Capitolo 18 - Scoperta ufficiale

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Sento ancora i muscoli intorpiditi dal sonno mentre sorseggio una tazza di acqua calda e limone. A Charles il caffè non piace, e quindi mi sto adattando a fare colazione con altre alternative. 

Sento soprattutto il collo indolenzito, ma ripensando a quello che è successo la scorsa notte non me ne lamento. In ogni caso la bevanda calda mi sta già aiutando. 

Lo sguardo mi cade su un grosso involucro coperto di carta da pacchi marroncina, un imballaggio quasi del tutto strappato dal quale fa capolino la tela che mi aveva così tanto incantato la scorsa settimana alla galleria. Charles non mi ha voluto dire quanto abbia speso, ma di sicuro non si tratta di una cifra piccola. 

"Ho visto quanto ti piaceva, non è un problema. Decidi tu la parete." L'avevo scelta la sera precedente, e non vedevo l'ora che Charles tornasse dalla sua corsa per poter aiutare ad appenderlo. Ma anche perchè il giorno seguente sarebbe partito per la sua prossima gara in Spagna, e per la prima volta l'avrei seguito anch'io. 

Ero agitata ed emozionata, prendere parte a questo mondo sconosciuto sarebbe stata una bella sfida per me. Ancora più che al corso di fotografia mi avevano prestato una vecchia Canon, e non vedevo l'ora di ricominciare a immortalare la mia vita con uno strumento più appropriato della semplice fotocamera di un cellulare. 

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Ero convinta che avrei potuto sfogare la mia ispirazione artistica, a caccia delle simmetrie geometriche e dei contrasti di colore che tanto mi piacevano. Ma la verità era che seguire Charles in pista mi terrorizzava e ipnotizzava allo stesso tempo. Sarà che non avevo mai seguito questo sport, o che non ero fan della velocità in generale, ma vederlo alla guida di un razzo simile era sconvolgente. 

Mi era stato spiegato cosa potessi fare e dove potessi stare, e dopo i primi momenti di impaccio iniziavo a sentirmi a mio agio. E la macchina fotografica in questo mi aiutava molto: girare per il paddock con una sorta di "schermo" davanti alla faccia rendeva tutto più semplice. 

"Qui dice che ho una nuova fotografa ufficiale, non lo sapevo." Ridacchia Charles curiosando in una pagina su Instagram. 

"Ah sì? E chi è?" Mi allunga il suo cellulare, dove c'è un set di 4 fotografie in cui io e lui camminiamo fianco a fianco. In effetti sembriamo due buoni amici, nulla di più. "Beh, non sembra molto competente." Dico ironica.

"Forse ha altri talenti nascosti." Mormora Charles al mio orecchio. La sua mano sta già scivolando sotto la mia canotta. 

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In effetti questa politica della "distanza in pubblico" ci evita intrusioni e domande scomode, ma è una strategia che non può durare in eterno. E infatti collassa su se stessa molto presto, nel pomeriggio della domenica. 

Charles aveva altissime aspettative per questa gara, ma un contatto alla partenza lo ha obbligato ad una sosta anticipata, oltre a farlo gareggiare con una macchina irrimediabilmente danneggiata. 

I giornalisti attorno a me parlano di "terzo posto miracoloso", così come anche i meccanici della Ferrari. E' solo grazie al talento di Charles se oggi sono arrivati dei punti, sono soddisfatti nonostante tutto.

Ma il pilota monegasco no. Lui scende dalla monoposto con la testa bassa, si mette in un angolo tranquillo per togliersi casco e protezioni varie, non vuole neanche festeggiare. Io lo osservo oltre le transenne sotto il podio, aspettando che si riprenda, ma il suo volto è provato da caldo e fatica, e vederlo mi provoca una stretta al cuore. Per un attimo penso che se ne vada a ritirare il suo premio senza neanche rivolgermi un cenno, ma i richiami dei meccanici con la tuta rossa e le loro grida di incoraggiamento lo fanno voltare verso di noi. 

Charles si avvicina con un debole sorriso, facendo spallucce come per scusarsi. Come se dovesse farlo. Riceve complimenti, pacchie sulle spalle, abbracci accennati. Ma i suoi occhi sono persi altrove, sono in cerca di una tranquillità che non avrà modo di trovare fin dopo l'esaurimento dei suoi doveri lavorativi. Quando sarà solo.

O forse no. 

I nostri sguardi si incrociano, e questa volta il flashback mi riporta al nostro primo incontro sullo yacht, quando lui voleva cercare un angolo di mondo in cui restare per conto suo. Ma poi ero piombata su di lui con le mie frasi inopportune, e come allora io mi avvicino, questa volta in modo molto più fisico. Gli abbraccio il collo più stretta che posso, e le mie braccia nude riescono a percepire la sua nuca madida di sudore. 

Accosta il suo viso al mio orecchio e sussurra "Vorrei tanto poter andare via in questo istante." 

La mia risposta è immediata "Finirà presto, te lo prometto. Ci penso io a te."

E il bacio con cui mi ricompensa è il ringraziamento più bello che potessi aspettarmi. 

Inutile aggiungere che da adesso non ero più la sua nuova fotografa.

Come una cometa // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora