Capitolo 30 - Showdown

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Quando oltrepasso la soglia di casa, lo sconforto è ormai stato sostituito dalla rabbia.

Non ho proprio né voglia né bisogno di incontrare Charles adesso, sono rientrata solo per prendere un paio di cose e fuggire da Susanne. Ma lui è qui, tranquillamente spaparanzato sul divano.

"Ciao tesoro, com'è andata la tua mattina? Hai scattato qualcosa di interessante?"

Le sue domande mi prendono così impreparata che sul momento non so cosa rispondere.

Charles si accorge che qualcosa non va, si avvicina a passo lento "Ehi, tutto bene?"

Posso provare a dargli una possibilità? Oso farlo? "Dove sei stato?"

"Te l'ho detto, ero con mia madre..."

Scuoto la testa "Perchè mi tratti come un'idiota? Ti ho visto con quella... Mentre vi abbracciavate..."

Lo sguardo di Charles resta corrucciato per un paio di secondi, prima di distendersi meravigliato e infine scoppiare in una fragorosa risata "Non dirmi che tu... davvero... oddio Camille..."

Di tutte le reazioni che mi aspettavo questa era l'ultimissima. Cosa c'è da ridere nella mia disperazione?

"Vieni." Charles mi prende per mano e mi fa avvicinare al tavolo da pranzo. "Avrei voluto dirtelo stasera a cena, fare le cose per bene insomma. Ma visto che sei così curiosa, leggi qua."

Mi porge alcuni fogli, che io impiego un attimo a mettere a fuoco e comprendere cosa riportano. "... un contratto di affitto?" Sono più confusa di prima.

"E' uno studio a Monaco Ville, perfetto per un'esposizione di tue fotografie. E' lì che mi hai visto oggi, avevo appena firmato. Me l'ha ceduto Aimèe, una mia vecchia amica, che per inciso ha una compagna da diversi anni."

Leggo parole sparse su quel foglio di carta, senza comprenderne appieno il senso. Poi poco per volta realizzo che ciò che ha detto Charles corrisponde al vero. Mi ero fatta un film mentale assolutamente per nulla.

"Tu davvero pensavi che avessi un'altra?"

Allargo le braccia "Cosa dovevo pensare? Ti credevo in famiglia e poi ti vedo in una stanza tutto solo ad abbracciare una ragazza..."

Mi scosta delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio "Forse dovrei arrabbiarmi perchè non ti fidi di me, ma la verità è che mi fai troppa tenerezza in questo momento."

Un fulmine di realizzazione mi attraversa il cervello "Aspetta, cosa vuol dire un'esposizione di mie fotografie?"

"Quello che ho detto." Il monegasco mi sorride. "Decidi tu se organizzare una mostra o se vuoi metterle in vendita, secondo me è un passo che sei pronta a fare."

Era davvero quella la mia strada? Diventare un'artista in tutto e per tutto, guadagnando con il mio talento?

"A patto che tu non venda quella foto delle mie mani. Quella la voglio solo qui a casa."

Sapevo esattamente a quale immagine si riferiva. Avevo scattato con doppia esposizione un close-up ravvicinatissimo delle mani di Charles, strette quasi allo spasmo sul volante della sua monoposto, un taglio d'immagine che faceva sbucare tra le dita i suoi magnifici occhi verdi. Era oggettivamente una bella foto, una delle mie migliori.

In quello scatto avevo messo tutta la determinazione di Charles, la sua voglia di successo, ma anche il mio amore per questo ragazzo.

Solo una persona speciale poteva pensare di regalarmi un luogo di lavoro, di donarmi un futuro, più di quanto non abbia già fatto.

"Io non so cosa dire." Appoggio i fogli sul tavolo e lo fisso con gli occhi lucidi.

"Mi basta un grazie..." Charles si fruga in tasca ed estrae due chiavi anonime legate da un anello, che lascia cadere sul mio palmo aperto. "Farai un lavoro fantastico."

Stringo le dita attorno ai due pezzi di metallo e gli butto le braccia al collo. "Grazie."

-

Charles aveva ottimo gusto in fatto di immobili. Lo studio era spazioso ma non esagerato, formato da due locali più una stanza più piccola nella quale avrei potuto allestire un laboratorio di stampa fotografica. Fondamentalmente aveva bisogno solo di un'imbiancata, una sistemata alle luci e una bella pulita.

Charles mi aveva offerto il suo supporto economico per assumere un'impresa, ma io avevo rifiutato. Susanne aveva smesso da poco di lavorare come barista, e non appena aveva sentito della mia nuova aspirazione si era offerta di aiutarmi con i lavori. Molto probabilmente ci avremmo messo ben più del personale specializzato, ma la soddisfazione sarebbe stata immensamente più grande.

Anche Mimì ci aveva dato una grossa mano. Tra le foto che avevo scelto di esporre c'erano alcuni scatti geometrici in bianco e nero che non avevo idea di come far risaltare: un semplice fondale dipinto non mi sembrava abbastanza. Era stato proprio lui a proporre di installare drappi di stoffa, così tramite i suoi fornitori mi aveva procurato fondi di magazzino di broccato, sete e damascati. Facevano un figurone.

La sera dell'inaugurazione della galleria ho i nervi a fior di pelle. Penso e ripenso a quello che avrei dovuto preparare, e anche se mi sembra di aver fatto tutto, l'ansia non mi abbandona.

Spreco 5 minuti buoni per tentare di indossare la mia collana, ma le mani mi tremano troppo per avere successo. Getto sconfortata la catenina appena sento bussare alla porta d'ingresso, il mio autista deve essere in anticipo.

Apro l'uscio ancora a piedi nudi, ma di fronte a me trovo una faccia che conosco bene "Charles!"

Mi aveva telefonato tristissimo questo stesso pomeriggio: avrebbe avuto un impegno in Italia in serata, quindi si sarebbe perso la mia inaugurazione. Che bugiardo!

"Non potevo perdermi la tua grande serata, non l'avrei permesso per niente al mondo."

In pochi minuti lasciamo il nostro appartamento e raggiungiamo la galleria. Susanne ha già preparato molto più di quanto le spettasse, ha deciso di lavorare con me e io non potrei esserne più contenta.

La serata procede spedita, con le due sale piene di gente: amici, conoscenti e diversi giornalisti di riviste specializzate. Il supporto costante di Charles mi permette di calmarmi e di intrattenere tutti, ma il modo discreto con cui lo fa è perfetto.

Pochi giorni fa ero stata assalita dai dubbi sul mio futuro, per la strada che avevo scelto, ma anche dalla paura irrazionale di diventare sì conosciuta, ma solo come "fidanzata di Leclerc".

Io non volevo questo, non l'avevo mai desiderato. Volevo che la mia arte parlasse per me, condividere il mio modo di vedere il mondo.

Non me l'aveva mai permesso nessuno, adesso volevo recuperare il tempo perduto.

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Note

Ci sentiamo lunedì per l'epilogo!

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora