Il giorno seguente andò meglio,nonostante mio padre fosse arrabbiato perché mi rifiutai di parlare con lo psicologo. Ma non me ne preoccupavo più di tanto, gli sarebbe passata.
Come tutti gli altri giorni andai a scuola e per mia sorpresa, come per la mia insegnante, arrivai puntuale. In tutto l'anno le volte in cui sono arrivata puntuale si possono contare sulle dita di una mano.
I professori conoscevano la mia situazione attuale e mi lasciavano perdere. Non mi chiamavano per interrogarmi, sapevano che non avrei detto una parola e per evitare perdite di tempo non mi prendevano in considerazione. Ovviamente rischiavo di perdere l'anno ma è una cosa di cui non mi preoccupavo. Ormai non mi preoccupo di niente perchè tutte queste cose che prima avevano valore adesso non ne hanno più. Se prima mi preoccupavo della mia vita e di cosa avrei fatto una volta essermi diplomata, adesso non me lo chiedo più. So che non vivrò tanto a lungo.Solitamente a ricreazione resto in classe a leggere ma siccome oggi mi sono dimenticata il libro, cosa che non succede mai e ancora mi chiedo come io abbia fatto a dimenticarmene. Così mi dirigo verso il bar. Lì almeno il posto è caldo e accogliente mentre qui è freddo.
Quando arrivai vidi la folla che si era radunata per prendersi da mangiare creando una gran confusione. Non capivo cosa ci trovassero di buono in quel cibo che a me faceva venire la nausea. Cercai di sorpassare la folla di ragazzi quando qualcuno mi urtò. Essendo magra e minuta quasi caddi ma una mano mi afferrò con sicurezza. Quando alzai lo sguardo vidi un ragazzo moro che mi sorrise.
«Ehi, stai bene?» disse preoccupato.
Mi incantai a guardarlo.
Aveva i capelli mori in un taglio ben definito e curato. Indossava una camicia azzurra che risaltava il suo fisico e dei semplici jeans. Ma quello che mi colpì di più furono gli occhi. Aveva dei grandi occhi azzurri, come il colore del cielo, e dentro avevano una piccola sfumatura di verde. Aveva anche delle adorabili fossette. Lo guardai ammirata.
«Eii ci sei?»mi sventolò una mano davanti al viso.
«Ehm..si» risposi confusa.
Perchè mi sentivo in quel modo? Doveva essere stato il colpo che ho preso. Ma non avevo battuto né la testa né qualsiasi altra parte del corpo. Oggi mi comportavo in modo decisamente strano.
«Sono contento che tu stia bene» disse e mi sorrise.
Dovetti ammettere che ha davvero un bel sorriso.
Mi guardò incuriosito e mi sembrò che il tempo si fosse fermato, che ci fossimo solo noi due.
«Io sono Cristian» si presentò.
Mi porse la mano. Lo guardai come si guardano i pazzi, come se fosse scappato da un manicomio. Perchè evidentemente era pazzo. Perchè era amichevole nei miei confronti? Non capiva che non volevo che le persone cercassero si conoscermi? Chi gli dava il diritto di essere dolce con me?
Presi coraggio e dissi «Io sono Alice. E scusa ma devo andare» E mi allontanai velocemente senza dargli la possibilità di replicare. Quando fui abbastanza lontana mi accorsi che non mi aveva seguita, e rimasi delusa. Non ne capivo il motivo. In fondo io non lo conoscevo e ho giurato a me stessa che non avrei mai e poi mai permesso di far entrare qualcuno nella mia vita. Mi sono comportata in modo educato nei suoi confronti, credo. Alla fine però mi rendo conto che non l'ho neanche ringraziato. Ma poi ripensandoci non è importante perchè non lo rivedrò mai più.
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La solitudine incontrò l'amore
Short StoryAlice era una ragazza come le altre. La solita ragazza con semplici occhi marroni ma che al suo interno nascondevano sofferenze e paura. Paura di vivere, paura di innamorarsi ancora, paura di rimanere sola. Passava le giornate sui libri, a leggere...