CAPITOLO IV

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Club Almas, Santa Brigida, Texas

«Io e Manolo ce ne andiamo.» Fa una profonda voce maschile.

«Ciao. Noi tra poco chiudiamo tutto e ce ne torniamo a casa.» Replica un altro.

«E scusate, la valigetta?» Domanda un terzo, mingherlino, che sta indossando la giacca.

Da lontano, in effetti, si sente il clangore periodico di un martello che picchia su uno scalpello.

«Apriamo quella e chiudiamo il bar, ok?»

«Capito. Stammi bene, Gustavo.»

L'uomo con la voce profonda e il mingherlino escono, ma si dimenticano di chiudere la porta.

«Quelle merde non chiudono mai la porta.» Sibila a denti stretti uno dei quattro criminali del Marty's, che gioca a carte con un altro.

«E allora, se ti dà così tanto fastidio ti alzi e la vai a chiudere.» Esordisce, seccato, il boss.

«E va bene! Ora vado, ma ho una mano troppo importante, devo prima finirla.»

«Fa' come vuoi. Tempo mezz'ora e leviamo le tende, tanto.»

Dopo aver detto ciò, il boss si allontana dal bancone e inizia a bussare con violenza sulla porta di un ufficio laterale.

«Quanto cazzo ti ci vuole per aprire 'sta valigetta? Non abbiamo tempo da perdere. Veloce, prima che se ne accorga quell'idiota! Non mi fido di quella bocca larga di Luisa.»

«Quasi fatto.» Sbotta qualcuno dietro la pesante porta.

«Però ti piacciono i pompini della bocca larga, jefe! [1]» Afferma ridacchiante uno dei due che giocavano a carte.

«Stiamo parlando di lavoro, imbecilli. E spegnete quel cazzo di jukebox! Altrimenti Herbert chiama di nuovo gli sbirri come l'altra sera.»

«Va fatto fuori, quel vecchio di merda...»

«Ah sì? E come glielo spieghiamo allo sceriffo un omicidio nella sua zona? Non possiamo permetterci altri sbagli, altrimenti ci rispedisce in Messico con un calcio in culo!» chiude, astioso, il boss.

«Ho capito, ma non possiamo nemmeno fare festa?»

«Spegni quel maledetto jukebox e basta! Siete dei cazzo di ragazzini impertinenti, non ce la faccio più con voi! Qui facciamo sul serio, cristo!» strepita l'altro. «E poi, siamo solo in cinque, razza di deficiente! Quale festa vorresti fare, eh?!»

Controvoglia, uno dei due giocatori si trascina in direzione del jukebox e lo spegne, non senza mormorare insulti al boss, che per sua fortuna non li ha sentiti.

«Scusa, chiudi anche la porta, perfavore.» Gli richiede l'altro, ma in risposta riceve solo un volgare rifiuto.

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Il professionista continua a stritolare il volante in preda al panico. Si aspetta che il Club Almas si materializzi davanti a lui come per miracolo, ma non c'è nulla se non deserto tagliato dall'asfalto dritto al centro. Ormai non ha più speranze di riuscire a vincere questa folle corsa contro il tempo.

Dopo un po' incontra un'altra auto proveniente dal senso di marcia opposto, più lenta, che viene travolta dal vortice di vento che la Lincoln si trascina dietro. Il conducente suona il clacson, ma il professionista non se ne cura. La tensione che gli straccia i muscoli un po' si è allentata: forse si è illuso, senza una logica apparente, che sia vicino al Club.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora