Gelosia.

241 13 1
                                    

Non ricordo con quale forza di volontà Silvia riuscì a trascinarmi con lei fuori da quel parco. Trascinarmi era la parola giusta visto che non feci niente per muovermi. Non avevo forze, era come se il mio corpo avesse smesso di funzionare.
Silvia mi riportò a casa e, aiutandomi a salire le scale, mi mise a letto. Le lacrime continuavano a scendere, rigandomi il viso, incessantemente, ma non usciva nessun suono dalla mia gola. Continuavo a piangere, guardando il vuoto, senza emettere alcun suono. Sentivo che quel filo su cui ero in bilico si fosse spezzato e che io fossi precipitata nel vuoto. Sentivo che il cuore si fosse rotto in mille pezzi.
Silvia restò per un po' accanto a me, abbracciandomi e accarezzandomi. Ma io non riuscivo a sentire le sue carezze, sentivo solo delle lame conficcate nel petto. Sentivo solo il dolore.
Ma Silvia dovette ritornare a casa e, dopo avermi detto di riposare e di non fare azioni avventate, se ne andò.
E restai in compagnia del silenzio e del dolore.

La mattina seguente mi svegliai con gli occhi gonfi, per aver pianto tutta la notte. Mi sentivo vuota, sembravo uno spirito. La mia anima sembrava che non ci fosse più, che fosse rimasto solo il mio corpo.
Come se non fossi più padrona del mio corpo, mi vestii. Non scesi in cucina, uscii direttamente da casa. Non volevo né vedere né parlare con nessuno. Volevo solo chiudere gli occhi e trovare finalmente la pace.

Arrivai a scuola in ritardo.
La lezione dovrebbe essere iniziata già da una buona mezz'ora e così decisi di non entrare in classe. Non volevo assistere a una lezione di cui non me ne fregava niente, fingendo di star bene.
Non volevo attirare l'attenzione su di me, preferivo essere invisibile.
Così andai al bar. Ordinai un tè caldo e mi sedetti a uno dei piccoli tavolini. Lo sorseggiai lentamente cercando di non pensare a Cristian e Valentina, insieme. Ma più mi sforzavo di non pensarci, più la loro immagine appariva nella mia mente, indelebile, e mi provocava un senso di nausea. Smisi all'istante di bere il tè, sentivo che da un momento all'altro avrei vomitato.
All'improvviso il mio cellulare si illuminò, segno che mi fosse arrivato un messaggio. Presi il telefono e lo controllai. Il cuore perse un battito. Era Cristian. Non avevo il coraggio di leggere quello che mi avesse scritto, non ero nelle condizioni di poter sopportare un'altra delusione. Ma ero anche una ragazza innamorata e credevo nell'amore che ci legava. Così presi il cellulare e,tremando, iniziai a leggere il messaggio. Cristian mi aveva scritto che all'uscita da scuola voleva vedermi. Non sapevo che fare, da una parte volevo vederlo e speravo che mi dicesse che avevo visto male, che amava solo me e che senza di me non può vivere. Ma l'altra parte, quella razionale diceva che non dovevo vederlo, dovevo togliermelo dalla testa perchè mi avrebbe solo fatto soffrire.
Ma al cuore non si comanda e così, senza pensarci, gli risposi con un 'ok'.
Speravo di non pentirmene.

La campanella che annunciava la fine delle lezioni suonò. Mai come in quel momento avrei voluto che suonasse il più tardi possibile. Non ero pronta ad affrontare Cristian. Mi alzai e lentamente, deposi il libro, che stavo leggendo, nella borsa. Cercavo di prendere tempo.
Cosa avrei dovuto dirgli? Se avesse ammesso di aver baciato Valentina, sarei mai riuscita a perdonarlo?
Con questa domanda in testa mi avviai verso l'uscita da scuola quando mi scontrai con qualcuno. In questi giorni ero decisamente troppo maldestra.
«Scusa...» dissi.
«Tranquilla» disse una voce familiare.
Alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti Giorgio. Sorrideva e sembrava non essersi fatto del male, per fortuna.
«Guarda chi si rivede. Sembra che siamo destinati a scontrarci» disse ridendo.
Aveva una bella risata, non come quella di Cristian, ma poteva andare. Dovevo smetterla di paragonare ogni ragazzo a Cristian, non faceva bene alla mia salute mentale.
«Già..dovrei fare più attenzione a dove cammino» dissi mordendomi il labbro.
Solitamente lo facevo solo quando ero nervosa, ma ultimamente sembravo sempre nervosa.
«Sono contento che tu non stia attenta a dove cammini se questo vuol dire incontrarti» disse, sorridendo.
Sorrisi, e quello fu il primo sorriso vero della giornata.
«Almeno ti ho fatto sorridere» disse, contento.
«Vero» dissi, e il peso sul mio cuore si alleviò un po'.
«Sembravi molto...triste. È successo qualcosa?» disse, preoccupato.
Era carino a preoccuparsi per me, ma non volevo parlare delle mie cose private con uno sconosciuto.
«No, tranquillo» dissi, fingendo un sorriso.
«So che per te sono uno sconosciuto e che non ti fidi, ma dammi una possibilità» disse e si avvicinò a me.
Si sporse in avanti e mi scostò i capelli dal viso. Era un gesto dolce, forse troppo tra due sconosciuti, e faceva pensare a cose che non esistevano.
Mi allontanai bruscamente e lui sembrò ferito. Mi dispiaceva ma non volevo fraintendimenti, avevo già abbastanza problemi per conto mio.
«Scusa..» disse, ferito.
«Adesso dovrei andare» dissi nel modo più naturale possibile.
Ero ansiosa e non volevo far tardi.
«Ci si vede in giro» disse salutandomi.
«Certo, ciao» lo salutai.
E corsi verso l'uscita, con il cuore in gola, sperando che Cristian non se ne fosse andato.
Lo trovai in piedi, poco più avanti all'entrata, che si guardava intorno ansiosamente. Presi un respiro profondo e senza ripensamenti mi avvicinai a lui. Cristian notò la mia presenza e si girò ,di scatto, verso di me. Sussultai quando i nostri sguardi si incrociarono. I suoi occhi mi fecero sprofondare il cuore, quegli occhi che sono arrivata ad amare così tanto.
«Ciao» disse, senza nessuna emozione.
«..Ciao» dissi, cercando di apparire neutrale.
Ma i miei occhi tradivano il tono sicuro, e se fosse stato in grado di leggerli avrebbe capito che mentivo. Non ero neutrale, per niente. Il mio cuore batteva a un ritmo irregolare e la testa era un vortice di pensieri.
«Come stai? Ti stai divertendo?» disse freddamente.
«Cristian..perchè non arrivi al punto?» gli chiesi, prendendo coraggio.
«Sei una bugiarda» mi disse.
La sua affermazione mi stupì. Come si permetteva di dare a me della bugiarda, non so per quale motivo, quando lui poche ore fa si stava baciando con Valentina?
«Come ti permetti di darmi della bugiarda quando l'unico bugiardo, qui, sei tu» dissi freddamente.
«Ah io? E tu che adesso mi guardi con quell'espressione ferita quando pochi minuti fa ti stavi divertendo con un'altro ragazzo» disse, arrabbiato.
«Cosa?» dissi, sorpresa.
«Non negare,ti ho vista come ridevi con quel ragazzo e come lui ti abbia accarezzata. Ma non ti vergogni!» disse alzando la voce.
«Io dovrei vergognarmi? E tu che poche ore fa ti baciavi con Valentina! » dissi alzando la voce.
Mi stava facendo impazzire. Mi aspettavo almeno delle scuse, non che mi desse della bugiarda e che mi urlasse contro.
«Perchè mi fai la predica quando poco fa eri tra le braccia di un'altro!» disse, urlando.
«Almeno io ho la decenza di non infilare la lingua in gola alla prima persona che passa!» dissi, pentendomene.
Non intendevo dirlo davvero, ma mi aveva fatta arrabbiare.
«Io posso fare quello che voglio visto che non stiamo insieme!» urlò.
Le sue parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso. In realtà non avevamo mai chiarito la nostra situazione dicendo che 'stavamo insieme', ma pensavo che fosse ovvio visto tutto quello che era successo, almeno per me.
«E...cosa siamo?» dissi, con le lacrime che minacciavano di scendere.
«Non siamo niente»disse in tono neutrale.
Le sue parole mi fecero male, da impazzire. Avevano ragione quando le persone dicono che le parole fanno più male dei gesti. Con delle semplici parole puoi distruggere una persona. E lui ci era riuscito.
Non avevamo più niente da dirci, era finita. Ora, per le sue parole, mi chiedevo se fosse mai iniziata, o fosse tutto nella mia testa.

La solitudine incontrò l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora