Capitolo bonus: Brooke

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Sappi che sceglierei te.

Sceglierei te mille volte.

Se fosse per me, sarei già li

Ad abbracciarti per tutta la notte.

O per tutta la vita.

-Charles Bukowski

Brooke odiava quel genere di cose.

Odiava fingere, odiava far finta di sentirsi superiore.

Ma gli era stato insegnato fin da bambino e ormai gli veniva naturale quasi come respirare.

Aveva lasciato un biglietto in camera di Morgan: era entrato furtivamente nella sua stanza, aveva scambiato i vestiti e aveva lasciato quello stupido biglietto, incurante del fatto che avrebbero potuto scoprirlo.

Non sapeva nemmeno lui perché lo avesse fatto, ed era ancor più sconcertato dalla facilità con cui era entrato nella sua stanza senza essere né visto né fermato.

Quel castello avrebbe dovuto essere una fortezza -soprattutto in quel momento- invece sembrava che le guardie stessero giocando anziché fare il proprio lavoro.

Al contempo Brooke non poteva certo lamentarsene con qualcuno, altrimenti lo avrebbero scoperto.

Morgan era in pericolo e doveva trovare un modo alternativo per avvertirla -o meglio ancora- doveva trovare un modo per proteggerla di persona.

La sala da ballo del palazzo non era mai stata tanto affollata: c’era gente che si destreggiava in mosse poco coordinate di qua e di là, abiti troppo eleganti e pomposi che gli continuavano a passare davanti e parrucche altissime che spuntavano tra la folla di tanto in tanto.

Brooke riusciva a fare a malapena qualche passo per volta.

Stava giusto evitando di pestare lo strascico di una signora troppo truccata quando la vide: lì, accanto ai suoi genitori e a suo fratello, col vestito che le aveva portato in dosso e i capelli che le ricadevano dietro le spalle.

Era magnifica, ma questo lui non gli e lo avrebbe mai detto.

Come non le avrebbe mai detto di essere entrato nelle sue stanze e di essersi portato con sé la penna che aveva trovato sulla scrivania e che aveva usato per scrivere il biglietto prima di sgattaiolare fuori.

Non le avrebbe mai detto che odiava vederla così indifesa e che odiava ancor di più se stesso ogni volta che la feriva: ma non trovava altro modo per allontanare da sé quei pensieri che abitavano nella sua mente da sempre, fin dalla prima volta che l’aveva vista ridere con sua sorella tornando da scuola.

Brooke non le avrebbe mai detto quanto invidiasse il rapporto che lei aveva con suo fratello: quanto avrebbe voluto essere al posto di lui.

Quanto avrebbe voluto vedere quel sorriso affiorarle sul volto per merito suo. Quanto lo chiedesse disperatamente ogni qual volta scorgeva una stella cadente tagliare il cielo.

Ma era arrivato troppo tardi. Allora si era promesso che se non fosse stato lui l’unico a farla sorridere, sarebbe stato l’unico a farla piangere. Ma più la faceva star male -più la faceva sentire insicura- più una parte di lui moriva e non se ne rendeva conto.

Quando Hunter gli venne a riferire che di tre dei ventisette uomini mandati a cercare sua sorella si erano perse le tracce, lui faticò a distogliere lo sguardo da lei, e solo quando lo fece si rese conto di sentirsi nudo senza i suoi occhi su di lui.

Quando la vide ballare da sola sentì un dolore sordo al petto, e dentro di sé qualcosa si mosse, qualcosa di forte e potente: radicato nel profondo.

La ammirava. La ammirava sempre, ma mai come in quel momento.

Vederla muoversi per la sala fregandosene dei giudizi degli altri lo riempiva di orgoglio, ma nemmeno quello le avrebbe mai detto.

A guardarla gli venne una voglia matta di essere lì con lei: di sfiorarle la pelle e di farla rabbrividire sotto il suo tocco, anche se quel cazzo di orgoglio che lo aveva sempre accompagnato non gli e lo permetteva.

E allora fece la cosa che sapeva fare meglio: cominciò a litigare con lei.

La sua bocca le disse che era ridicola, il suo cuore le diceva che era l’angelo più bello che avesse varcato la terra.

Quando lei cercò di liberarsi dalla sua stretta sentì mancarsi il terreno sotto i piedi: quindi la strinse di più, la strinse come se l’ancora che lo teneva attaccato a quel mondo fosse tra le sue braccia. E quando lei cercò di rispondere a tono lui le disse di ballare e basta, quasi fosse una supplica.

Perché aveva bisogno di quel momento. Aveva bisogno di quell’istante perché l’aveva aspettata per tutta la vita e non poteva dirglielo.

La strinse a se più tempo che poté, la fece girare per la stanza e volteggiare fra le altre coppie.

Quando le afferrò i fianchi per farla alzare un fremito lo percosse per tutto il corpo, e quando le fece fare il casquè ispirò talmente forte che ebbe paura che lei potesse sentirlo: che potesse sentire i battiti del suo cuore.

E quando i loro nasi si trovarono a un millimetro l’uno dall’altro e lui sentì il profumo di lei, tutti i sensi andarono in tilt.

Quando lei si allontanò, lui la guardò intensamente e cercò di entrare nella sua anima: di scavare dentro di lei, di farle capire che tutto -dentro di lui- urlava il suo nome.

Regine Di SangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora