Capitolo 6 - Terza rivoluzione

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Se dopo il nostro incontro pieds dans l'eau (letteralmente) avevo sperato di ritrovare Charles nella sala dello Sporting, avevo dovuto desistere presto. Susanne infatti si era data il cambio con un collega che avrebbe proseguito il suo turno, quindi eravamo potute rientrare ad un orario più normale. 

Il breve viaggio sul pullman era stato dominato dal racconto della serata, con la mia amica che aveva cercato di scucirmi ogni piccolo dettaglio "Bel colpo aver scoperto il suo nome, però a quella festa ne conosco almeno una dozzina di Charles... ci sarà da lavorare per stanarlo, tesoro."

So che ha ragione, ma per quanto desiderassi di rivederlo, questo inner joke di incontrarci nei luoghi più improbabili mi divertiva parecchio. 

-

In una delle mie lunghe passeggiate per Nizza, mi ero ritrovata nel cimitero. Era una costruzione moderna, non uno monumentale per intenderci, perciò privo del fascino antico che emanava un luogo come il mio adorato Pere Lachaise. Ma in mancanza di altro, oltrepasso la cancellata e vago per i sentieri ricoperti da ghiaia chiara, prima restando sul viale alberato principale e poi visitando le traverse. 

So di essere strana, ma l'atmosfera dei cimiteri mi rilassa, l'aria pregna di quel silenzio irreale che non riesce ad essere scalfito dal traffico esterno. Qui è tutto fermo, è il luogo del ricordo, è dove la gente impara a lasciar andare coloro che ama. Una cosa che nessuno era mai riuscito a fare con me, probabilmente perchè nessuno mi aveva mai amato abbastanza per farlo. Anzi no, una persona mi aveva amato abbastanza per lasciarmi libera: me stessa. 

E' un pensiero forse un po' amaro, che mi incurva le labbra in un sorriso mentre raccolgo un ramo di lillà: era sfuggito da un vaso poggiato su una tomba, dove provvedo a ricollocarlo. Osservo brevemente il viso della donna sulla lapide, e quando mi volto per proseguire il mio giro resto imbambolata. 

"Stai scherzando, vero?" Sbotto.

Charles è a pochi metri da me, indossa un paio di occhiali da sole specchiati e mentre una mano è nascosta in tasca l'altra stringe un mazzo di fiori. Ha un sorriso sghembo che gli fa spuntare due profonde fossette. 

"Inizio a pensare che sia tu a pedinare me, signorina."

"O che il destino abbia un modo molto divertente per prenderci in giro..." 

Mi sono avvicinata per non dover alzare la voce in un luogo di culto, e lo sguardo mi cade sul mazzo di gerbere colorate. Charles se ne accorge "Vorrei essere abbastanza galante da poterti regalare dei fiori, ma a dire la verità sono destinati ad un'altra persona."

"Non voglio interrompere il tuo giro, e soprattutto non mi permetterei mai di appropriarmi dei fiori altrui." O di disturbare una persona sconosciuta in un momento così delicato.

"A dire la verità sono arrivato."

Fa un cenno verso una semplice lapide beige alla mia destra, decorata con un mazzo di fiori leggermente appassito. Mentre Charles rimuove quei fiori e li sostituisce con quelli nuovi, io leggo la targa. 

Jules Lucien André Bianchi. 1989 – 2015

Povero ragazzo, morto così giovane. Rifletto su questo nella mia mente, perchè una terza figura ignobile con Charles sarebbe davvero troppo. 

"Era il mio migliore amico, una parte di famiglia." Solleva gli occhiali fino a poggiarli in cima alla testa, e finalmente posso rivedere le sue iridi chiare. 

"Mi dispiace che sia mancato così presto. Cos'è successo?"

"Un incidente d'auto." Sospira infilandosi nuovamente le mani in tasca. "Mi piace venire qui, mi aiuta a rimettere ordine tra le priorità. Soprattutto quando le cose si fanno difficili a lavoro." 

Vorrei saperne di più sulla sua occupazione, ma non ne ho il tempo. "E tu invece che scusa hai per essere qui?" Me lo chiede sorridendo, un'espressione che contagia anche me. 

"Una semplice passeggiata, sto familiarizzando con la città."

"Ah, ti sei trasferita da poco. Di dove sei?"

"Parigi."

Vorrei, anzi dovrei aggiungere altro, ma come farlo senza rivelare dettagli del mio passato? Ho mollato il mio fidanzato storico all'altare, e sono fuggita dalla mia famiglia. Ah sì, non ho un lavoro e non so cosa ne sarà della mia vita. No, non mi sembra una cosa appropriata. 

"E' una bella città." 

"Come tante altre." Il mio tono insofferente ha probabilmente fatto capire a Charles che non ho piacere di parlarne. Se lo fa, ha la delicatezza di non farne cenno ad alta voce, anzi porta la conversazione su un territorio neutrale. 

E' una cosa della quale mi rendo conto, assieme alla facilità con cui riusciamo a fare conversazione, una bella sensazione che ci accompagna mentre ci accomodiamo su una panchina. Nonostante la mia reticenza, riusciamo quantomeno a conoscerci un po' di più. Purtroppo non possiamo restare qui a lungo, perchè il suono di una campana annuncia l'orario di chiusura. 

"Niente, il destino ci rema contro." Sbuffa Charles. "Che ne diresti di vederci per un caffè uno di questi giorni? Te lo proporrei ora ma ho un impegno per cena." 

Sul momento penso sia una battuta, che stia scherzando. Invece aspetta che risponda.

"Mi piacerebbe ma... Come facciamo a organizzarci? Libero di non credermi, ma non ho un cellulare. Cioè ce l'ho, ma non ho un numero."

Lui solleva le sopracciglia meravigliato "Ok... fammi pensare. Vediamoci qui fuori mercoledì prossimo a quest'ora, rientro dal Brasile e avrò dei giorni liberi." 

Per alcuni lunghi secondi penso di obiettare che non è il caso, che non sono pronta e che la mia vita è già abbastanza incasinata. Ma poi nella mia mente si fa strada l'idea che saranno giorni d'attesa molto lunghi.

E lì capisco che no, non ho alcuna intenzione di rifiutare.

"Va bene." Dichiaro semplicemente.

Mi sorride porgendomi la mano per farmi alzare dalla panchina "C'è solo un'ultima cosa che voglio sapere. Come ti chiami?"

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Note

In questo capitolo mi sono concessa una piccola licenza: in realtà la tomba di Jules si trova nel cimitero di Monaco, non a Nizza.
A lunedì con il prossimo capitolo (un capitolone eheh 😉)

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora