Capitolo 25 - Alla velocità di un razzo spaziale

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La via è vuota, essendo una strada residenziale: qui il traffico parigino non viene a disturbare le ricche famiglie che ci abitano. 

Io vorrei avere mille occhi per scrutare tutte le macchine parcheggiate, e mille cuori per pregare che Charles abbia esaudito la mia richiesta disperata di aiuto. 

Ma non servono. Di occhi ne bastano due, e di cuore uno soltanto.

Una portiera che si apre poco lontano è tutto ciò che mi basta, oltre a trovarmi a fianco l'uomo di cui sono perdutamente innamorata. 

Chiudo la portiera e metto la cintura. Non c'è tempo per fare nulla, quattro uomini stanno correndo verso di noi, e per un istante vedo anche la testa grigia di mio padre affacciato alla finestra da cui sono saltata. 

"Ti porto via."

Con una manovra fluida Charles avvia il motore e ingrana la retro. Appena sbuca nella via principale veniamo accolti da un coro di clacson furibondi, ma non ci importa. 

Charles infrange un'infinità di norme stradali, ma è come per i clacson: non se ne cura. Si calma soltanto quando raggiungiamo una strada a scorrimento veloce, diretti verso l'aeroporto.

E' solo in questo momento che mi permetto di appoggiargli una mano sulla sua, quella che stringe il pomello del cambio. Gli occhi mi si riempiono immediatamente di lacrime, questa volta vere. 

Non so cosa fare, non so cosa dire se non "Grazie."

"Per favore, raccontami tutto."

E io accetto, parlando del drink drogato alla sfilata, delle prepotenze, dell'escamotage a cui ero dovuta ricorrere per poter comunicare con lui. 

Charles mi ascolta con attenzione, fin quando non viene distratto da qualcosa allo specchietto retrovisore. "Credo che un auto ci stia seguendo."

Alterna momenti in cui rallenta e giri a vuoto, con quella berlina scura che anche tenendosi a distanza non ci perde mai di vista. "Non ti preoccupare, siamo quasi arrivati."

Senza perdere la calma telefona ad un numero e avverte di tenersi pronti. Scopro per cosa non appena arriviamo in vista dell'aeroporto: costeggiamo una lunga recinzione metallica fino a raggiungere un cancello mimetizzato tra le inferriate. Qualcuno lo apre appositamente per farci passare e lo richiude dietro di noi. Io mi volto di scatto e tra le sbarre vedo la berlina nera che tira dritto oltrepassandoci. 

"Trovare un inserviente tifoso Ferrari è stato un colpo di fortuna." Sogghigna Charles. 

Parcheggia in un'area dedicata e dopo aver recuperato due valigie dal bagagliaio mi prende per mano e mi accompagna verso un piccolo jet privato. 

"E' tuo?" Domando mentre salgo la breve scaletta.

"Sì e no, uno sponsor." Risponde come se fosse una cosa ovvia. 

Prendiamo posto sul volo e allacciamo le cinture. In meno di un minuto stiamo già rollando verso la pista di partenza. 

Appena otteniamo il permesso di slacciare le cinture faccio ciò che sognavo dal nostro incontro, da ieri quando stavo organizzando il mio fantasioso piano, probabilmente da ogni secondo della mia vita. 

Mi lancio su Charles e lo bacio. 

Lo bacio perchè mi ha salvato la vita, lo bacio perchè è qui.

Lo bacio perchè lo amo, perchè mi ama. 

Lo bacio perchè se lo merita.

Lo bacio perchè la cosa più bella capitata alla mia esistenza.

Davo per scontato che ci saremmo messi in viaggio verso la Francia meridionale, ma mentre stiamo oltrepassando le Alpi capisco che siamo diretti da un'altra parte.

"Non andiamo a Nizza?"

Charles scuote la testa. "Ci troverebbero subito. Ho un altro piano."

Faccio caso solo in quel momento allo schermo che indica la nostra posizione nei cieli, e in un angolo è indicata la destinazione. Bologna.

"Perchè proprio Bologna?" Ovviamente tornare a Monaco sarebbe stata la scelta più stupida, ma perchè proprio la città italiana?

"Ho un appartamento che uso quando devo restare in sede per lavoro. E' molto più riservato di quelli a Monaco." In effetti è un'idea sensata. Ma dal suo tono intuisco che c'è anche altro. "E poi... ho dovuto rimandare un impegno lavorativo per venirti a prendere, per fortuna Antonio ha potuto sostituirmi. Quindi non c'è bisogno che tu ti senta in colpa." Pronuncia l'ultima frase in un unico fiato, anticipando le mie scuse per il disturbo. "Però devo comunque partecipare ad un paio di riunioni domani. Ma non ti preoccupare, nessuno sa che sono qui. Che siamo qui."

Dubito fortemente che mio padre non riesca a rintracciare il percorso del nostro velivolo, ma se con qualche piccolo accorgimento possiamo rendergli la vita difficile tanto meglio.

Durante il volo Charles mi racconta quello che era successo dopo la sfilata. Era rientrato a casa la domenica notte dopo la gara, meravigliandosi di non trovarmi. "Pensavo che fossi fuori a festeggiare, o che fossi rimasta da Susanne per non restare a casa sola. Ma quando non hai dato cenni di vita per tutta la mattinata mi sono preoccupato."

Aveva contattato la mia amica, che appunto gli aveva detto di avermi persa di vista pochi minuti dopo l'evento. Mi aveva cercato nell'altro appartamento, nella sala dove andavo a frequentare il corso di fotografia, in altri dei nostri soliti posti. "Se non mi avessi mandato quel messaggio sarei finito alla polizia, ero disperato."

Non fatico ad immaginarmelo a correre da una parte all'altra, tra Nizza e il Principato.

"E per un po'... ho anche pensato che l'avessi fatto volontariamente."

Strabuzzo gli occhi. "Cosa?"

"Mettiti nei miei panni! Eri sparita nel nulla, non un biglietto né un messaggio, ero sconvolto."

Devo riflettere bene su cosa dire. "Mi infastidisce che tu possa pensare una cosa del genere, però come posso darti torto. L'ho già fatto in passato."

"So che non lo faresti mai per me. Adesso a mente fredda te lo posso anche giurare."

Io stessa la notte scorsa mi ero persa dietro l'ansia che Charles non esaudisse la mia richiesta di aiuto. Quindi non mi sento di biasimarlo per aver pensato al peggio.

Charles parcheggia la vettura dell'autonoleggio in garage. Lo aiuto con una delle valigie e mi lascio guidare fino ad un ascensore e poi in un appartamento, piccolo ma confortevole e luminoso.

"Immagino che quella sia la sede Ferrari." Siamo proprio di fronte ad un enorme edificio rosso fiammante, impossibile non notare il simbolo del cavallino sopra l'ingresso. "Puoi andare a lavoro a piedi."

Lo sento sorridere mentre mi abbraccia da dietro, appoggiando il mento sulla mia spalla.

Sento di essere al sicuro tra le sue braccia, lontano da tutti e dalle persone che vogliono farmi del male.

Non c'è altro posto al mondo in cui preferirei essere in questo istante.

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora