Capitolo 15

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<<Piccola, Sally.>> mi chiama una segretaria con addosso un camice giallo, tutto colorato. Devo dire che, per quanto questo ragionamento possa essere stupido e insensato, mi tranquillizza un po' vederla vestita così. Mi fa sentire a casa. Nel mio ambiente colorato e stravagante.
<<È il turno tuo>> dice con voce dolce, mentre mi prende per mano e da un cenno di seguirla ai miei genitori e a Lui.

So di avere 13 anni, e questa cosa è un po' irritante se ci si riflette sopra. L'anno prossimo andrò alla scuola superiore.

Andrò alla East Boston High School.

E mi scambiano ancora per bambina.

La mia statura minuta ed esile inganna la mia età, probabilmente.

Una piccola stanza bianca mi accoglie, con qualche disegno scritto con il pennarello su lavagnette bianche appiccicate a quelle pareti così pulite, ma così spoglie.

<<Ma ciao Sally, come va?>>. Mi accoglie un dottore molto giovane, quasi sulla ventina. Il mio sguardo cade sul suo stetoscopio.

Dio che bello.

È costituito da un materiale così brillante e chiaro, che se fosse descritto nei cartoni, accecherebbe. Il bagliore chiaro poi, viene accompagnato da un verde così bello che mi ricorda gli occhi di Brian. Sulla parte piatta della testina, invece, una M rossa splende, andando in contrasto con i colori per vedersi maggiormente.

Mi chiede di accomodarmi sul lettino, ma appena il mio sguardo cade li, l'ansia mi pervade.

Il mio cuore batte così forte che è l'unica cosa che si sente mentre, nel silenzio tombale, mi avvicino per sedermi.

Il battito mi arriva in gola, provocandomi la nausea.

Con fare incerto mi seggo. Il dottore, vista la mia espressione facciale, mi dice che mi avviserà prima di fare qualsiasi movimento, in modo che sia pronta.

Per scaldare un po' quella freddezza che quella stanza stava assumendo, i miei genitori iniziano a spiegare cosa è successo stanotte, che li hanno spinti a portarmi qui.

Nel mentre Brian si avvicina, e mi stringe la mano fortissimo, come stanotte, dandomi una forza innata.

Datti tanta forza,
Tutta quella che hai.
L'esperienza rafforza,
E rende tutti come acciai.

Ripeto in silenzio, mentre i miei parlano ancora.

Appena hanno concluso, il dottore si avvicina a me, ma lo freno subito perché il cuore, con il suo tocco, sembrava stabilizzarsi un pochino.

<<Posso tenergli la mano nel mentre? La prego.>> dico, con tutto il bisogno e la necessità di quella mano, negli occhi.

Un sorriso permissivo, susseguitosi poi da un accenno col capo, mi lascia il via libera.

I suoi occhi brillano.

I miei occhi brillano.

Le nostre mani si stringono così forte da fondersi, ed unirci quasi completamente.

<<Ho bisogno di visitarti con questo stetoscopio, quindi te lo metterò proprio sul cuoricino.>> dice mentre lo indica.

Do il mio accenno con il capo.

Ho paura.

Il metallo freddo va in netto contrasto con il calore della mia pelle, sotto il mio maglione, creandomi uno scatto con la mano che sto stringendo a Lui.

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