Capitolo 28 - La legge

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Leggo e rileggo quella comunicazione da parte di un prestigioso studio legale ancora e ancora. 

All'inizio aver ricevuto una denuncia da parte del mio stesso padre mi aveva traumatizzata. Ma poi avevo recuperato l'articolo che era uscito su Le Figaro, e arrivo alla conclusione che già è un miracolo che lui non abbia assoldato un serial-killer. 

La giornalista aveva dovuto condensare la mia vita in uno spazio troppo ridotto, e quello che ne risultava era la narrazione di una vita complicata e da vittima. La conclusione era emblematica. 

Dopo tutte queste ore passate a chiacchierare come due vecchie amiche, l'ultima domanda che voglio fare alla ragazza che ho di fronte, è la stessa che vorreste farle anche voi: "Perchè non denunci?" Mi osserva per dei lunghi istanti che non dimenticherò mai, e come risposta ottengo due occhi lucidi e un'alzata di spalle. E' una bandiera bianca che critica le istituzioni che non tutelano certe vittime, un'accusa verso il buoncostume che a quelle stesse vittime non concede la credibilità. Vittime che preferiscono soffrire in silenzio. Ma è ora di cambiare le cose.

Non avevo mai voluto denunciare perchè mio padre avrebbe di sicuro corrotto chi della polizia se ne sarebbe dovuto occupare, l'avevo sempre ritenuto un tentativo inutile. 

Charles mi aveva messo in contatto con uno studio legale, che si sarebbe occupato della mia difesa. L'avvocato che mi segue mi rasserena parecchio, una cosa che purtroppo Charles deve fare a distanza perchè è dovuto partire per lavoro. Non manca mai di mandarmi messaggi di incoraggiamento, anche quando gli impegni professionali dovrebbero essere il suo primo pensiero. 

Trovo molto ironico che il primo incontro con mio padre si svolga proprio mentre Charles sta affrontando un turno di qualifiche. Penso sia ironico ma anche spaventoso. 

Vederlo di fronte a me con il suo colletto inamidato e lo sguardo severo mi atterrisce allo stesso modo da più di vent'anni. 

Davanti a lui sono ancora quella bambina a cui veniva rimproverata qualsiasi cosa, sono quella ragazza a cui era stata sequestrata la macchina fotografica, la persona che ha sempre ripetuto allo sfinimento sì papà.

Lasciamo entrambi che i nostri legali discutano della nostra bega famigliare, come se la cosa non ci riguardasse. Io tengo lo sguardo basso, almeno finchè la discussione tra gli avvocati non arriva al punto in cui mi fissano entrambi. 

Ero distratta "Po-potete ripetere?" 

Il legale di mio padre alza gli occhi al cielo "Ha prove che dimostrino gli abusi che lei sostiene di aver subito dal mio cliente?"

La risposta breve era che no, non ne avevo. Ogni persona che veniva stipendiata da mio padre non avrebbe mai messo a repentaglio la propria incolumità per me. Alla fine si riduceva tutto a questo: la sua parola contro la mia. 

Il mio sconfortato mutismo viene disturbato dalla notifica del mio cellulare "Scusatemi..." 

Estraggo lo smartphone dalla tasca del cappotto per spegnerlo, ma la notifica del messaggio cattura il mio occhio. PREMI PLAY.

Clicco sul piccolo triangolo e la voce rabbiosa di mio padre riempie la stanza "Il tuo amichetto fa un lavoro molto pericoloso, e di sicuro non vorrai che gli capiti nulla di male. Un bullone allentato, una foratura, una svista, chi può mai dirlo." 

Una registrazione delle minacce di mio padre mentre eravamo in Ungheria! 

Non avevo mai pensato che le comunicazioni interne dei team di Formula 1 potessero essere recuperate. Osservo la faccia di mio padre diventare sempre più rossa, a questo non aveva minimamente pensato neanche lui. 

"Bene" Il mio avvocato prende in mano la situazione. "Direi che se il signor Delacroix non vuole affrontare una denuncia per minacce da parte del signor Leclerc, potremmo chiudere qui la questione." 

Non credo di aver mai visto mio padre così furioso, sembra sul punto di digrignare i denti. Sbatte un pugno sul tavolo e sbotta rivolto al suo legale "Non voglio credere che non si possa fare nulla, con quello che la pago! Si inventi qualcosa!"

"Mi dispiace, ma quella registrazione cambia completamente le cose... dovrebbe ritenersi fortunato che i signori non intendano procedere oltre."

Marc si alza in piedi di scatto "Ma come si permette! Io..."

"Papà." 

Quella semplice parola che mormoro a bassa voce argina la sua sfuriata. Finalmente trovo il coraggio di guardarlo davvero, di fissarlo negli occhi. 

"Non sei stanco? Di essere sempre arrabbiato, in guerra contro tutti, in guerra contro il mondo? Lasciami andare. Non farò altro, non rilascerò interviste, davvero non avrai più noie da parte mia. Lasciami trovare la mia strada."

Scuote la testa "Tu sei la mia unica figlia, dovrai trovarti un marito che erediterà la mia attività e non ci sono alternative a riguardo."

"Ma non è quello che voglio."

Sbatte entrambi i pugni sul tavolo. "Tu farai quello che ti ho detto!"

"HO DETTO NO." 

Adesso sono in piedi pure io, le mani ancorate al piano del tavolo, la voce che tuona. La risolveremo oggi, con le buone o con le cattive. 

"Mi rifiuto di uscire da quella porta con ancora addosso la paura di trovare te, Albèrt o una delle tue guardie dietro un angolo ad aspettarmi, di essere trascinata di nuovo contro la mia volontà. Non sono più sola contro di te, non mi fai più paura."

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora