Capitolo 2 - In cerca del vento solare

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📌 Vento solare
Flusso di particelle ionizzate che a causa dell'espansione della corona, viene emesso continuamente dal Sole.

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E' stato così che io e Susanne ci siamo conosciute. 

Lei di ritorno da un weekend a casa di suo fratello, io in fuga da 23 anni di imposizioni. Io che mi ero buttata nell'ignoto per la prima volta, lei che aveva trattato a lungo con il controllore per pagarmi il biglietto senza dover incorrere in una multa. 

Il suo gesto mi aveva profondamente commossa. Quanti avrebbero fatto una cosa simile per una perfetta sconosciuta? Alla fine mi ero anche sfogata, e lei aveva concluso il mio lungo monologo sconclusionato con "Quando arriveremo a Nizza potrai stare da me per tutto il tempo che vuoi." Mi aveva anche prestato un paio di jeans e una maglietta, che io ero riuscita ad infilarmi nel bagno del vagone con un po' di contorsionismo. Avevamo dovuto pigiare il mio vestito da sposa in un borsone, nonostante la mia prima considerazione sarebbe stata di buttarlo dal finestrino. "Ha l'aria costosa, so chi può trasformartelo in qualcosa di diverso." 

Susanne mi aveva quindi intrattenuto raccontandomi qualcosa della sua vita. Di come si mantenesse con lavori saltuari un po' qua e un po' là, del suo gatto chiamato Matisse e della sua vita in generale. 

Al nostro arrivo a Nizza avevamo dovuto camminare pochi minuti per raggiungere il suo appartamento nella zona di Vernier, al terzo piano di uno stabile di fine '800. Susanne aveva aperto la porta di quello che era stato l'appartamento di sua nonna, accolta dalle fusa del suo micio dal pelo fulvo. 

"Prego entra pure, il vestito lascialo pure vicino alla porta, domani lo porteremo da Mimì." Aveva abbandonato la sua trolley in mezzo alla stanza per prendere in braccio Matisse "Vieni qui palla di pelo, mi sei mancato." Si era messa a coccolare il gatto grattandogli il mento, una cosa che lui sembrava gradire particolarmente.

"Se hai bisogno del bagno è l'ultima porta in fondo al corridoio." 

La ringrazio e accetto il suo suggerimento. Accendo la luce di alcune lampadine che circondano lo specchio e osservo il mio riflesso. Le 7 ore di viaggio e la mia fuga hanno lasciato un segno profondo sul mio viso: il trucco che questa mattina era stato applicato da una professionista se n'è andato quasi del tutto, così come lacca e forcine che avevano raccolto i miei capelli (prima in modo ordinato, adesso sembrava piuttosto un nido abbandonato). 

Avrei davvero bisogno di una doccia, ma per ora mi accontento di sciacquarmi la faccia a fondo. Adesso che l'acqua cola nel lavabo posso guardare i miei occhi, che sono sì stanchi e provati, ma in loro individuo una luce che non avevo mai visto prima. Il mio sguardo spento ora si era ravvivato, e mi sento infinitamente più leggera. E libera. Una sensazione che mi ero dimenticata. 

Quando torno in salotto la televisione mostra alcune immagini di una puntata di Masterchef, e Susanne è semidistesa sul divano con Matisse ancora a caccia di coccole. 

"Va meglio?" Mi domanda sorridente.

"Sì, decisamente." Sospiro mentre mi accomodo sulla poltrona al suo fianco. 

"Ti ho lasciato un po' di cose sul tavolo della cucina. Un pigiama, un paio di cambi di vestiti e asciugamani. C'è anche il mio vecchio telefonino, che però è senza scheda, puoi usarlo col wi-fi di casa. Se apri la prima porta a destra trovi un divano-letto. Non è il massimo della bellezza, ma chi c'ha dormito prima di te non se n'è mai lamentato." Appoggia Matisse a terra che zompetta verso la cucina. "Non devi sentirti in dovere di farmi compagnia se non ne hai voglia, puoi andare a riposarti."

"Perchè fai tutto questo? Non mi conosci nemmeno." Io davvero non mi capacito di come una persona possa essere così disponibile verso una totale estranea. Potrei essere una criminale, una poco di buono. Potrei essere pazza. Ok, quello forse lo sono davvero.

"Credo molto nel karma. Nel fatto che se fai del bene questo ti torna indietro. Quando vedo qualcuno in difficoltà mi piace aiutare. E tu mi sei sembrata molto in difficoltà."

Emetto un lungo sospiro appoggiandomi allo schienale imbottito "Non pensavo di essere capace di fare una cosa simile. Dico sul serio." Osservo distrattamente Matisse che mi annusa una caviglia prima di saltarmi in grembo. "Ho sempre fatto quello che mi veniva detto. Sempre. In qualsiasi caso. Stavo pensando di fuggire anche la notte scorsa, ma mentre stavo per raggiungere l'ingresso ho incrociato mia madre e la wedding planner che stavano controllando gli ultimi dettagli. Ho finto di voler prendere un bicchiere d'acqua e me ne sono tornata a letto. Ero in trappola." Accarezzo dolcemente il gatto di Susanne, che ha iniziato a fare le fusa. "Poi stamattina il prete ha iniziato a parlare, io ho guardato Albèrt mentre mi si serrava la gola, vedevo diventare tutto scuro... mi sono resa conto che ero uscita dalla chiesa quando ho dovuto raccogliere la gonna per fare le scale."

"Deve essere stata una scena da cinema. Avrei voluto assistere."

"Beh, ti sei comunque goduta la corsa sul treno, puoi essere soddisfatta." 

Ridacchia. "Assolutamente." 

Passiamo la serata chiacchierando davanti ad una tazza di tè e programmi spazzatura in tv, il meglio che potessi chiedere. 

Quando mi stendo sul divano-letto di quella che è una camera degli ospiti / studio / stanza aggiuntiva, il sonno tarda ad arrivare. Sono davvero stanca, infondo la notte scorsa non avevo praticamente dormito e oggi mi era successo di tutto. Però la mia testa non ne vuole sapere di stare tranquilla, i pensieri continuano a turbinarmi in testa senza darmi pace. 

Rassegnata a dovermi distrarre in qualche modo, prendo il vecchio cellulare di Susanne e lo accendo. Non posso fare telefonate, e anche volendo non saprei chi chiamare. Non ho intenzione di accedere ai miei profili social, neanche per cancellarli, perchè so che potrei essere in qualche modo rintracciata. 

Controllo però un paio dei profili di quelle che erano le mie "amiche", se così si può dire. Tutte donne della società borghese medio-alta come me, che mi erano state presentate perchè figlie di amici dei miei genitori. Qualcuna aveva ancora delle foto scattate mentre si preparava per quello che doveva essere il mio matrimonio. La wedding planner invece aveva rimosso ogni riferimento alla cerimonia. 

I miei genitori non erano su alcun social, ma l'ultimo che posso cercare è Albèrt. E ora vedo che si è cancellato sia da Facebook che da Instagram. 

Quella che prima era la mia vita dorata adesso era racchiusa dentro quel mondo digitale, e io non potevo far altro che osservarla da fuori, o avrei rischiato di venirne risucchiata ancora una volta.

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora