È strano che siano passati già due anni. Come passa in fretta il tempo quando vorresti che si fermasse. Mi sono sempre chiesta se ce l'avessi fatta a superare il primo mese e invece eccomi qui. Sul mio letto che ha assorbito lacrime su lacrime . In questa camera dove ho urlato tutto il mio dolore ricevendo in risposta il silenzio. Non ci credo ancora che sono qui quando un anno fa ho cercato di farla finita. Volevo solo porre fine alla mia sofferenza, smettere di provare questo costante senso di vuoto e la consapevolezza che non ho nessun motivo per vivere. La vita si è portata via l'unico motivo che avevo per vivere e con lui anche una parte di me. Penso spesso al perchè la vita abbia deciso di darmi la cosa più bella che avrebbe potuto per poi strapparla via da me. Forse si diverte a prendersi gioco di noi, o forse vuole vedere fino a che punto riusciamo a sopportare il dolore. E io sono arrivata al limite. Poteva prendersi qualunque cosa avesse voluto e invece si prese la cosa più preziosa. Di me non è rimasto niente, solo un corpo privo d'anima. Ormai sono due anni che sopravvivo senza vivere davvero. Sopravvivo perchè sono stata obbligata a rimanere in questo mondo ma non intendo far niente per rimanerci. Non mi interessa mangiare, infatti molte volte i miei genitori mi obbligano, e opponendomi non faccio altro che alimentare discussioni. Ma loro non capiscono, o non vogliono capire. Non hanno ancora capito che qualunque cosa facciano o dicano non mi farà cambiare idea. Voglio essere lasciata in pace. Voglio continuare la mia "vita", se così può essere definita, in questo modo.
Così mi tirai su e guardai la sveglia: erano le tre di mattina. Le notti spesso le passavo a pensare al senso della vita, al mio destino e a tutto quello che era successo. Cercavo un senso a tutto questo, ma non lo trovavo.
Sospirai e presi un libro. Amavo leggere. I miei genitori cercavano di distrarmi comprandomi nuovi libri convinti che questo avrebbe potuto aiutarmi. E a quanto diceva lo psicologo era così. Io ,invece, mi sentivo sempre uguale e a tratti anche peggio. Ma loro credevano fermamente nel lavoro dello psicologo e così erano un po' più tranquilli. Accesi la lampada e cominciai a leggere.La sveglia suonò.
Erano le 6:30 a.m e come al solito mia madre entrò in camera
«Tesoro, sveglia, devi andare a scuola» disse e quando mi vide con il libro in mano sospirò. Ormai era abituata al fatto di trovarmi a leggere. La guardai, e chiusi il libro.
«Certo mamma, vado a prepararmi»le dissi. Non trasparì nessuna emozione nella mia voce.
Lei mi guardò preoccupata e poi uscì dalla camera. Mi dispiaceva vederla in quello stato ma non potevo farci niente, avevo già deciso. Aprii l'armadio e amareggiata guardai la grossa pila di vestiti, piegati e ordinati. Mia madre era una maniaca dell'ordine e doveva riordinare qualsiasi cosa non fosse al proprio posto. Presi a caso una felpa nera e dei jeans. Non ero come le altre ragazze che si preparavano accuratamente i vestiti per l'indomani, io mi alzavo e prendevo vestiti a caso. Non la ritenevo una cosa importante da fare, apparire ordinata e felice quando dentro di me stavo scoppiando. Volevo essere notata il meno possibile, odio quando l'attenzione è su di me. Voglio essere invisibile.
Mi vestii in fretta e fui pronta. Non mi truccavo mai, ero una ragazza acqua e sapone. Scesi in cucina e diedi il buongiorno ai miei genitori. Mio padre stava leggendo il giornale e quando mi vide si bloccò e mi sorrise.
«Buongiorno, amore, oggi ricordati che dobbiamo andare dallo psicologo» disse.
Nonostante cercasse di sorridere si vedeva stava fingendo.
«Ah, va bene.» dissi.
Presi la borsa e senza dire una parola uscii di casa. Odiavo andare dallo psicologo, per me era una perdita di tempo. Non mi serviva parlare con qualcuno del mio dolore, nessuno avrebbe capito.
Mi diressi alla fermata dell'autobus e aspettai che arrivasse. Dopo circa dieci minuti arrivò, salii e presi posto in fondo. Ero stanca e siccome la sera precedente non avevo riposato, mi addormentai.
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La solitudine incontrò l'amore
Truyện NgắnAlice era una ragazza come le altre. La solita ragazza con semplici occhi marroni ma che al suo interno nascondevano sofferenze e paura. Paura di vivere, paura di innamorarsi ancora, paura di rimanere sola. Passava le giornate sui libri, a leggere...