Verità.

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Restammo abbracciati per un po' ma poi Edoardo sciolse l'abbraccio. Mi guardò e sorrise, accarezzandomi una guancia. Il sole splendeva alto nel cielo e l'aria profumava di fiori, precisamente di margherite. Mi sentii bene, per la prima volta mi sentii felice, come se avessi trovato il mio posto nel mondo. Era così bello mentre guardava il cielo, sorridendo. Non potei far altro che guardarlo e chiedermi cosa avessi fatto per meritarmi una persona come lui al mio fianco. Lui si voltò a guardarmi e dalla sua espressione seria capii che era il momento di parlare, ma seriamente. Basta segreti, basta bugie, dovevamo essere sinceri l'uno con l'altro, altrimenti non sarebbe durata a lungo. Non si può costruire un qualcosa su una bugia, bisogna sempre dire la verità per quanto orribile possa essere.
«Perchè hai inventato questa bugia?» mi chiese, guardandomi negli occhi.
«Per allontanarti» risposi, sinceramente.
«Perchè?» mi chiese, confuso.
«Perchè avevo paura di quello che provo per te» risposi, con lo sguardo rivolto verso il basso.
Lui mi sollevò il viso con le dita per guardarlo negli occhi. Mi guardò con una tale intensità che faticavo a capire cosa stesse pensando.
«Ali..sai che io tengo a te più di ogni altra cosa al mondo, sono disposto a tutto per averti ma devi venirmi incontro. E penso che tu non sia del tutto sincera in questo momento» finì, alzandosi.
«Ti sto dicendo la verità» dissi fermandolo.
«Mi stai nascondendo qualcosa e non ne capisco il motivo» disse, deluso.
Non capii il motivo della sua domanda ma come un fulmine che, all'improvviso, squarcia il cielo, mi ricordai che lui non sapeva niente di Cristian. Ma che senso aveva parlargliene? Faceva parte del passato, di un passato che ho chiuso e sepolto in una scatola, buttando via la chiave. Ma dovevo essere sincera con Edoardo, lui si aspettava da me la più completa sincerità e io non volevo
deluderlo.
«Aspetta!» dissi urlando in modo che potesse sentirmi.
Lui si fermò sui suoi passi e si voltò, sorpreso. Restò lì, in piedi, aspettando che iniziassi a parlare. Mi feci coraggio e lo raggiunsi. Gli presi la mano fra le mie, così piccole e sottili in confronto alle sue, e gli feci cenno di sedersi. Lui stranamente non obiettò e così ci sedemmo e gli raccontai tutto, omettendo qualche dettaglio personale che non mi sembrava il caso di dirgli.

Dopo circa un'ora finalmente finii di raccontargli tutta la storia. Avevo la gola secca, e il cuore mi batteva forte nel ricordare i momenti passati con Cristian. Avrebbe sempre occupato un posto importante nel mio cuore, ma come lui avrà già fatto, devo darmi la possibilità di essere felice. Lo sapevo che non sarebbe durata, lo capii dal nostro addio in stazione, che anche se lui continuava a dire che era solo un arrivederci, io sapevo che in realtà fosse molto di più.
«Lo amavi?» mi chiese Edoardo, serio.
«Si» risposi, sussurrando.
Lui mi guardò ferito, e triste, consapevole che io e Cristian eravamo davvero innamorati e forse anche un po' impaurito dal fatto che non avrebbe mai potuto cancellare il suo ricordo dal mio cuore.
«Ma adesso io voglio te» dissi, scostandogli i capelli dagli occhi.
«Come faccio ad essere sicuro che tu non mi lascerai per andare da lui» sussurrò, affranto.
«Lui è il mio passato, tu sei il mio futuro» dissi, dolcemente.
«Ho bisogno di tempo per riflettere» disse, scostandosi.
«Edo...» dissi, disperata.
Cercai di attirarlo a me, ma lui mi scostò dolcemente.
«Ali, devo capire come mi sento al riguardo.» mi disse, prendendomi le mani fra le sue.
«Ok..ma non metterci troppo..ti prego» dissi singhiozzando.
Lui mi attirò a sé e mi abbracciò, cercando di calmarmi. Mi accarezzò la schiena dolcemente, mentre io continuai a singhiozzare.
«Te lo prometto» disse, baciandomi la guancia.
Mi asciugò le lacrime e mi spostò una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio.
«Sarà meglio ritornare dagli altri» disse, alzandosi.
«Già» dissi, facendo lo stesso.
«Mi fai un sorriso?» disse.
«Non ci riesco..» risposi, sospirando.
«Per favore..» disse con la sua vocina da bambino piccolo.
E involontariamente accennai un piccolo sorriso.
«Molto meglio» disse, sorridendo.

Trovammo Silvia e Giorgio parlare animatamente. Li guardammo da lontano ridere e scherzare come due vecchi amici, o molto di più. Quando si accorsero della nostra presenza ci guardarono e corsero ad abbracciarci.
«Eravamo preoccupati per voi» disse Silvia, abbracciandomi.
«Stiamo bene» dissi, sorridendo.
«Menomale» disse Giorgio.
«Eppure sembravate molto presi dalla conversazione» disse Edoardo, maliziosamente.
«E voi cosa avete fatto tutto il tempo da soli?» gli chiese Silvia, altrettanto maliziosamente.
«Abbiamo parlato» rispose, serio.
Silvia mi lanciò un'occhiata preoccupata che io ricambiai.
Questa volta non avevo nessuna rassicurazione che Edoardo tornasse da me, ma avevo la speranza che raccontandogli la verità lui avrebbe compreso. Ma nella mente avevo mille dubbi e zero certezze e avevo paura che potesse andare tutto a rotoli. Il peso sul cuore era opprimente e non mi lasciava respirare, era sempre lì, e quando sembrava che se ne fosse andato, improvvisamente tornava, più forte e opprimente di prima. Ma non potevo farci niente, dovevo lasciargli il suo spazio per pensare e se fosse andata come doveva andare, avrei pensato a tutto questo con un sorriso, ricordando che n'è valsa la pena aspettare.
«Che ne dite di mangiare qualcosa? C'è un ristorante molto carino da queste parti» disse Giorgio, interrompendo il silenzio che si era creato.
Per questo mi era subito piaciuto Giorgio, per il suo modo di riuscire a cavarsela nelle situazioni difficili e a prendere la vita con un sorriso.
«Per me va bene» dissi, accennando un falso sorriso.
«Andiamo» disse Edoardo, incamminandosi.
Silvia mi raggiunse e insieme seguimmo Giorgio ed Edoardo, in silenzio, dicendoci con gli occhi quello che non riuscivamo a dirci con le parole.

Arrivammo davanti ad un ristorante molto carino, di cui ignoravo completamente l'esistenza. Entrammo e Giorgio ordinò un tavolo per quattro. La cameriera ci sorrise cordialmente e ci accompagnò all'unico tavolo libero, situato vicino alla finestra. Era un bel posto e non mi dispiaceva affatto.
Edoardo si sedette affianco a Giorgio, di fronte a me, mentre io mi sedetti vicino a Silvia. La cameriera ci porse i menù e ci salutò con un sorriso, dirigendosi verso un altro tavolo. Presi il menù e lo sfogliai, cercando qualcosa che mi potesse piacere. La scelta era molto ardua, era pieno di specialità e dolci dall'aspetto invitante.
«Alice...mi stai ascoltando?» mi risvegliò dai miei pensieri Giorgio.
«Si io...cos'è che stavi dicendo?» gli chiesi, imbarazzata.
Presi il bicchiere d'acqua che la cameriera mi aveva gentilmente portato e bevvi.
«Stavo dicendo che io e Silvia stiamo insieme» disse, sorridendo.
L'acqua mi andò di traverso e mi strozzai. Iniziai a tossire, e a battere le mani sul tavolo. Tutti gli altri clienti si girarono a guardarmi, qualcuno sorrise della mia pessima figura. Per fortuna mi ripresi, e abbassai la testa, rossa in volto. Ero in imbarazzo e vedere che tutti mi fissavano non aiutava per niente. Finalmente persero interesse e ritornarono a chiacchierare con i loro amici, compagni ecc. e io tirai un sospiro di sollievo.
«Da questa reazione deduco che non ne sei contenta» disse Silvia, amareggiata.
«Certo che ne sono felice, solo che mi avete preso alla sprovvista» dissi, cercando di rassicurarla.
«Era proprio quello che volevamo, era una sorpresa» disse Giorgio, prendendo la mano di Silvia tra le sue.
«E infatti ci avete sorpreso» disse Edoardo, con una sfumatura nella voce che non riuscii a capire se era felicità o qualcos'altro.
«Ma non ci avete ancora detto cosa ne pensate» disse Silvia, scoraggiata.
«Se siete felici voi lo sono anch'io» dissi, sorridendole.
Lei sembrò rilassarsi e accennò un piccolo sorriso. Giorgio, invece, era agitato e continuava a muovere le gambe facendo tremare anche il tavolo. Si aspettava una parola d'incoraggiamento da Edoardo ma lui sembrò non accorgersene e rimase in silenzio, a fissare il menù. Feci un colpo di tosse in modo che mi guardasse e lui lo fece, ma poi si rigirò subito. Non capivo il suo comportamento, era strano e per niente educato. Il suo migliore amico si è fidanzato con la persona che ama e lui non ha niente da dirgli, nessuna parola d'incoraggiamento, nessun complimento o nessun accenno al fatto che fosse contento della notizia.
«Edo, mi accompagnarmi a prendere una bottiglia d'acqua?» gli chiesi.
Lui mi guardò confuso ma accettò.
Ci dirigemmo verso il bancone ma lo fermai, andando accidentalmente addosso a qualcuno. Mi voltai e mi scusai. Poi guardai Edoardo.
«Perchè non ti sei complimentato con loro?» gli chiesi, confusa.
«Perchè avrei dovuto?» mi rispose con un'altra domanda.
«Perchè è tuo amico!» gli risposi.
«Non gli serve la mia benedizione, è libero di fare quello che vuole» disse Edoardo, arrabbiato.
«Perchè ti comporti in questo modo?» gli chiesi arrabbiata.
«Perchè lui ha qualcosa che io non ho» rispose, esausto.
«Cosa..» iniziai ma mi interruppe.
«Lui è felice, mentre io non posso esserlo» disse, addolorato.
«Sei un egoista» dissi, arrabbiata.
«Sono così» disse, sospirando.
«No, tu non eri così! Cosa ti è successo? Credi che solo tu meriti di essere felice? Credi che solo perchè tu non sei felice gli altri non possono esserlo? Avresti solo dovuto dire che ne eri contento! Ma va bene, rimani nella tua ipocrisia, ma credimi che se non cambi atteggiamento rimarrai solo» conclusi guardandolo negli occhi e poi mi affrettai verso la porta. Uscii e sentii le gocce che mi bagnavano il viso, gocce di pioggia. Mi sentivo esattamente come il tempo e in quel momento volevo solo andare a casa e crogiolarmi nella mia delusione.

La solitudine incontrò l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora