Una dolorosa verità

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Le nostre labbra si sfiorarono quando sentimmo un rumore. E con nostra grande sorpresa scoprimmo che era un professore. Ci staccammo velocemente e ci ricomponemmo. Il professore, forse per il fatto che fosse buio, si accorse di noi dopo un po' e non si accorse di quello che stava per accadere pochi minuti fa. Ricevemmo però un richiamo e fummo obbligati a ritornare ognuno nella propria camera. Cristian non si voltò neanche una volta e non mi salutò. Ci rimasi male ,e delusa entrai nella mia camera. Trovai Silvia che era già nel mondo dei sogni e senza far rumore mi diressi in bagno. Mi misi il pigiama e andai a letto. Domani sarebbe stata una giornata migliore.

Purtroppo il risveglio non fu dei migliori. Mi svegliai di soprassalto sentendo qualcuno urlare. Quando aprii gli occhi, ancora insonnolita, vidi la mia compagna di stanza con gli occhi sbarrati in un'espressione di paura.
«Cos'è successo?» le chiesi avvicinandomi.
Lei non rispose ma mi indicò un punto non lontano da lei dove una figura nera e piccola avanzava a fatica. Mi avvicinai per osservarla meglio e vidi che era una creatura piccola e pelosa con otto zampette. Un ragno. Mi ha svegliata dal mio sogno per un piccolo ragno. Non sapevo se ridere o piangere. Mi avvicinai al piccolo ragnetto e lo presi. Aprii la finestra e gli sussurrai un "Vai, sei libero". Quanto avrei voluto essere come lui. Mi sarebbe piaciuto scappare da questa realtà e poter andare lontano, ma per ora ero bloccata qui. Richiusi la finestra e mi volta verso Silvia. Sembrava essersi rilassata.
«Grazie..» sussurrò e si diresse in bagno.
Sussurrai un "figurati" appena udibile e mi sedetti sul letto. Ripensai al sogno che avevo fatto la notte precedente e il cuore cominciò a battere forte. Avevo sognato Cristian. Avevo sognato i suoi occhi azzurri simili al mare, le sue labbra rosee e il suo sorriso. Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Sospirai e decisi di uscire a fare un giro di "perlustrazione", da quando sono arrivata non ho visto niente di interessante e poi avevo bisogno di tenere la mente occupata. Uscii dalla mia stanza e percorsi il corridoio. All'improvviso vidi una figura maschile uscire da una delle numerose camere. Lo riconobbi all'istante, era Cristian e d'istinto mi nascosi dietro un divano mal ridotto. Sentii la sua voce mescolarsi con altre due, estranee, e riuscii a cogliere la conversazione.
«Cos'è successo ieri con quella ragazza? Aspetta, com'è che si chiama...» disse uno dei due ragazzi.
«Si chiama Alice» rispose Cristian freddamente.
«Si. Allora, vi siete baciati? Te la sei fatta?» gli chiese ridendo il suo amico.
«Non mi va di parlarne» rispose Cristian.
Si comportava in modo decisamente strano. Non era mai così freddo con i suoi amici. Ero curiosa e nonostante sapessi che non dovevo immischiarmi in cose che non mi riguardavano restai lì ad ascoltare. In realtà la cosa mi riguardava eccome visto che stavano parlando di me.
«Hai fatto cilecca?» gli chiese l'altro suo amico, ridendo.
«Non immischiarti in cose che non ti riguardano» rispose, scontroso.
«Ei perchè sei così scontroso? Quella ragazza ti sta cambiando in peggio, hai passato solo una sera con lei e guarda come sei diventato»riprese a parlare il suo amico.
Quell'affermazione mi colpì. Davvero lo stavo cambiando in peggio? In fondo non era colpa mia se stamattina era di cattivo umore. Ma pensandoci bene, era dalla sera precedente, dopo il nostro incontro, che si comportava così. Non potevo credere di avere un effetto simile sulle persone, non su uno come Cristian. Ma in cuor mio sapevo che il suo amico avesse ragione. Ero io ad essere sbagliata, non le persone. Ero io che mi isolavo. Ero io che ferivo gli altri per proteggermi.
«Non essere stupido. Non ha importanza, visto che non intendo passare un altra serata con una persona come lei. Non è niente di speciale, è la classica ragazzina che non ha amici e che passa il suo tempo a leggere» disse Cristian.
Le sue parole mi colpirono duramente. Non me l'aspettavo, non da lui. Lui che ha cercato di conoscermi, lui che la sera precedente mi ha quasi baciata. Era tutto finto, era tutta una menzogna. Era tutto calcolato per prendersi gioco di me. Non riuscivo a crederci. Involontariamente le lacrime cominciarono a scendere bagnandomi il viso. Mi sentivo come la carta, fragile e usata. Sentivo il mio cuore come il vetro che si infrange in mille pezzi, provocando un rumore assordante.
Inizia a piangere, in silenzio per non farmi scoprire.
«Non sembrava che ti dispiacesse» disse il suo amico sogghignando.
«Amico, era tutto un gioco. Volevo solo divertirmi un po'» rispose Cristian.
Lo vidi accennare un sorriso. Mentre io cominciavo a fidarmi di lui tanto da parlargli e sforzandomi di farmi conoscere lui si divertita a ridere di me alle mie spalle.
Con gli occhi offuscati dalle lacrime vidi arrivare una figura esile e slanciata. Quando la figura si avvicinò a Cristian riuscii a vederla. Era una ragazza. Si avvicinò a Cristian e lo baciò. Era un bacio passionale, un bacio che mi distrusse completamente. Mentre Cristian e la ragazza restarono avvinghiati, raccolsi i pezzi del mio cuore e andai via. A passo svelto arrivai in camera e sbattendo la porta la chiusi. Mi accasciai lì, ferita e dolorante. Iniziai a singhiozzare finchè non scoppia in un vero e proprio pianto di disperazione. Ero disperata. Ero senza possibilità di uscita. Sentii che ero ritornata in quell'abisso di dolore che avevo temuto. Ma questa volta era stata colpa mia. Mi ero fidata di lui senza conoscerlo realmente, mi ero resa vulnerabile e ne ha approfittato. Ho fatto un grosso errore e adesso ne sto pagando le conseguenze. Sono stata ingenua. Sono stata una preda facile, la "ragazzina depressa". Le sue parole mi rimbombavano in testa e affondavano in me duramente.
Sentii qualcuno bussare alla porta. Non avevo la forza di alzarmi da lì, ero immobile, persa, distrutta. Qualcuno spinse la chiave nella serratura e girandola entrò. La porta si aprii trascinandomi con lei e davanti a me comparve Silvia. Vidi la sorpresa nei suoi occhi quando mi vide lì, per terra, singhiozzando irrefrenabilmente. Si protese verso di me e mi abbracciò. Mi lasciai cullare dalle sue braccia e d'istinto continuai a singhiozzare più forte. Ero scossa dai fremiti, con la mano di Silvia che mi accarezzava la schiena sussurrandomi parole di conforto.
Passò qualche minuto e quando mi fui calmata alzai lo sguardo per incontrare il suo. Mi guardò preoccupata.
«Cos'è successo?» mi chiese.
Nonostante fossi stata antipatica e l'abbia trattata male, era lì a chiedermi perchè stessi così male. Non mi meritavo una persona come lei al mio fianco. Ma giurai a me stessa che avrei fatto qualcosa per lei, per rimediare ai miei errori. La abbracciai e le raccontai quello che era successo. Non mi giudicò. Mi ascoltò con attenzione e mi disse parole di conforto.
Ci addormentammo abbracciate, strette l'una all'altra, per ripararci dal mondo.

La solitudine incontrò l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora