Eravamo ancora distesi sul prato pieno di papaveri, abbracciati stretti, come se non ci fosse un domani, con solo il rumore dei nostri cuori.
Era come se stessi vivendo un sogno, non credevo davvero che tutto questo fosse reale. Mi sentivo al settimo cielo, ma avevo paura che prima o poi mi sarei svegliata e tutto sarebbe crollato. Ogni mattina, appena sveglia, penso a tutto quello che provo e come la mia vita si sia evoluta. C'è una parte di me che è così felice da toccare il cielo con un dito, ma c'è una parte di me che mi ricorda che prima o poi tutto finirà. E io non so da che parte stare. Mi sento divisa in due e non mi sto godendo a pieno tutte le esperienze e le emozioni.
«A cosa pensi?» mi chiese Cristian, interrompendo i miei pensieri.
«A niente» dissi poco convinta.
Lui si girò su un fianco, verso di me e mi guardò. Aveva un espressione intensa, come se stesse cercando di comprendere un problema di matematica, troppo difficile e lui troppo lontano per trovare una soluzione.
Ma anche se continuava a fallire, non smetteva mai di provarci.
«Perchè sento che tu non mi stai dicendo la verità?» mi chiese.
Lo guardai. Aveva ragione, non ero sincera. Ma non volevo che lui si preoccupasse per le mie insicurezze.
«Non sto pensando a niente, davvero» dissi, fingendo un sorriso.
«Perchè adesso ti comporti così? Pensavo che avessimo superato la fase in cui tu non ti fidi di me» disse amareggiato.
Mi dispiaceva vederlo in quello stato, non volevo farlo soffrire ma non voglio che lui porti il peso delle mie insicurezze.
«Ma io mi fido di te!» esclamai, nel panico.
«Non sembra visto che mi menti!» disse alzando la voce.
Avevo il presentimento che questa conversazione non porterà a niente di buono.
«Non ti sto mentendo..» dissi.
Lui non mi rispose e si alzò di scatto.
«Penso che sia ora di andare» disse freddamente.
E senza aspettare una mia risposta si incamminò verso e la moto e io non potei far altro che affrettarmi a raggiungerlo.Arrivammo davanti casa mia.
Il tragitto in moto era stato silenzioso.
Scesi dalla moto e gli diedi il casco. Lui lo prese e senza dire una parola mise in moto e se ne andò. Rimasi malissimo. Corsi in casa e una volta chiusa la porta mi accasciai a terra e cominciai a singhiozzare. Mi presi le gambe tra le braccia e ci posai sopra il capo. In quel momento mi sentivo maledettamente triste ma soprattutto, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentii sola.Il giorno seguente mi svegliai presto. Quando mi vidi allo specchio rabbrividii, avevo delle occhiaie ben definite. Non che me ne importasse qualcosa visto che dormire era l'unica cosa che al momento volevo fare. Ma non potevo. Dovevo andare a scuola. Presi i vestiti che la sera precedente, chissà con quale forza d'animo, ero riuscita a sistemare sulla sedia e mi vestii.
Scesi in cucina e notai che mia madre non c'era. Mio padre era già andato al lavoro, visto che aveva un impegno importante, mentre mia madre si era presa un giorno libero. Quindi tecnicamente stava ancora dormendo. Uscii e mi avviai verso la fermata dell'autobus.Arrivai a scuola e mi diressi velocemente verso la mia classe. Ero così di fretta che per sbaglio urtai una persona.
«Scusa...io..» dissi subito, dispiaciuta.
Sono sempre stata una persona maldestra, colpa della mia testa costantemente tra le nuvole.
«Tranquilla» disse una voce maschile.
Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo. Era biondo, riccio, con gli occhi verdi. Aveva un bel fisico, non come quello di Cristian.
«Io sono Giorgio» mi disse sorridendo, porgendomi il cellulare che evidentemente mi era caduto.
«Io..sono...Alice» dissi, imbarazzata.
Possibile che ero così imbranata?
«Ah...grazie» e presi il cellulare.
«Spero sia tutto intero» disse.
«Si, si, funziona ancora» dissi sorridendo.
«Menomale» disse.
«Già» dissi, non sapendo più che altro dirgli.
Per fortuna la campanella suonò, salvandomi da una situazione che sarebbe diventata troppo imbarazzante.
«Allora, ci si vede in giro» disse, salutandomi.
«Credo di si» dissi, fingendo un sorriso.
Sicuramente avrà pensato che ho qualche problema, non lo biasimo.
Sospirando entro in classe e mi siedo al mio posto. La classe inizia a riempirsi, rumorosamente, e vedo avvicinarsi Silvia. Non la vedo da molto tempo e sinceramente mi mancava.
«Ehi, come stai?» mi chiese, sorridendo.
Non sapevo cosa risponderle. Come mi sentivo? Avevo un nodo in gola che mi impediva di respirare e il cuore faceva male.
«Bene» dissi, fingendo un sorriso.
«Sai che puoi dirmi la verità» disse Silvia, dubbiosa.
Lei, al contrario di tutti, mi capiva. Capiva quando c'era qualcosa che non andava.
«Ho litigato con Cristian.» dissi tristemente.
«Mi dispiace. Vedrai che non sarà niente di irrisolvibile» disse cercando di tirarmi su di morale.
«Lo spero. Ma adesso parlami di te. Com'è andata in questi giorni?» le chiesi.
E lei iniziò a parlare, raccontandomi tutto quello che le era successo negli ultimi giorni. Io ascoltavo solo per metà, perchè una parte di me sperava di vedere Cristian sulla porta della mia classe. Ma come ogni cosa che la si desidera intensamente, non accadde.La campanella suonò annunciando la fine delle lezioni. Uscii nel cortile della scuola con Silvia e poi ci separammo. Io mi affrettai verso la fermata dell'autobus, non ci tenevo a perdere il pullman.
Arrivai a casa e vidi mio padre ai fornelli. Rimasi sorpresa.
Mio padre non cucinava mai, salvo che fosse successo qualcosa.
«Papà...la mamma sta bene?» dissi, preoccupata.
Lui si voltò nella mia direzione, accorgendosi solo ora della mia presenza.
«Si tesoro, doveva fare una commissione importante» disse.
«Ah....ok» dissi, dubbiosa.
«Che ne dici di parlare un po'?» disse porgendomi un piatto pieno di cibo, e sedendosi sulla sedia affianco alla mia.
«Si» dissi, distrattamente.
Di cosa avrebbe mai voluto parlare?
«Dimmi, come vanno le cose? Con quel ragazzo?» disse.
Mi soffocai con l'acqua. Iniziai a tossire. Non era il tipo di conversazione che avrei mai pensato di fare con mio padre. Ma c'è sempre una prima volta.
«Si chiama Cristian. E sì, va bene» dissi, non lasciando trapelare alcuna emozione.
«Meglio per lui» disse, ironicamente.
Mi fece sorridere. Era sempre stato un padre abbastanza protettivo e nonostante tutto quello che era successo, sono contenta che alcune cose non siano cambiate.
«Ricordati che per qualsiasi cosa, io ci sono. Se avrai bisogno di un consiglio, di una spalla su cui piangere o semplicemente parlare di quello che ti succede, sono qui.» disse, serio.
«Grazie papà» dissi, abbracciandolo.Una volta salita in camera mi buttai sul letto e chiusi gli occhi. Mi mancava Cristian. Non l'avevo né visto né sentito per tutta la mattina e avevo paura che si fosse dimenticato di me. Volevo vederlo, così presi il telefono e gli inviai un messaggio, chiedendogli di vederci.
Aspettai, aspettai ma non ricevetti nessuna risposta.
Andai anche a farmi una doccia, e stetti chiusa in bagno una buona mezz'ora e quando uscii, guardai il cellulare speranzosa. Ma la delusione prese il sopravvento. Non aveva ancora risposto.
Così chiamai Silvia e ci mettemmo d'accordo per uscire. Mi aspettava al parco di fronte casa mia.
Controllai un ultima volta se Cristian avesse risposto, non l'aveva fatto. Feci un respiro profondo e mi calmai. Quando avrebbe sbollito la sua rabbia saremmo riusciti a chiarire. Così scesi le scale e mi affrettai verso il parco. Avevo bisogno di una distrazione, perchè non sentire e vedere Cristian mi stava facendo impazzire.La vidi seduta su una panchina, sotto un albero, intenta a smanettare sul cellulare. La raggiunsi, e mi sedetti vicino a lei. Ci abbracciammo e iniziammo a chiacchierare. Ero felice di avere un'amica come lei. Era una persona bellissima, sia dentro che fuori, con la quale puoi parlare di qualsiasi cosa. Anche se non gliel'ho mai detto, lei per me è una delle persone più importanti. È come la sorella che non ho mai avuto.
Ero felice, mi sentivo un po' meglio. Ma il mio buonumore scomparve quando vidi Cristian con Valentina.
Camminavano mano nella mano, poi lui l'aveva attirata a sè e la stava abbracciando. Ma la cosa che mi fece più male è quando lui le prese il viso tra le mani e la baciò. Quel bacio mi uccise. Il modo in cui lui la guardò, la strinse e la baciò, mi fece crollare il mondo addosso. Avevo sentito una fitta al cuore come se si fosse spezzato in due.
E le lacrime iniziarono a rigarmi il viso, libere e incapaci di esprimere tutto il dolore che provavo in quel momento. Mi sentivo morire, e non era solo un modo di dire. Nella mia mente tutto scomparve, il parco, i bambini che giocavano, Silvia, tutto. C'erano solo Cristian e Valentina che si baciavano, e poi il nulla.
Silvia cercò di scuotermi dai miei pensieri, preoccupata. Ma io non avevo la forza né di muovermi né di fare qualsiasi altra cosa. Mi riusciva difficile anche respirare.
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La solitudine incontrò l'amore
Short StoryAlice era una ragazza come le altre. La solita ragazza con semplici occhi marroni ma che al suo interno nascondevano sofferenze e paura. Paura di vivere, paura di innamorarsi ancora, paura di rimanere sola. Passava le giornate sui libri, a leggere...