Capitolo 10

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La sveglia nella mia piccola e verde camera irrompe nella quiete che finalmente stava prendendo forma, trasformandosi in qualche bel sogno dopo una notte insonne. Mi sveglio con la testa riccia di Brian appoggiata sul mio petto. Senza rendermene conto abbiamo appena speso l'intera notte insieme, mantenendo però, il patto stretto anni prima. Mi sposto per cliccare il tasto dietro la sveglia, in modo da interrompere quel rumore fastidioso, svegliando per sbaglio Brian. La sua faccia appena sveglia è indescrivibilmente bellissima. I primi secondi di risveglio fanno pensare solo che ci stiamo risvegliando dopo una notte di amore, e che tutto sia normale. La verità è che abbiamo passato la notte con le lacrime agli occhi, raccontando le più belle cose che sono successe in questi anni, a quanto la vita sia un dono prezioso da non sottovalutare mai, e che la signora Miller avrà giustizia, sicuramente. <<Secondo te chi è stato?>> domandai, dopo un lungo silenzio e le lacrime finite. Un silenzio asfissiante mi dava piccole coltellate al petto, facendomi male, e un'aria di tensione dominava la stanza, fino a quando Brian non rispose. <<Mio padre, e lo rovinerò.>> disse sicuro, dopo aver riflettuto molto su quelle parole. I suoi occhi dallo smeraldo ritornato di nuovo in vita, si spensero di nuovo in quel grigiore scuro, dello stesso colore di un gas nocivo. Nocivo come lui. Dopodiché si stese su di me, e dormii per 2 ore contate, mentre lui poco più. Il pallore in viso era abbastanza visibile, e decisi di mascherarlo con un po' di terra. Mi offrii di condividerne un po' con lui, applicandogliene un sottile strato delicato e naturale, ma il suo "no" secco mi ha fatto intuire che era meglio non insistere. La sua voce rauca al pronunciare un soffice "ti amo" mi fa venire così tante farfalle nello stomaco che i peli sul mio braccio si rizzano, facendomi venire la pelle d'oca e un brivido lungo tutta la schiena. Di risposta gli dico <<Ti amo, sugar.>> sussurrato, così tanto basso che bisogna rizzare le orecchie per sentirlo. <<Cookie.>> risponde a bassa voce, ghignando.
Scendendo le scale un magnifico profumo di biscotti proviene dalla cucina, facendoci correre immediatamente come due bambini, che alla fine ancora siamo. Entrati nella cucina, mia mamma ci porga davanti due piatti pieni dei miei biscotti speciali, quelli che fanno sorridere chiunque. Quasi scende una lacrima dagli occhi di Brian, al vedere questa sorpresa che per molti potrebbe essere scontata, ma non lo è. La verità è che io, stanotte, dopo che Brian avesse finalmente preso un po' di sonno, mi sono intrufolata in cucina e ho cucinato con tanto amore "i dolci riparatori di cuori". Come li chiama sempre lui. Dopo aver preparato l'impasto, ho scritto un biglietto abbastanza gigante e leggibile con su scritto "per favore, cuoci i biscotti in forno che si trovano nel frigo".
<<Buongiorno bimbi, va bene la cottura?>> rivolgendomi un sorriso complice mia mamma. <<Sono decisamente perfetti.>> dice con ancora la bocca piena di latte e biscotti Brian, facendosi sbrodolare sul mio pigiama blu che aveva preso in prestito per stanotte. Una dolce risata, un po' malinconica, mi proviene osservando la scena, e pensando a cosa sia effettivamente successo. Sembra quasi, una mattina normale.
Appena terminata la colazione, mio padre sussurra a mia mamma e chiede il permesso a parlare della situazione attuale, perché non è tanto bravo a cogliere il momento giusto. Siccome in quel momento c'era il silenzio a tavola, non è stato molto difficile capire la domanda, infatti Brian subito interviene, acconsentendo e volendo sapere di più.
<<Brian, vuoi sapere nei dettagli o vuoi sapere anche solo approssimativamente?>> chiede mio padre, un po' balbettante. <<Tutto, per filo e per segno.>> risponde Brian, prontamente. Mio padre si schiarisce la voce, e il mio battito cardiaco è l'unica cosa che si sente, accelerato e trepidante.
<<Tuo padre dopo essere stato portato, alla prima domanda ha confessato tutto. Ha confessato che è stato lui l'assassino di tua madre. Ha spiegato anche perché.>> cerca di dirlo nel modo più dolce possibile mio padre, senza risultato perché "dolce" è proprio quel termine non appropriato e totalmente opposto alla situazione, di merda. Mi impaurisce un po' il silenzio che ci stona le orecchie, dopo l'ultima parola di mio padre, a questa rivelazione alquanto inaspettata.
E a questa mattinata rovinata.
Un soffio di ira viene trasmesso da Brian, sul tavolo, facendomi rivolgere l'attenzione su di lui, mentre prima era rivolta ad una farfalla blu che si era posata sulla ciotola ancora sporca dell'impasto dei biscotti. I suoi pugni diventano così stretti da far passare difficilmente la pressione sanguigna, e le nocche si fanno sempre più bianche. Quasi trema da come fa forte. La vena attorno al collo si fa sempre più spessa, e il volto sempre più rosso. Gli occhi si trasformano di nuovo in quell'orribile grigio scuro, vuoti e senza sentimenti. <<Perché?>> chiede Brian, affamato dalla voglia di volerne sapere sempre di più e pieno di rabbia, dopo aver assimilato bene le parole. <<Perché avevano litigato a causa del collega di tua madre. Questo Ryle aveva un rapporto molto stretto con tua mamma, diventando quasi migliori amici.>> Il viso di Brian è un continuo annuire ad occhi chiusi, mentre sempre più nodi vengono al pettine. <<Tua mamma lo voleva invitare a cena, per far conoscere questo Ryle a tuo padre, ma...>> le parole gli si bloccano in gola, ed escono dopo qualche secondo <<...aveva assunto droghe. Non era in se e ha sbraitato tutti i pensieri più sbagliati e perversi. Applicandoli successivamente.>> termina, shockando tutti. Il silenzio che regna nella cucina, dopo la spiegazione di questa nuda e cruda verità, viene interrotto da un rumoroso pugno sul tavolo, facendo balzare tutti dalla paura. Dopodiché, di scatto Brian si alza, ed esce di casa meccanicamente.
Quasi come se non fosse più in lui.
Io e i miei genitori ci fissiamo per interminabili minuti, senza dire una parola.
Ne sono già state dette abbastanza.
Una fitta al cuore mi viene, e dopo aver posato una mano sul petto, i miei genitori iniziano ad interrompere quell'atmosfera di silenzio atroce, che brucia più di quante più parole esistono, utili ad uccidere una persona nell'anima.
Quel silenzio che mi stava mettendo le mani alla gola.
Quel silenzio che con quelle mani stava stringendo il mio collo.
Quel silenzio che le mani non le levava più, spaventandomi a morte.

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