alleviare il mal di testa martellante provocato dal cercapersone, spostato dalle sue stesse vibrazioni.
Ines è stata vinta dalla paura: stringe la maniglia interna con una mano e si aggrappa al sedile con l'altra. Gli occhi sono spalancati dai muscoli che tirano indietro le palpebre e la bocca rimane aperta dalle labbra tremanti.
«Dove cazzo è un telefono? Dove cazzo è?!»
Steiner sfoga la furia spingendo sempre più forte l'acceleratore. Ma ciò non lo sottrarrà dal supplizio. L'unico risultato è la coltre nera sputata dalla marmitta, il colpo di tosse del motore stremato. Le ruote scivolano sull'asfalto inzuppato e lo sterzo inizia a ribellarsi ai comandi imposti.
Lo sbandamento aumenta il terrore di Ines, che inizia a piangere con la stessa abbondanza della pioggia. Supplica a bassa voce, mentre Steiner grida sia per il dolore che per il timore di perdere il controllo del mezzo. Lo stridio sull'asfalto è allucinante, ma non riesce a superare il tintinnio irritante del cercapersone.
«Basta!» urla di nuovo Steiner, mentre boccheggia e deglutisce nervosamente.
«Augusto, rallenta o moriremo!»
«Non...Non...Non riesco!»
Ines strizza le palpebre per non vedere la morte e da esse continuano a scorrere senza tregua le lacrime.
Steiner serra le mani intorno al volante mentre intanto i muscoli sono in una tensione quasi dolorosa, per vincere sulla disobbedienza del motore. Non importa quanto cerchi di staccare il piede dall'acceleratore: quello vi sembra incollato. Le sue urla si trasformano in un lamento frustrato, una preghiera per trovare un telefono, pur di interrompere il lancinante squillo.
«Buttalo fuori dal finestrino, cazzo!»
Steiner osserva l'ammasso di circuiti e plastica con uno sguardo carico d'astio e, fermo nell'intenzione di sbarazzarsene, tira giù il finestrino. La pioggia inonda l'abitacolo, sospinta dal vento, che gli sferza la guancia e il braccio esposto. Solleva il cercapersone, stretto nel pugno come per soffocarlo o frantumarlo con la sola morsa.
Si appresta a gettarlo fuori, ma il braccio è paralizzato. Non importa quanto provi a lasciar andare la presa: è impossibile. Stringe i denti e grugnisce, con il volto rosso per lo sforzo, ma lo strumento rimane incollato alla sua pelle. Il volto si fa livido, i denti cigolano, mentre grattano gli uni sugli altri. Il braccio cede e si indolenzisce, ma senza che la mano riesca a liberarsene. Steiner sta per collassare, così come la mano aggrappata al volante, l'ultima loro salvezza.
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How to kill Innocence
ParanormalTRE DESTINI INTRECCIATI NEL DESERTO AMERICANO Stati Uniti, 1980: un sicario silenzioso, all'apparenza un professionista gelido dall'animo calcolatore, viene assoldato da una famiglia mafiosa per un compito abbastanza semplice, trasportare una valige...