CAPITOLO XII

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Caldwell, New Mexico

I fratelli Steiner sono entrati nell'ufficio di Cesar. La luce calda proveniente dal lampadario articolato piomba sulle pareti tassellate in rovere nero come il carbone. Nei pannelli sono ritagliate librerie sovraccariche di grossi volumi rilegati in pelle, la cui maggior parte è di argomento giuridico. Non mancano però, altri tipi di saggi e libri di narrativa, dai più recenti ai più antichi. Le pareti libere, invece, sono soffocate da onorificenze, meriti ed encomi di tutti i tipi, tra i quali campeggia la sua laurea in legge. Ci sono anche targhe commemorative legate al suo operato da assessore e vicesindaco, completate da soprammobili e decorazioni pregiate. L'arredamento è sì costoso, ma non è un grido del lusso in cui l'uomo nuota, anzi: è un tripudio di sobrietà ed eleganza.

Il perno centrale che tiene insieme tutta la stanza è però la grande scrivania in rovere, sotto la quale è disteso un tappeto persiano lapislazzuli e oro. Sulla scrivania sono disposti in ordine certosino oggetti di cancelleria artigianali e un telefono nero slanciato e aerodinamico, figlio dei '70. Non si può dire che non abbia gusto. Appeso ad una parete c'è un fucile che assomiglia a quello sequestrato ad Augusto.

«Dimmi che ci fai qui, veloce, che mi farai raffreddare la cena.» Cesar è assai minaccioso e si tiene ben lontano dal fratello: sono, in pratica, agli antipodi del tappeto.

«Proverò a ignorare per un attimo il fatto che stai scarrozzando una fottuta ragazzina. Basta che ti levi dai piedi, ok?»

«Ancora con questa storia? L'ha detto anche lei che è la figlia del vecchio Martinez.»

«Augusto, non esiste nessun Martinez, non sono stupido quanto pensi. Nessuno con quel nome ha mai vissuto da noi.»

«Ma se manchi da casa da almeno quarant'anni, cosa ne vuoi mai sapere?»

«Io manco da casa perché, a differenza tua, ho deciso di fare qualcosa con la mia vita, di continuare a studiare.»

Il risentimento di Cesar nei confronti di Augusto è palese, ma lui ha deciso di non starsene più tanto buono.

«Ecco qui, è arrivato mister avvocato! Sentitelo, sentitelo! Lui ha avuto il coraggio di farsi in quattro! Complimenti!» grida, infatti, mentre si avvicina a lui.

«Sì, sì, io ce l'ho avuto, il coraggio di farmi in quattro. E tu, Augusto? Tu cosa hai fatto? Sei stato chiamato nell'esercito e poi hai continuato a spalare la merda nei campi come papà. Bella vita, eh?!» Ribatte, beffardo e pungente, l'altro. Augusto, deluso e risentito, gli lancia un'occhiataccia. Deve rimanere calmo, ma non ci riesce.

«Razza di coglione! Se oggi sei qualcosa, lo devi solo a tua moglie e a suo padre! Se non ci fossero stati loro, saremmo stati a spalare la merda insieme, non mentire a te stesso!»

«Ah sì, fallito del cazzo? Vedi di stare zitto, o almeno dimmi perché sei qui, prima che ti cacci.»

Augusto, mentre assorbe le tremende offese, rimane in silenzio.

«Volevo...» si schiara la gola. «Volevo solo chiederti di badare a Rudy per un po', tutto qui...»

«Certo, certo! Ora bado al tuo sacco di pulci mentre vai a scoparti in santa pace quella bambina, no? O forse vi volete pure sposare a Las Vegas?»

«Oh, Cristo Santo, smettila! Non voglio più sentirti dire cose del genere! Io voglio solo aiutarla!» urla Augusto, con lo sguardo basso e i denti che digrignano, mentre la vena sulla sua fronte si gonfia di sangue a dismisura.

«Eccolo che fa il pazzo! Lo sai bene perché dico così, bastardo! Dopo quello che hai provato a fare a Lucy... Dovresti ringraziare di essere vivo, sai?»

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora