Una festa disastrosa.

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Arrivai a casa completamente esausta. Il caldo diventava giorno per giorno sempre più insopportabile e le mie forze mi hanno abbandonata per andarsene in vacanza. Non riuscivo più ad essere 'attiva' e a fare un mucchio di cose, non ne facevo nemmeno metà, anzi non le facevo proprio.
Entrai in cucina e trovai mia madre impegnata ai fornelli. La guardai e quando si accorse della mia presenza feci finta di niente e aprii il frigo per prendermi un po' d'acqua.
«Il pranzo è quasi pronto» disse senza guardarmi.
«Non ho molta fame» dissi richiudendo il frigo.
«Devi mangiare altrimenti ti sentirai male» disse.
Questa volta si girò a guardarmi visibilmente preoccupata. Mi dispiaceva darle preoccupazioni e mentirle ma non avevo altra scelta. È colpa sua perchè se non mi avesse messa in punizione senza lasciarmi parlare a quest'ora non ci troveremmo in questa situazione. Ci tenevo ad andare alla festa con Edoardo, con o senza permesso.
«Vado in camera mia e non voglio essere disturbata.» dissi acidamente.
«No tu resti qui e mangi o se no..» iniziò arrabbiata ma la interruppi.
«Se no cosa? Mi metti in punizione? mi togli il telefono? non mi fai uscire di casa? L'hai già fatto. E per colpa tua adesso Silvia non mi parla più, contenta? Mi hai rovinato la vita.» dissi e corsi in camera sbattendo la porta alle mie spalle.
Mi stesi sul letto e fissai arrabbiata il soffitto, chiedendomi perchè dovesse  essere tutto così complicato.
Dopo circa mezz'ora sentii un lieve ticchettio alla porta. Mi alzai e andai ad aprire e trovai appoggiato sul pavimento un piatto pieno di cibo.
Lo raccolsi e lo misi sul comodino.
Sentii il mio stomaco che brontolava chiedendo pietà e così mi decisi a mangiare qualcosa, dovevo essere in forma per stasera.

Passarono ore e finalmente si fece sera, mancava meno di un'ora alla festa. Respirai e tirai fuori dall'armadio una scatola di medie dimensioni che era nascosta sotto pile e pile di vestiti. L'aprii e trovai al suo interno il vestito che indossai la sera della festa, quando passai la notte con Cristian. Il tessuto al contatto con la mia pelle era morbido come la prima volta e mi inondò di sensazioni. Ricordo quel giorno come se fosse ieri, come se non fossero passati cinque mesi. Rimasi a fissarlo, incantata ma poi mi risveglia dal mio stato di shock e corsi in bagno a vestirmi.

Ero pronta come mai prima d'ora. Se due anni fa mi avessero detto che sarei stata come tutte le altre adolescenti che scappano da casa per andare alle feste, quella persona si ritroverebbe un occhio nero. E invece eccomi qui, pronta a rischiare tutto per una festa.
In realtà non ero agitata per la festa, ma perchè avrei rivisto Edoardo. E questa sarebbe la prima festa a cui partecipiamo insieme e forse dopo il bagno in piscina potrebbe esserci un dopo sera. Scacciai dalla mente questi pensieri, da quanto ero così maliziosa?
Sorrisi tra me e me e mi guardai allo specchio. Il vestito era perfetto, scendeva morbido lungo i fianchi. I tacchi si abbinavano al vestito, erano i più belli che possedevo. E i miei capelli, chissà grazie a quale santo che mi protegge da lassù, erano perfetti. Avevo applicato un po' di eyeliner e mascara, senza esagerare. Ero pronta a passare una serata all'insegna del divertimento. Dovevo solamente uscire dalla stanza senza farmi scoprire, più facile a dirsi che a farsi.
Aprii la finestra e guardai giù, se avessi saltato sarei potuta cadere e avrei rovinato il vestito. Guardai l'albero accanto e mi venne un idea, mi sarei arrampicata lassù e poi sarei scesa, lentamente. Potevo farcela, ero una ragazza forte e coraggiosa.
I miei non sarebbero mai entrati in camera senza bussare e poi loro sanno che quando sono incazzata è meglio lasciar perdere e quindi non mi scopriranno.
Salii sul cornicione e mi spinsi per arrivare all'albero. Ci riuscii e mi aggrappai ad un ramo, trovandone uno ben saldo, e saltai. Mi ritrovai per terra con il sedere dolorante ma con il vestito ancora intero. Sorrisi e mi alzai, mi tolsi le foglie rimaste attaccate al vestito, mi sistemai i capelli e scrissi un messaggio ad Edoardo dicendogli che lo aspettavo alla fermata dell'autobus.
Questa sera sarebbe stata perfetta e niente avrebbe potuto rovinarla.

Mi sedetti sulla panchina aspettando che Edoardo arrivasse. Mi guardai attorno, odiavo essere da sola in mezzo al nulla, se avessero voluto rapirmi lo avrebbero fatto senza che nessuno se ne accorgesse. All'improvviso sentii una mano che mi toccò il braccio e sussultai, spaventata.
«Ei, ti ho spaventata?» mi chiese una voce familiare, ridendo.
Mi voltai e vidi che era Edoardo, mi guardava divertito dalla mia reazione.
«Sei uno stupido» dissi spingendolo via.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia» disse tra una risata e l'altra.
Faceva fatica a parlare da quanto rideva e io pensai ad un modo per vendicarmi, stava ridendo di me e si stava pure divertendo.
«Sei un deficiente» dissi arrabbiata e mi alzai per andarmene.
«Dai era uno scherzo» disse senza smettere di ridere.
Io mi incazzai ancora di più e cercai di divincolarmi dalla sua presa mentre lui cercava di abbracciarmi.
«Vattene via» gli dissi, divincolandomi.
Lui smise di ridere e mi guardò serio.
«Mi dispiace, va bene?» mi disse attirandomi a sé.
«No, scusami tu. È che sono un po' nervosa» dissi frugando la testa nell'incavo del suo collo.
«Come mai?» mi chiese e mi obbligò a guardarlo negli occhi.
«Perchè non abbiamo mai passato la serata insieme, soprattutto dopo quello che è successo, e..» iniziai.
«Non pensiamo al passato» m'interruppe, e mi accarezzò la guancia.
«Godiamoci la serata» disse, e mi sorrise.
E così mi prese la mano e ci dirigemmo verso la sua auto.

La solitudine incontrò l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora