Ripetizioni di spagnolo.

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La campanella suonò annunciando il termine delle lezioni. Finalmente, ero libera. Uscii dalla classe scontrandomi con Giorgio. Sorrisi, ero felice di rivederlo dopo il nostro chiarimento.
«Ehi, hai bisogno di un passaggio per ritornare a casa?»mi chiese.
«Mi piacerebbe molto..ma devo andare dal preside, mi ha convocata dicendomi che doveva parlarmi» dissi, preoccupata.
Stamani, la bidella era entrata in classe informandomi che, alla fine delle lezioni, il preside voleva vedermi nel suo ufficio e ,senza aggiungere niente, se ne era andata.
«E sai il motivo?»mi chiese Giorgio.
«No..» dissi, ancora più preoccupata
«Vedrai che non sarà niente di grave» disse, rassicurandomi.
«Lo spero» dissi, visibilmente più rilassata.
Così ci salutammo e andai nell'ufficio del preside.

Bussai e dopo aver ricevuto il permesso di entrare, aprii la porta.
«Buongiorno signorina Alice» disse cordialmente il preside.
«Buongiorno» dissi, ansiosa.
«Si accomodi» disse.
Mi sedetti e cercai di tranquillizzarmi.
«Per quale motivo mi ha chiamata?» chiesi, preoccupata.
«L'ho chiamata per parlarle. I suoi voti sono sulla media, non si preoccupi. Volevo farle una richiesta. Ho ricevuto molti complimenti dalla sua professoressa di spagnolo sul suo conto e ho pensato che lei possa aiutarmi. Purtroppo, quest'anno gli alunni disposti a fare ripetizione agli alunni meno 'bravi' sono progressivamente diminuiti e la scuola non ha fondi a sufficienza per chiamare supplenti che possano svolgere questo incarico. Così ho pensato di chiamare gli studenti con i voti più eccellenti e chiedergli di fare ripetizioni. E lei è una di questi. Ovviamente non sarà tempo perso, inciderà molto sulla valutazione finale, e non si preoccupi, dovrà solo seguire un singolo alunno. Niente di troppo difficile, a parer mio.» finii il preside.
Lo ascoltai con attenzione, non avevo mai dato ripetizioni in tutta la mia vita ma poteva essere un buon modo per avere crediti per il college. Non dovrebbe essere troppo difficile, devo solo insegnare a un ragazzo quello che io ho imparato.
«E per quanto tempo?» chiesi.
«Ogni giorno, escludendo la domenica, per due settimane. Potrà scegliere lei la durata della lezione, in base alle sue necessità e quelle dello studente che seguirà.» rispose il preside.
«Va bene, accetto» dissi, sicura.
«La ringrazio per la sua disponibilità. Inizierà in questo momento, il suo allievo l'attende in biblioteca. Buon lavoro.» disse il preside, soddisfatto.
«Arrivederci» dissi, gentilmente e mi alzai per andarmene.
«Arrivederci» rispose.
E uscii dall'ufficio e andai verso la biblioteca, questa giornata sembrava non finire più.

Arrivai in biblioteca e sospirai. Entrai e mi diressi verso un ragazzo, l'unico presente, seduto a un lungo tavolo. Quando mi sedetti accanto a lui lo riconobbi, era Edoardo. Lui mi guardò sorpreso.
«Alice, cosa ci fai qui?» chiese, sorridendo.
«A quanto pare sono quella che ti farà ripetizioni di spagnolo» dissi, ridendo.
Era una casualità che,tra tutte le persone a cui potevo dare ripetizioni, mi era capitato proprio lui. Forse il destino stava cercando di dirmi qualcosa, o semplicemente sono solo io che guardo troppi film.
«Scherzi? Non potevo chiedere di meglio, ero preoccupato all'idea di chi sarebbe potuta entrare da quella porta» disse ridendo.
«Ma no dai, magari ti capitava qualcuna di più bella» dissi, ridendo.
«Quella che ho davanti è perfetta» disse.
Sorrisi, imbarazzata.
«Ti ho già detto che sei un bugiardo?» dissi, ridendo.
«Ti ho già detto che mi piace il tuo sorriso?» mi chiese, sorridendo.
«No» dissi, ridendo.
«Te l'ho detto adesso» sorrise.
«Meglio che iniziamo» dissi sorridendo.
«Potremmo fare qualcosa di più 'produttivo'» disse, maliziosamente.
«Lo spagnolo è molto produttivo» dissi ridendo.
«Ma io pensavo a qualcos'altro» disse avvicinandosi.
«Edoardo..» dissi, sussurrando.
«Cosa?» mi chiese sorridendo.
«Dobbiamo iniziare se no non finiremo mai..» dissi nel tono più deciso che riuscii.
«Va bene» disse, serio.
«Ok, iniziamo» dissi e presi il libro.
Sono sempre stata una persona che portava a termine gli incarichi che le venivano affidati, e questa volta non avrei fatto eccezione.
Cominciai a constatare il suo livello di apprendimento facendolo leggere. La sua pronuncia non era male, andava ancora perfezionata ma era comunque migliore rispetto a quella di molti studenti. Il suo punto debole però era la grammatica, cosa fondamentale. Non aveva studiato con abbastanza sufficienza i verbi, ma se si fosse impegnato avrebbe passato brillantemente l'esame.
«Tú eres la chica más linda del
mundo» disse Edoardo interrompendo il silenzio.
«Gracias» dissi imbarazzata.
«Visto che bravo?» disse fiero di sé stesso.
«Abbastanza» scherzai.
«Facciamo una pausa?» mi chiese, esausto.
Eravamo sui libri da un'ora e mezza e si vedeva lontano un miglio che non ce la faceva più a star seduto su quella sedia. In fondo potevamo fare una pausa, era un ragazzo che apprendeva in fretta e aveva già fatto notevoli miglioramenti.
«Va bene» dissi, sorridendo.
«Andiamo a prenderci qualcosa al bar?» mi chiese.
«Si » dissi, alzandomi.
Ero stremata, anche io non ce la facevo più a star seduta.
Così andammo al bar e Edoardo ordinò un panino con la cotoletta mentre io presi una pizzetta.
«Che ne dici di andare in giardino?» gli chiesi.
«Andiamo» rispose, sorridendo.
Ci sedemmo su una panchina posta sotto un albero. Il sole splendeva nel cielo, per fortuna aveva solo piovigginato.
«Ti piacciono i quadrifogli?» mi chiese Edoardo.
«Si, dicono che portino fortuna» risposi.
Lui ne tirò fuori uno dalla tasca dei jeans e me lo porse.
«È per te» disse, sorridendo.
«Non posso accettarlo...è tuo. Tienilo, ti porterà fortuna» dissi.
«Vorrei che lo tenessi tu» disse.
Mi prese la mano e ci appoggiò sopra il quadrifoglio, poi me la richiuse.
Il contatto con la sua pelle mi fece venire i brividi e mi scostai, come se mi fossi bruciata.
«Grazie» dissi, fingendo un sorriso.
Era strano quello che provavo quando sfioravo la sua pelle, non mi era mai successo con nessuno che non fosse Cristian e il fatto che accadesse con qualcun'altro mi faceva stare male.
«Posso farti una domanda?» interruppe il silenzio.
«Dimmi» risposi.
«Tu e Giorgio siete fidanzati?» mi chiese, serio.
«No, siamo amici» risposi.
«È successo qualcosa fra di voi?» mi chiese.
Non sapevo cosa rispondergli, ma poi optai per la verità, era sempre la migliore delle soluzioni.
«Ci siamo baciati, una volta, ma adesso siamo solo amici» dissi.
«Sicura?» mi chiese, cercando di decifrare la mia espressione.
«Si, perchè?» chiesi, preoccupata.
«Non so, sembri..innamorata. E se non lo sei di Giorgio, allora di chi?» mi chiese.
La sua domanda mi spiazzò. Nessuno aveva mai fatto caso a quanto fossi innamorata, ma lui sembrava leggermi dentro, sembrava comprendermi e questo mi faceva paura. Avevo paura di quello che iniziavo a provare per questo ragazzo che entrò nella mia vita senza preavviso, senza che potessi evitarlo.
«Non sono innamorata» risposi, fingendo un tono deciso.
«Invece sembra di si» disse.
«Sembrare non vuol dire essere» risposi con una citazione.
«Io ti piaccio?» mi chiese a bruciapelo.
Sussultai per la sua domanda, era totalmente fuori luogo. Era un ragazzo carino, dolce, diverso dagli altri ma io amavo solo una persona.
«Perchè?» chiesi, confusa.
«Semplice curiosità» rispose, avvicinandosi.
«Non credo che sia il momento giusto per parlarne» risposi, sussultando quando lui mi sfiorò la mano.
«Invece io credo che lo sia» disse, sfiorandomi il braccio.
Il suo tocco mi faceva rabbrividire, e il cuore batteva forte. Che cosa mi stava succedendo?
Edoardo si avvicinò ancora di più.
Le sue labbra si avvicinarono alla mia guancia e vi depositarono un soffice bacio.
«Edoardo...» dissi, sussurrando.
«Amo quando pronunci il mio nome» disse, e le sue labbra continuarono il loro percorso, fino a sfiorare le mie labbra, e lì si fermarono.
«Impazzisco dalla voglia di baciarti» sussurrò sulle mie labbra.
Respiravo a fatica, tutto questo era sbagliato. Io amavo Cristian e baciare un altro ragazzo mi sembrava scorretto nei suoi confronti. Ma la mia mente si immaginava tutti gli scenari orribili, possibili e inimmaginabili, e si chiedeva se Cristian non mi fosse già stato infedele. Magari aveva già conosciuto qualcun'altra e mi aveva dimenticata.
«È sbagliato..»sussurrai.
«Non è mai sbagliato fare quello che senti» mi sussurrò.
E le nostre labbra si stavano per toccare quando il mio cellulare squillò. Sobbalzai dalla sorpresa e mi allontanai da Edoardo. Presi il telefono dalla tasca e guardai io nome di Cristian lampeggiare sul display. In quell'attimo mi sentii orribile. Lui era a chilometri di distanza da me, che mi chiamava mentre io ero su una panchina a baciarmi con un altro ragazzo. I sensi di colpa mi assalirono, ma alla fine non era successo niente. Non ci eravamo baciati, stava per accadere ma non è successo. È solo che Edoardo, con il suo bel viso, le sue manie di seduzione e la sua dolcezza mi intrigavano e quando ero con lui non riuscivo a pensare lucidamente.

La solitudine incontrò l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora