CAPITOLO VIII

65 10 32
                                    

Un uomo di spalle osserva la silenziosa pianura ricoperta d'erba che si staglia all'infinito davanti ai suoi occhi, seduto su una sedia a sdraio, affiancata da altre due vuote. A dire il vero, dallo schienale dell'ultima, quella alla sua destra, emerge la canna di un fucile. L'uomo, turbato dalla sua presenza, si gira di scatto nella sua direzione: è proprio il profilo di Steiner.

Lancia di tanto in tanto occhiate rapide, volte a non farsi notare. Da chi, è un mistero: è forse l'unica anima viva nel raggio di qualche centinaia di metri, se non chilometri. Ogni sguardo fuggente gli serve a studiare tutte le caratteristiche dell'arma: i suoi raffinati intarsi sul ricevitore, ognuna delle striature del calcio in legno chiaro, il cane oliato e lucente, la leva, la canna che riflette un'immagine deforme dell'ambiente circostante. Ciò che però fissa con cupidigia e timore è proprio il grilletto. In fin dei conti, il colloquio con il sacerdote non gli ha fatto cambiare idea. Continua a rimirare la sua futura assassina, quella carabina così antica ma allo stesso tempo dall'aspetto nuovo, fresco e lucido. Non nasconde il timore e la titubanza che gli deviano lo sguardo. Prima di esplodere l'ultimo colpo, vuole conoscerla ancora meglio; non importa che l'abbia maneggiata così tante volte da erodere le sue impronte sul suo corpo elegante, sente ancora che non basta per concedersi a lei. Ora, invece, non si azzarda nemmeno a sfiorare quell'arma con un movimento rapido del polpastrello. Non toccherebbe nemmeno la sua cinghia a tracolla in cuoio scura che ha l'aria di dover essere cambiata.

Dopo questo pericoloso e allettante gioco di sguardi, decide di tornare a concentrarsi sul paesaggio. Dopo un sospiro pesante, fa sprofondare il capo verso il basso.

«No, no, non posso farlo.» Mormora, per poi voltarsi un'ultima volta verso quel pozzo di tentazione. Torna a guardare il cielo blu. Il sole scende pian piano e non manca più di un'ora al tramonto. Non è di certo il nugolo di fiamme ruggente da cui si era dovuto riparare sotto il porticato durante il lavoro duro nel suo terreno ormai incolto: i suoi raggi ora sono fiochi e stanchi, proprio come lui.

«Chissà quale dovrebbe essere la mia missione...» si interroga, dubbioso. Rimugina ancora sulle parole del sacerdote. Nessuno si degna di rispondere alla sua domanda fievole, se non il vento che sibila tra gli alti fili d'erba giallognola. Un fruscio dolce e prolungato lo accompagna, come quello di un fiume che scorre placido nell'alveo. Culla anche le chiome dei pochi sparuti alberi del pianoro sterminato, interrotto solo dai pali dell'elettricità e dai loro fili, più simili a spaghi da questa distanza, molli e suscettibili alla brezza.

Steiner potrebbe rimanere in questo paradiso fino alla fine dei tempi, senza che nessuno sogni di disturbarlo. Sì, quel paesaggio ormai lo conosce a memoria, ma la magnifica danza della vegetazione e il maestoso e cesellato sfondo delle Organ lo convincono a distrarsi dall'arma.

Quel momento idilliaco viene però spezzato da una presenza aliena. Una vettura argentea sbanda pericolosamente, appena sopra il tetto di paglia che copre la strada. Il guidatore ne ha ormai perso il controllo e a Steiner sembra che corra il costante rischio di finire oltre la banchina e di infettare con sangue e lamiere quel prato tanto indomito.

Un fragoroso boato interrompe il silenzio. L'inevitabile si è appena consumato.

Poi, lo stridio delle gomme che frenano disperate sull'asfalto e il rumore metallico di una collisione, più contenuta rispetto alla prima. Steiner, allarmato, si alza. Una sinfonia di pneumatici che bruciano con acuti lo accompagna. Il vento si è fermato all'improvviso ed ora sulla pianura regna un silenzio lugubre e tombale.

È sul punto di recarsi a dare soccorso alle sicure vittime di un incidente così apocalittico, quando fuori dal suo campo visivo si apre uno scontro a fuoco.

Caotiche sovrapposizioni di esplosioni gli vibrano nei timpani e sembrano non fermarsi mai. Ogni tanto da quel minestrone di piombo e zolfo si può sentire un'arma di piccolo calibro, poi la raffica di un mitra e il boato di un fucile. Il cane di Steiner abbaia già imbizzarrito e a rotta di collo lo seguono gli altri del vicinato.

How to kill InnocenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora