Capitolo 1 - La fuga dalla nube di Oort

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Ciao a tutti/e! E benvenuti/e nella mia nuova storia.
Se già "Lezioni di piano" è stata difficile da scrivere, questa è stata molto MOLTO peggio.
Le mie fasi di blocco sono state davvero lunghe, e in più ho avuto alcuni problemi di salute che mi hanno portato via tempo e concentrazione.
Eppure eccoci qua, ce l'abbiamo fatta anche stavolta (ringraziamo le vacanze estive per la cortese collaborazione).
In questa storia si parlerà un pochino di astronomia: non sono nè un'esperta, nè un'appassionata, vi dico già che tratterò tutto con le parole più semplici possibili.
Non ho altre note introduttive da fare su questa storia, spero vi intrattenga come quelle già pubblicate

:)

Nina

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📌Nube di Oort
Regione dello spazio che definisce il Sistema Solare circondandolo come una sfera: è composta da detriti e corpi rocciosi espulsi dal Sistema Solare stesso durante la sua formazione, ed è il luogo da cui originano le comete.

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Il primo pensiero concreto su cui riesco a focalizzarmi mentre faccio del mio meglio per non rovinare giù per la lunga fila di scalini, è che avrei dovuto scegliere delle scarpe più comode. 

Arresto la mia corsa non più di due secondi per stringere meglio il tessuto vaporoso della gonna, e nonostante la tentazione di scaraventare quei tacchi alti nel vuoto sia tanta, prendo atto che andarmene in giro a piedi nudi non sarebbe una scelta saggia. 

Non sono in un maledetto remake di Cenerentola. 

Anche se alle dozzine di turisti che mi fissano attoniti può sembrare certamente la scena di un film. Una donna vestita da sposa che si precipita giù per la scalinata di Montmartre dopotutto non è una cosa che si vede ogni giorno. 

Il tassista che si sente aprire lo sportello posteriore deve pensare qualcosa di simile. 

"Gare de l'Est, per favore."

Mi fissa riflessa nello specchietto retrovisore, incerto se procedere con il viaggio o lasciarmi al mio destino. 

"La prego."

Il mio fiato congestionato, il mio viso sconvolto o il tono implorante lo convincono. Mentre ci mettiamo in movimento cerco di massaggiarmi le caviglie martoriate dalla corsa, una missione non facile in uno spazio angusto come l'abitacolo di un taxi, soprattutto quando è invaso da decine di metri di chiffon. Credo di aver lasciato buona parte dello strascico chiuso all'esterno della portiera, ma non avrei mai potuto far stare tutta la stoffa qui dentro. 

Dio, quanto odio questo vestito. 

E' stata la prima cosa che ho pensato non appena me lo sono sentita addosso mesi fa. Ma mia madre e (quella che avrebbe dovuto diventare) mia suocera avevano così gentilmente insistito che io mi ero trovata a firmare una ricevuta ancora prima di rendermene conto. 

Perchè la mia vita era sempre stato questo: ubbidire. Ubbidire e basta, dicendo anche grazie. 

"Camille dovresti... Camille potresti... Camille perchè non..."

Era iniziato tutto con una scuola scelta dai miei genitori, fino ad arrivare all'università. E nel mentre una relazione che dall'esterno sembrava perfetta, ma che a me che c'ero dentro sembrava trascinarsi da 6 anni. Una lunga estenuante monotonia, coronata da una cena per il nostro anniversario sulla cima della Tour Eiffel. 

Ed è proprio lì, quando ti ritrovi davanti a quella domanda ed un anello con diamanti, che non puoi dire di no. Tu annuisci tremante, mostrando quella che sembra una forte emozione ma che invece è la voglia di fuggire via, quasi quasi pure buttandosi nel vuoto. Non puoi dire di no.

Perchè quell'anello è costato un patrimonio, perchè alla tua famiglia prenderebbe un colpo, perchè nessuno sano di mente rifiuterebbe. 

Lo sto fissando anche ora quel maledetto cerchio metallico, e vorrei davvero strapparmi via il dito a morsi per quanto non lo sopporto. 

"Immagino che in quel tripudio di tulle tu non abbia una tasca per il portafoglio, dico bene?"

Nel disperato tentativo di non finire sommersa dal tessuto, non mi ero resa conto di trovarmi già di fronte alla stazione dei treni. Fuggire anche da qui è impossibile, avrò bisogno di aiuto persino per aprire la portiera. 

L'uomo mi sta ancora fissando pensieroso nello specchietto mentre mi sfilo il mio anello e glielo porgo "Può accettare questo come pagamento?" 

Adesso deve per forza voltarsi a guardarmi: quella piccola superficie riflettente non basta più a contenere tutta l'assurdità di questa situazione. Stretto tra le sue grandi dita di lavoratore quel cerchio sembra piccolo quanto un orecchino. 

Lo osserva qualche secondo prima di allungarlo di nuovo verso di me "Questo vale più del taxi e di tutta la mia casa probabilmente, ma tu sembri averne più bisogno in questo momento. Vai." 

Lo lascia cadere sul mio palmo rivolto verso l'alto, mi sorride brevemente e poi lascia la sua postazione di guida per aiutarmi ad uscire da questo incubo di stoffa. 

Ci metto un po' a ricompormi sul marciapiede, ancora incredula che questo stia succedendo veramente "Grazie. Davvero." 

Il tassista mi fissa con le mani in tasca, una cosa che sta ancora facendo mentre lo abbraccio. E' un gesto che lo lascia interdetto, tant'è che non dice una parola mentre gli lascio un ultimo sorriso e mi incammino verso l'ingresso della stazione. 

Sto cercando di capire come muovermi, godendomi un momento di calma, quando sento arrivare dall'esterno il suono aspro delle sirene di più auto della polizia. Non so se sono qui per me o per qualcun altro, ma un gesto del genere sarebbe tipico di mio padre. Perciò faccio l'unica cosa sensata: ricomincio a correre. 

Mi precipito sul primo treno in partenza che riesco a trovare, senza neanche guardare dove sia diretto. Per miracolo la porta si chiude senza che la mia gonna resti intrappolata.

Mi piego sulle ginocchia provata dalla corsa per riprendere fiato. Ed è solo quando mi alzo che noto i passeggeri del vagone fissarmi esterrefatti. Come dar loro torto, dopotutto. 

Sospirando raccolgo ancora una volta questa dannata gonna, e non potendo procedere nel corridoio, mi accomodo sul primo posto disponibile. Sistemo la stoffa alla bell'e meglio sul sedile a fianco, più che altro per non importunare la donna seduta di fronte a me. 

Mi osserva assorta a lungo masticando una gomma, e alla fine domanda "Giornataccia eh?"

"Oh, non hai idea." Ribatto.

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Note

Nella mia immaginazione il vestito da sposa di Camille è questo:

Nella mia immaginazione il vestito da sposa di Camille è questo:

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A venerdì con il prossimo capitolo!

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora