Apri gli occhi, Virgilio
Le palpebre si sollevano in fretta, ma ciò che vedo mi sorprende. Non sono più sdraiato in un letto e non c'è Augusto a tenermi la mano. Non sento nemmeno i brividi, né il mal di testa, né la fronte che scotta.
Mi guardo intorno e, nascoste da un fitto strato di nebbia, mi sembra di scorgere tante ombre che camminano.
Seguile
I piedi avanzano senza il mio consenso. Comincio a camminare anch'io, assumendo la stessa andatura cadenzata degli altri, mentre un odore sulfureo mi fa arricciare il naso. Se provo a parlare, la voce mi muore in gola e tutte le domande che vorrei porre si fermano sulle labbra.
Il cielo è grigio. Non saprei dire se sia notte o mattina: mi sembra di vagare in un tempo sospeso, in cui non esistono un Prima né un Poi.
Soltanto Adesso.
E adesso osservo le ombre varcare a una a una l'imponente porta che ho davanti. È socchiusa. Non c'è nessuno a sorvegliarla.
Alza la testa
Di nuovo, ubbidisco alla voce sconosciuta che mi rimbomba nelle tempie e, quando leggo la scritta sopra il portone, le mie gambe cedono.
«Per me si va nella città dolente» bisbiglio sgomento cadendo in ginocchio. Chi mai varcherebbe quella soglia? Perché tutte le ombre la oltrepassano ignare di una minaccia che io vedo così chiaramente?
Mi giro di scatto, deciso a fuggire lontano da questa misteriosa città dolente a cui non voglio appartenere. "Non m'importa se qui fuori c'è soltanto nebbia" rifletto, rialzandomi in piedi "Non m'importa se..." per caso - o per volere del Fato - abbasso gli occhi sulle mie mani. Sono più giovani di come ricordassi.
Non invecchieranno mai
Tenta invano di rincuorarmi la voce sconosciuta.
Non devi più temere la Morte
"Tutti gli uomini temono la..." ho un sussulto. Lo intuisco prima che la voce me lo confermi, eppure cerco disperatamente di allontanare una paura che mi consuma.
Sei uno spirito, Virgilio
«No» ansimo, girandomi per una seconda volta «Non ora. È troppo presto». Scuoto la testa, mentre mi aggrappo con tutte le forze ai ricordi della Terra. Provo ad afferrarli e mi sfuggono dalle mani uno dopo l'altro. Rivedo le opere che ho scritto, gli amici che mi hanno aiutato, i miei fratelli, la mia famiglia, la persona che ho amato... e sono lontani. Poi, d'improvviso, una scheggia del mondo dei vivi mi si conficca nel cuore. Sono poche parole che ho sentito fin dall'infanzia, ripetute dalle labbra rosee di mia madre. E sono le parole che, in un certo senso, hanno mosso i fili di quella vita che rifiuto di abbandonare.
«Tu hai un dono, figlio mio, ma dovrai imparare a nasconderlo.»
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...